In carcere si muore in attesa di giudizio

In carcere si muore in attesa di giudizio

La denuncia di Rita Bernardini: “Effetto Zero” della legge sulla custodia cautelare

Danni anche per la collettività: in 24 anni spesi 630 milioni per i risarcimenti

“Effetto Zero”. Ha ancora forza di gridarlo Rita Bernardini, nonostante siano passati 28 giorni dall’inizio del suo sciopero della fame. “Il nulla. Questo è stato l’effetto della legge sulla custodia cautelare varata nell’aprile del 2015. Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ne ha parlato il primo marzo alla Camera definendola uno “sforzo legislativo”. I detenuti in attesa di giudizio sono diminuiti dello 0,04% e quelli in attesa di primo giudizio dello 0%: erano il 17,56% e 17,56% sono rimasti. Intanto, da un mese all’altro la popolazione detenuta è aumentata di 548 unità”. La Benardini ha iniziato la sua protesta dopo l’undicesimo suicidio avvenuto in carcere dall’inizio dell’anno. Nel mirino quel disegno di legge sulla riforma dell’ordinamento penitenziario, approvato due anni fa alla Camera e che adesso sembra essersi smarrito tra i banchi del Senato. Il Ministro Orlando rispondendo alle interrogazioni sui suicidi ha detto: ”Sono noti gli sforzi legislativi sostenuti negli ultimi tre anni (culminati nell’approvazione della Legge 16 aprile 2015, n. 47), volti a rendere la custodia in carcere una misura cautelare solo estrema, da applicare in presenza di esigenze cautelari attuali e concrete, non tutelabili altrimenti”. In realtà l’applicazione della norma sulla custodia cautelare non sembra aver portato risultati apprezzabili e il ricorso alla carcerazione preventiva è ancora un sistema abusato. Basta dare un’occhiata ai dati per rendersene conto: alla Sentenza Torreggiani (la Corte Europea dei diritti umani condannò l’Italia per trattamenti inumani o degradanti subiti dai detenuti) dell’8 gennaio 2013, i detenuti in attesa di giudizio erano il 38,72% e quelli in attesa di primo giudizio il 18,87%; ad oggi c’è stata dunque una contrazione del 3,85% di chi è in attesa di giudizio e dell’1,31% dei detenuti in attesa di primo giudizio, contrazione lieve che però si è determinata prima della Legge sulla custodia cautelare del 2015. Ma se andiamo a confrontare i dati dal momento in cui è stata varata la legge sulla custodia cautelare (16 aprile 2015), si è passati dal 34,91% al 34,87%; l’effetto quindi della legge, come detto in precedenza, ha fatto diminuire i detenuti in attesa di giudizio dello 0,04% e quelli in attesa del primo giudizio dello 0%. Questo sistema, purtroppo consolidato e difficile da scalfire, produce danni all’individuo che viene privato della libertà. In circa la metà dei casi, chi è detenuto in attesa di giudizio, poi risulta innocente dopo il procedimento processuale. I tempi di giudizio sono infiniti: si rischia di trascorrere tre anni per avere una sentenza penale di primo grado. Danni fisici e morali, che si traducono anche in un costo per la collettività. Dal 1992 al 2016, le persone innocenti finite in galera sono state 24.000 e l’ingiusta detenzione ha portato via 630 milioni dalle casse dello Stato per pagare i risarcimenti alle vittime. Persone che comunque si porteranno per sempre i danni che il periodo di reclusione ha procurato. Quando si varca per la prima volta la soglia di un carcere, gli spazi diventano limitati, al contrario i tempi si allungano fino a diventare infiniti. L’incertezza della pena e di quando avverrà il giudizio sono fattori destabilizzanti. Ogni giorno sale l’angoscia per quello che sarà il proprio futuro e quello degli affetti lasciati a casa. In questo periodo è forte il rischio di suicidio per i nuovi arrivati. Inutile poi meravigliarsi o peggio indignarsi se qualcuno decide di legare un lenzuolo in alto da qualche parte, annodarselo al collo e poi lasciarsi cadere.

Ste.Lib.

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