La prepotente urgenza del diritto alla conoscenza

La prepotente urgenza del diritto alla conoscenza

Mai come oggi è evidente quanto la mancanza di un diritto politico e civile alla conoscenza abbia un impatto diretto e devastante sulla vita di ciascuno di noi. Dal piano segreto del Governo italiano di gennaio – secretato per non indurre il popolo al panico, con la conseguenza di aver poi dovuto imporre gli arresti domiciliari di massa a tutti – e la sospensione dell’accesso alle informazioni, alla propaganda a favore del Partito Comunista Cinese (PCC) sparata quotidianamente dagli organi di stampa di massa, facendo un baffo alle fake news che gli stessi organi cinesi mettono in giro sui social.

Fenomeni certamente non esclusivamente italiani. La macchina di propaganda cinese è attiva in tutto il continente europeo, grazie al lavoro lungimirante del PCC nella cooptazione e coercizione degli organi politici e di stampa. Solo la settimana scorsa la BBC ha fatto un servizio che ci ricorda fin troppo la storiella degli “aiuti cinesi” in Italia, quando ha dipinto l’arrivo in Scozia di 11 milioni di mascherine e 100.000 tamponi della Repubblica Popolare Cinese (RPC) come doni, non facendo menzione alcuna né del fatto che si trattasse di acquisti, né degli ormai innumerevoli ritiri dei prodotti sanitari scadenti importati dalla Cina da parte dalla maggioranza dei Paesi alleati. C’è anche la Commissione europea che, ligia nel combattere le fake news, si auto-censura rispetto all’offensiva cinese per “paura di ritorsioni nella fornitura di materiali sanitari di prima necessità”.

Nel frattempo, la stessa RPC sta respingendo con forza le crescenti richieste di indagini indipendenti e internazionali sulle origini della pandemia e sulla gestione iniziale. Nel continuo tentativo di “non politicizzare” la crisi, pochi giorni fa sul canale televisivo CGTN – organo di stampa statale cinese in lingua inglese – un ricercatore dell’Istituto di microbiologia dell’Academia delle scienze cinese ha respinto con forza tale richiesta, ribadendo che è più urgente concentrare gli sforzi esclusivamente sulla lotta contro la malattia, ma – en passant e evidenziato nella striscia sotto il servizio – ripetendo ancora il sospetto origine del COVID19 in un laboratorio statunitense.

E’ una RPC che dopo aver scatenato una pandemia sanitaria, economica e sociale nel mondo sotto guida del PCC, degno della migliore tradizione dei regimi totalitari che sta ormai superando di slancio, è dichiaratamente intenta a negare l’emergere della verità sul coronavirus. Come lo è sulla repressione sanguinaria delle sue minoranze etniche e religiose, sui suoi campi di concentramento, sulle sue politiche commerciali sleali e predatorie, sui suoi furti delle proprietà intellettuali, sulla sua società orwelliana a tutto tondo. Questo il modello d’eccellenza che ci viene prospettato quotidianamente. Nemico dichiarato dello stato di diritto, della democrazia, della libertà di informazione e di opinione.

Questo il virus cinese che rischia di rimanerci dentro anche alla fine della pandemia sanitaria. Questo il virus che con la sua censura continua e l’unico obiettivo di far sopravvivere e rafforzare il regime del Partito comunista non solo ci negherà la verità su quanto è successo, ma ci impedirà di adottare le misure per non incorrere nello stesso incubo alla prossima pandemia. Nel 2017, la Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati adottò una risoluzione a favore del diritto alla conoscenza, proposto da Marco Pannella come diritto umano da far riconoscere al livello mondiale proprio per evitare la strage che stiamo vivendo ora e nella migliore tradizione della Repubblica Italiana come promotore di strumenti internazionali a tutela dei diritti umani e lo stato di diritto. Un progetto sostenuto sul quale nel luglio 2015 si espresse favorevolmente anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un progetto però prontamente abbandonato dalle istituzioni, non solo al livello ONU, ma anche evidentemente al suo interno. Più facile certo il modello autoritario cinese. Più facile controllare la popolazione senza permettere la conoscenza ai cittadini e nutrirgli di una “verità” costruita a tavolino.

Ma è ora di dire basta. La mancanza di quel diritto alla conoscenza ci ha impedito di proteggere la nostra salute in tempi utili. Ci ha ridotto a dover ciecamente seguire ordini dall’alto, con indicazioni che cambiano a seconda degli interessi del potere, e soprattutto per celarne le gravi mancanze. Basti pensare alla ripetuta presunta inutilità delle mascherine per poi farle miracolosamente diventare quasi d’obbligo. In un momento dove mai come prima il potere governativo si è affidato alla buona volontà e il senso di responsabilità della popolazione – dimostratasi vera autorità morale -, le si è negato lo strumento fondamentale per poter esercitare tale responsabilità. La lezione deve essere chiara: vanno adottati sin da subito gli strumenti per far sì che la prossima volta non dobbiamo aspettare l’arrivo di una verità postuma – semmai arriverà -, ma che si sia in grado di conoscere, deliberare e agire di conseguenza quando la strage è ancora evitabile. Non ci facciamo illusioni sulla disponibilità del regime cinese a rispettare una tale regola, ma è l’unico strumento per proteggerci che abbiamo, e non a caso è quello che teme di più.

Laura Harth

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