N 59 – 23/12/2019

N 59 – 23/12/2019

PRIMO PIANO

Stupro di massa sistematico contro milioni di donne Uigure
A novembre, vari media occidentali hanno riferito che uomini cinesi di etnia han erano stati incaricati di monitorare le case delle donne Uigure i cui mariti erano stati detenuti nei campi di prigionia. La notizia è circolata dopo che un ufficiale cinese anonimo aveva rilasciato un’intervista a Radio Free Asia, confermando il programma ma negando che ci fosse qualcosa di sinistro in questo.

Adesso è noto. Esiste un programma denominato “Accoppiatevi e mettete su famiglia”, in cui uomini cinesi Han si installano nelle abitazioni di donne i cui mariti sono incarcerati nei campi di rieducazione. Secondo il governo cinese, il programma è progettato per “promuovere l’unità etnica” ma per Rushan Abbas, un attivista uiguro i cui familiari sono detenuti nei campi da più di un anno, non è altro che uno stupro sistematico che fa parte della brutale repressione contro la minoranza etnica del Paese.

“E’ uno stupro di massa. Il governo offre denaro, alloggio e lavoro agli uomini Han per venire e sposare la gente uigura. Né le ragazze né le loro famiglie possono rifiutare un simile matrimonio perché saranno considerate (dalle autorità cinesi) come estremisti islamici che non vogliono sposare l’ateo Han cinese. Non hanno altra scelta che sposarli. Da anni vengono violentate le donne e c’è voluto più di un anno perché i media ne parlassero”, dice Rushan Abbas.

La Cina reagisce alla consegna del Premio Sakharov ad Ilham Tohti
Il 20 dicembre, Pechino ha accusato il Parlamento europeo di ipocrisia, dopo l’adozione di una modifica che chiede le leggi mirate contro i funzionari cinesi per il trattamento della minoranza uigura. Dopo la consegna a Strasburgo del Premio Sakharov alla figlia del prof. Ilham Tohti, Pechino ha chiesto al Parlamento europeo di “abbandonare i loro doppi standard in materia di antiterrorismo” e di smettere di “interferire negli affari interni della Cina”. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, ha detto: “Il popolo dello Xinjiang e il popolo cinese hanno un maggior diritto di parola (sulla situazione nello Xinjiang) rispetto a chi sta nella lontana Europa, che non è mai stata nello Xinjiang.”

Carles Puigdemont accede al Parlamento europeo come deputato
Il 20 dicembre, dopo la sentenza emessa il giorno precedente dalla Corte di Giustizia dell’UE sul caso dell’ex Vice Presidente della Catalogna, Oriol Junqueras, l’ex Presidente della Catalogna Carles Puigdemont e un altro candidato alle elezioni europee dello scorso maggio, Toni Comin, hanno ottenuto le credenziali per accedere al Parlamento europeo come deputati europei.

E’ una sentenza di grande rilievo per l’Europa intera perché oltre a stabilire che un deputato è tale e ha quindi diritto all’immunità parlamentare dal momento in cui l’autorità nazionale lo proclama eletto, la decisione della Corte restituisce al Parlamento europeo il diritto di dibattere e decidere sulla revoca o meno dell’immunità ai membri per i quali Madrid lo richiederà. Ne hanno parlato domenica 22 dicembre, a Radio Radicale, Matteo Angioli e il Sen. Roberto Rampi.

In Polonia è caccia ai giudici che applicano il diritto europeo
Dal 2014, Małgorzata Maria Gersdorf svolge il ruolo di Primo Presidente della Corte Suprema della Polonia. Da quando, nel 2017, il governo ha cercato di riformare il giudiziario attribuendo all’esecutivo il potere di nominare i giudici della Corte e di mandare in pensione gli attuali, Gersdorf ha dato battaglia denunciando il tentativo del governo di compiere “un’epurazione dei giudici della Corte Suprema travestita da riforma pensionistica”.

Il 16 dicembre la situazione si è aggravata ulteriormente quando il Procuratore nazionale, Bogdan Święczkowski, ha inviato una lettera a tutti i suoi subordinati, inclusa la Gersdorf, in cui ribadisce la priorità delle leggi polacche su quelle europee e minaccia la sospensione di chiunque non rispetti la decisione. Naturalmente a difesa dello stato di diritto.

“Le dichiarazioni e interpretazioni di M. Gersdorf sono contrarie alla Costituzione polacca e alle leggi vigenti. La Procura, in quanto organo obbligato dalla legge a sostenere lo stato di diritto, deve rispondere ai tentativi di disorganizzazione del sistema giudiziario democratico polacco. Pertanto, obbligo i pubblici ministeri regionali a notificare immediatamente tali casi al commissario disciplinare dei giudici della Corte e al Presidente disciplinare della Corte suprema.“, si legge nella lettera con la quale la Polonia diventa ufficialmente il primo Stato membro dell’Unione Europea a dare la caccia a tutti i giudici che applicano il diritto europeo.

