CAI UE – Cina : Appello della società civile internazionale

CAI UE – Cina : Appello della società civile internazionale

36 organizzazioni della società civile chiedono maggiori garanzie per i diritti umani nell’Accordo complessivo sugli Investimenti Ue-Cina

In vista della prossima sessione plenaria del Parlamento europeo, oggi una coalizione internazionale di 36 organizzazioni della società civile (OSC – ONG, Think Tank e sindacati) ha lanciato un Appello congiunto alle Istituzioni europee chiedendo l’inclusione di clausole esigibile sui diritti umani nell’Accordo complessivo sugli Investimenti Ue-Cina (CAI).

Nell’Appello le OSC esprimono “grave preoccupazione” per l’omissione di clausole stringenti e esigibili sui diritti umani dalla discussione sull’accordo e l’Accordo di principio raggiunto a fine dicembre. Affermano che tale omissione “segnala che l’Unione europea spingerà per una più stretta cooperazione indipendentemente dalla portata e dalla gravità delle violazioni dei diritti umani compiute dal Partito Comunista Cinese, anche quando Pechino è in aperta e diretta violazione dei Trattati internazionali e continua a rifiutare il suo consenso al monitoraggio internazionale sulla situazione dei diritti umani”.

L’Appello è indirizzato alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen; al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel; al Commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis; all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell; al Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli; e ai Membri del Parlamento europeo.

Facendo riferimento alle crescenti prove sul lavoro forzato e le varie Risoluzioni del Parlamento europeo circa il lavoro forzato in Tibet e nello Xinjiang, le OSC concludono che:

“E’ quindi evidente che l’Unione europea abbia l’obbligo secondo Trattato, nonché il dovere morale, di difendere i suoi principi fondanti di democrazia, stato di diritto e l’universalità dei diritti umani nei suoi negoziati con la Repubblica popolare cinese. Questo è un obbligo non solo nei confronti delle persone che soffrono di oppressione e gravi violazioni dei diritti umani, ma anche per sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole.”

Forniscono le seguenti raccomandazioni:

  • Chiediamo all’Unione europea e alle sue Istituzioni di garantire che la Cina ratifichi le Convenzioni fondamentali sui diritti umani prima di entrare nell’Accordo, principalmente l’ICCPR e le Convenzioni fondamentali dell’OIL.
  • L’Accordo dovrebbe anche includere delle clausole sui diritti umani tramite un Capitolo sul Commercio e lo Sviluppo Sostenibile (TSD) che utilizzi un linguaggio vincolante e preveda meccanismi di applicazione efficaci in caso di violazione, la creazione di un gruppo consultivo interno dell’Ue (EU Domestic Advisory Group) e meccanismi di monitoraggio e reclamo efficaci sui diritti umani a disposizione dalle popolazioni colpite e da ONG per la difesa dei diritti umani. Questo meccanismo dovrebbe contribuire a garantire che l’Accordo sia attuato in conformità con il diritto internazionale sui diritti umani.
  • In fine, sollecitiamo con urgenza le Istituzioni europee ad adottare alla massima trasparenze nell’ulteriore processo di negoziazione per consentire un dibattito pubblico e parlamentare adeguato e informato.

FIRMATARI:

Anti-Slavery International – Campaign for Uyghurs – Centre for Labour Rights in Albania – China Aid Association – Chinese Human Rights Defenders – Christian Solidarity Worldwide – Clean Clothes Campaign European Coalition – ETUC European Trade Union Confederation/Confédération Européenne des Syndicats – European Values Center for Security Policy – Fair Action – Federazione italiana Diritti Umani – Gender Alliance for Development Center–Albania – Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella” – Hong Kong Global Connect – Hong Kong Watch – Human Rights Foundation – Human Rights in China – ICNA Council for Social Justice – Ilham Tohti Initiative – IndustriAll Europe – International Campaign for Tibet – International Federation for Human Rights – International Service for Human Rights – International Trade Union Confederation – Montreal Institute for Genocide and Human Rights Studies – No Business With Genocide – Nonviolent Radical Party, Transnational Transparty – Safeguard Defenders – Society for Threatened Peoples – SÜDWIND–Institut für Ökonomie und Ökumene – The Rights Practice – Uyghur Association of Victoria, Australia – Uyghur Center for Human Rights and Democracy – Uyghur Human Rights Project – Unrepresented Nations and Peoples Organization – World Uyghur Congress

Leggi qui l’Appello completo: Joint Appeal on the Inclusion of Enforceable Human Rights Clauses in the EU-China Comprehensive Agreement on Investment

Commento di Laura Harth, Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”:

“Non si possono separare, come ha cercato di affermare la Commissione europea di recente, le politiche commerciali e di investimento dell’Ue dal più ampio quadro di difesa e promozione dei diritti umani. I Trattati fondanti dell’Ue la obbligano a progettare le sue politiche al fine di promuovere e rafforzare la protezione dei diritti umani e lo Stato di Diritto anche nelle sue relazioni con il resto del mondo. Contrariamente a quanto visto durante le festività natalizie, questo Accordo non dovrebbe concludersi senza un dibattito pubblico urgente e trasparente, a partire dal Parlamento europeo che si è espresso in modo chiaro e ripetuto sulla questione. Sarebbe per l’Ue un tradimento incredibile dei suoi valori e principi se la linea rossa sui diritti umani espressa dal Parlamento non venisse seguita, nonché in totale contra-tendenza alla crescente attenzione e azioni dei suoi alleati storici.

La crescente serie di prove circa gli schemi governativi di lavoro forzato nella Repubblica popolare cinese, il rifiuto di consentire indagini internazionali indipendenti, e le crescenti preoccupazioni all’interno della comunità imprenditoriale sulla possibilità di eseguire le procedure di due diligence per garantire il rispetto degli standard sulla responsabilità sociale delle imprese sono indicatori evidenti della necessità di includere disposizioni forti e eseguibili nell’Accordo, soprattutto perché documenti della stessa Commissione europea testimoniano che il rispetto dei diritti sociali ed economici dipenderà in gran parte del quadro giuridico nazionale dei partner.

Solo lo scorso dicembre il Parlamento europeo, a stragrande maggioranza, ha ribadito la sua ferma condanna a seguito di nuovi rapporti sull’utilizzo del lavoro forzato nella sua Risoluzione del 17 dicembre 2020 sul lavoro forzato e sulla situazione degli Uiguri nella Regione autonoma dello Xinjiang. Nell’ottobre 2020, diversi membri del Parlamento europeo hanno anche espresso preoccupazione circa rapporti su un programma cinese su larga scala di lavoro coercitivo nella Regione autonoma del Tibet con ha costretto già oltre mezzo milione di tibetani in centri di addestramento in stile militare.

Alla luce di ciò, la formulazione sulla quale, secondo quanto riferito, la Repubblica popolare cinese si sarebbe impegnata nell’Accordo di principio raggiunto con l’Ue alla fine di dicembre per quanto riguarda la ratifica e l’attuazione delle norme internazionali del lavoro, non può essere sufficiente. Il suo crescente disprezzo per gli standard e gli accordi internazionali è stato dimostrato ancora una volta subito dopo l’Accordo di principio, con l’arresto di oltre 50 personalità pro-democrazia a Hong Kong ai sensi della Legge nazionale sulla Sicurezza, imposta in flagrante violazione della Dichiarazione congiunta sino-britannica. ”

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