Argentina: lo sciopero della fame di 500 detenuti accende il dibattito sulla giustizia

Argentina: lo sciopero della fame di 500 detenuti accende il dibattito sulla giustizia

Oltre 500 detenuti del carcere penitenziario di Villa Urquiza hanno portato avanti dal 23 agosto al 1 settembre lo sciopero della fame. La situazione è stata fomentata da una concatenazione di eventi, che ha avuto come motore pulsante il profondo malcontento e disagio quotidiano dei detenuti dovuto alle terribili circostanze in cui sono costretti da anni.

A partire da metà agosto, sono iniziate a circolare notizie, immagini e video delle terribili condizioni di vita dei detenuti del carcere penitenziario di Villa Urquiza nella provincia Argentina di Tucuman, ma la scintilla che ha fatto scoppiare l’incendio è stata la visita della Procura Penitenziaria della Nazione (PPN) avvenuta dal 9 all’11 agosto, che ha rifocalizzato l’attenzione sul tema, sopratutto dopo che questa ha pubblicato un duro rapporto sul carcere descrivendo la gravità della situazione e rilevando numerosissime violazioni dei diritti fondamentali dei detenuti; sul portale dell’ente è stato inoltre pubblicato un video molto crudo girato all’interno delle unità penitenziarie.

Le mancanze e le violazioni di cui soffrono questi detenuti sono diverse, in primo luogo l’impossibilità di accedere ad assistenza sanitaria, alimentazione ed educazione adeguate, le condizioni decadenti delle infrastrutture e degli alloggi che non rispettano gli standard minimi di abitabilità, oltre al grosso problema del sovraffollamento e al conseguente utilizzo di aree non qualificabili come alloggi per i detenuti sottoposti al regime di isolamento. In considerazione della gravità della situazione è stata messa in cantiere la realizzazione di una raccomandazione indirizzata alle autorità provinciali, sulla questione, e inoltre sono intervenuti congiuntamente l’Ufficio dei Diritti Umani della Corte Suprema di Tucuman, la Commissione sulle Carceri del Ministero della Difesa e il Procuratore Federale n. 2 di Tucuman.

La protesta si è svolta in modo pacifico e nel rispetto della normale convivenza, ha comunicato il Direttore del sistema penitenziario provinciale Guillermo Snaider, ed è stato attivato un monitoraggio costante da parte del servizio medico. Ciononostante, il giorno seguente l’inizio dello sciopero pacifico, l’amministrazione penitenziaria ha proibito le visite ai detenuti che avevano preso parte all’iniziativa nonviolenta.

La ragione principale della contestazione dei detenuti è la richiesta di accelerazione delle procedure per poter godere di alcuni benefici come le uscite temporanee, posto che abbiano scontato più del 50% della pena, come previsto dalla legge 24.660, e l’accelerazione dell’esecuzione delle sentenze. Oltre alle tempistiche lente, un ulteriore motivo della mobilitazione è stata l’applicazione alla normativa 24.600 di nuovi requisiti da parte della Corte Penale della Capitale, come ad esempio l’analisi urinaria per registrare o meno il consumo di sostanze, negando l’uscita temporanea a coloro che non rispettino tale misura.

Una delle concause della lungaggine delle procedure è da appuntare soprattutto alla scadente e poco sincronizzata comunicazione tra il “Patronato de Liberados” che si occupa del reinserimento degli ex detenuti nella società dopo che hanno ricevuto la sentenza, e il giudice dell’esecuzione di questa. Nel caso della provincia di Tucuman si tratta dell’ex direttore del carcere, Roberto Guyot, il quale, una volta nominato giudice della provincia, non ha preso servizio per circa un anno, a causa di “incomprensioni” con la Corte locale sulla locazione dei suoi uffici. Questo ha portato i detenuti a non avere alcuna risposta dalla Corte di esecuzione (della quale Guyot è presidente) né negativa né positiva, sulle loro richieste di uscita temporanea.

Inoltre la Commissione Carceraria della DNG ha denunciato il mancato diritto di accesso alla giustizia per i detenuti. Nella maggior parte dei casi, infatti, le lettere presentate dai detenuti alle autorità delle diverse unità del Servizio Penitenziario Provinciale raramente sono giunte a destinazione, cioè nelle mani dei loro avvocati, delle autorità giudiziarie, o dei membri familiari, e le petizioni o gli appelli di habeas corpus sono stati applicati altrettanto raramente.

L’azione nonviolenta dei detenuti di Villa Urquiza ha interessato anche un altro istituto penitenziario, quello di Concepcion, nel sud della provincia, dove una cinquantina di carcerati si è unita allo sciopero della fame.

L’iniziativa si è conclusa ufficialmente il primo settembre e l’aver optato per questo metodo pacifico sembra aver smosso le acque sul terreno della giustizia nella provincia di Tucuman. Tra le condizioni che i detenuti hanno posto per interrompere lo sciopero c’era una visita del giudice Guyot al carcere, dopo che la Corte Suprema di giustizia avesse ordinato l’habeas corpus. E così è accaduto. Il Direttore Guillermo Snaider ha poi confermato la sospensione dello sciopero ed ha sottolineato come questo momento sia stato affrontato con rispetto e ha evidenziato la sua importanza nell’aver dato slancio ad un dialogo serio, integrato e responsabile.

La Corte Suprema di giustizia in questo frangente ha ripetutamente dichiarato che l’ingresso in carcere non priva l’uomo della protezione delle leggi e uno dei principali diritti che deve essere tutelato nei confronti dei detenuti è quello all’informazione sul proprio status procedurale e amministrativo.

Inoltre, la presenza del Giudice di Esecuzione della Sentenza acquisisce un ruolo preponderante poiché esso è il tutore del rispetto dei principi dell’esecuzione penale e la sua funzione non può essere circoscritta al monitoraggio e al controllo dell’esecuzione di ciò che ha stabilito una sentenza, ma deve garantire il rispetto di tutti i diritti di cui ancora godono i condannati e quindi impedire loro di subire un peggioramento della loro condizione carceraria.

Irene Guidarelli
@nerei14

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