L’operazione segreta di Facebook contro le leggi sulla privacy va oltre il lobbying

L’operazione segreta di Facebook contro le leggi sulla privacy va oltre il lobbying

“Siamo ben oltre le attività di lobbying (…) La legge sta divenendo nemica del diritto alla conoscenza perché è sempre più oggetto di manipolazioni diffuse che emergono solamente nelle corti di giustizia”, ha commentato così l’Amb. Giulio Terzi, il 3 marzo a Radio Radicale in conversazione con Laura Harth, la rivelazione dell’azione globale segreta di Facebook contro la legislazione sulla privacy dei dati. Sottolineando l’importanza dell’iniziativa per il riconoscimento all’ONU del diritto alla conoscenza, promossa dal Partito Radicale e dal Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”, l’Amb. Terzi ha poi ricordato la preoccupazione per le prossime elezioni, a cominciare da quelle per il Parlamento europeo, in cui il rischio di intrusioni esterne cyber è altissimo.

Alcuni documenti trapelati e visionati dall’Observer e da Computer Weekly, mostrano come l’azienda di Zuckerberg abbia promesso investimenti e incentivi a legislatori di tutto il mondo – tra cui l’ex cancelliere britannico, George Osborne – per convincerli a fare lobbying per conto di Facebook. I documenti rivelano una massiccia attività segreta per influenzare i legislatori di Regno Unito, Stati Uniti, Canada, India, Vietnam, Argentina, Brasile, Malesia e tutti i 28 stati dell’UE.

La documentazione dimostra una pressione sui politici di tutta Europa per combattere la legislazione GDPR sulla protezione dei dati personali giudicata da Facebook “eccessivamente restrittiva”. Sono emerse affermazioni straordinarie secondo le quali l’ex Primo ministro irlandese Enda Kenny si sarebbe prestato ad esercitare un’influenza significativa come Presidente di turno dell’UE, anche se tecnicamente avrebbe dovuto rimanere neutrale. Facebook ha anche minacciato di sottrarre gli investimenti da quei paesi che non avressero sostenuto o approvato leggi favorevoli all’azienda.

I documenti contengono inoltre un memo redatto dopo il summit di Davos nel 2013, che descrive la “grande relazione” con il Primo Ministro irlandese dell’epoca, una delle persone definite “amici di Facebook”. Il memo ha infiammato i difensori della protezione dei dati, che si lamentano da tempo per il rapporto “accomodante” del governo irlandese con l’azienda.

Emerge l’apprezzamento di Kenny per la decisione di Facebook di localizzare la sede a Dublino e l’impegno a lavorare per una nuova proposta di legge sulla protezione dei dati in Europa in vista della presidenza europea da parte dell’Irlanda. Grazie al Primo Ministro Kenny, Facebook ha “l’opportunità di influenzare le decisioni sulla direttiva europea sui dati”, si legge nei documenti.

Secondo John Naughton, professore a Cambridge e studioso dell’impatto che la tecnologia digitale ha sui sistemi democratici, la notizia è esplosiva perché rivela il “vassallaggio” dello Stato irlandese nei confronti delle grandi aziende tecnologiche.

Matteo Angioli

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