Si avvicina un’importante scadenza per la Cambogia
Mezzo milione di agricoltori cambogiani potrebbero perdere il lavoro se l’Unione europea deciderà a febbraio di ritirare l’accesso preferenziale della Cambogia al mercato europeo per violazione dei diritti umani fondamentali. Il 19 dicembre la Federazione cambogiana del riso ha osservato che solo i dazi reimposti sul riso cambogiano a gennaio scorso “sono stati sentiti dalla maggior parte delle 500.000 famiglie in Cambogia”. Per evitare che ciò accada, Hun Sen dovrebbe riabilitare l’opposizione di Kem Sokha e Sam Rainsy e archiviare il processo per tradimento a carico del primo poiché non ci sono prove serie contro di lui. Sam Rainsy ha già dimostrato in più occasioni l’assurdità delle affermazioni fatte contro Kem Sokha e contro il principale partito di opposizione.

IRAN E MEDIO ORIENTE

L’Italia non taccia sul massacro in Iran. L’appello dell’ambasciatore Terzi
Il regime iraniano è autore o mandante di molti crimini, rivolti non solo contro il proprio popolo. L’appello al governo italiano di Giulio Terzi di Sant’Agata, diplomatico, politico e presidente del Global Committee for the Rule of Law. L’ultima volta che l’Iran è stato menzionato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio era il 6 dicembre scorso al MED Dialogues di Roma. Diffuse e forti erano, già da tempo, le proteste indignate dell’Europa e di molti governi occidentali per la sanguinosa repressione da parte di polizia e paramilitari del regime istruiti a uccidere indiscriminatamente i manifestanti in decine di città iraniane.

Anche quel giorno, invece, il capo della diplomazia italiana non mostrava un grande interesse a condannare – come altri suoi colleghi occidentali stavano da diversi giorni facendo – i massacri in atto da settimane in Iran, preoccupandosi soltanto del “graduale disimpegno iraniano dall’intesa sul nucleare, che resta per noi uno strumento importante in chiave di non proliferazione”.

La società internazionale si sta muovendo in molti e diversi ambiti, oltre a quelli che ho ricordato. Importanti sono state negli ultimi giorni le forti prese di posizione di decine di Premi Nobel in un documento congiunto, le iniziative al Parlamento britannico e in particolare alla Camera dei Lords, la creazione di due nuovi comitati per contribuire ulteriormente all’attività di In Search of Justice. Ottanta milioni di Iraniani chiedono libertà, giustizia, rispetto. Si aspettano che l’Italia li aiuti. Non possiamo guardare dall’altra parte senza tradire la nostra identità, i Trattati europei, la nostra stessa Costituzione.

Il Parlamento tedesco chiede al governo di bandire Hezbollah
Il 19 dicembre il parlamento tedesco ha approvato una mozione che esorta il governo della cancelliera Angela Merkel a bandire tutte le attività del gruppo Hezbollah appoggiato dall’Iran sul suolo tedesco, citando le sue “attività terroristiche” soprattutto in Siria. La mozione è stata sostenuta dai conservatori della Merkel, dai loro partner della coalizione socialdemocratica (SPD) e dall’opposizione dei democratici liberali. Non è vincolante ma aumenterà la pressione sul governo per agire.

Secondo la mozione la Germania dovrebbe abbandonare la sua attuale politica di distinzione tra il braccio politico di Hezbollah e le unità militari, che hanno combattuto a fianco dell’esercito del presidente Bashar al-Assad in Siria. “La camera bassa chiede al governo di vietare Hezbollah e di non tollerare alcuna attività da parte dei suoi rappresentanti in Germania”, si legge nella mozione.

I giapponesi vogliono proteggere le loro imbarcazioni nel Golfo
Il 20 dicembre il Primo ministro giapponese Shinzo Abe ha detto al Presidente iraniano Hassan Rouhani che Tokyo è pronta ad inviare forze navali in Medio Oriente per proteggere le navi giapponesi. Rouhani ha dichiarato in risposta di aver compreso l’intenzione del Giappone e di voler contribuire a rendere sicura la navigazione. “Sono molto preoccupato per le tensioni crescenti in Medio Oriente”, ha detto Abe a Rouhani all’inizio della riunione.

Gli ambasciatori di Stati Uniti e Iran si sono parlati dopo una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU
Il 19 dicembre, l’Ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Kelly Craft, ha fatto un raro gesto verso la sua controparte iraniana nella camera del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo una controversa riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul rispetto dell’accordo del 2015 tra potenze mondiali e Iran, la Craft è andata a parlare con l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite Majid Takht Ravanchi. Ravanchi aveva parlato del decesso di una bambina di due anni durante la sua dichiarazione al consiglio raccontando come fosse morta a giugno per una malattia rara, nota come EB. Ravanchi ha accusato gli Stati Uniti e le sanzioni come responsabili.

Il Ministro degli Esteri iraniano attacca gli Stati Uniti
Il 22 dicembre il Ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha scritto un tweet dicendo che le sanzioni statunitensi contro l’Iran sono una “folle dipendenza”, aggiungendo che “l’approccio degli Stati Uniti alle sanzioni tradisce una dipendenza patologica e sconsiderata, una condizione che non pone alcun limite a ciò che gli Stati Uniti possono o non possono fare. Questa assuefazione colpisce sia gli amici che i nemici, a meno che non essa non trovi un’opposizione comune”.

La tensione tra Teheran e Washington è aumentata dall’anno scorso quando il Presidente Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo nucleare (JCPOA) del 2015 siglato tra sei nazioni, reintroducendo le sanzioni contro Teheran per paralizzarne l’economia.

L’Iran testa nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio
Il 18 dicembre il Presidente iraniano Hassan Rouhani ha affermato che gli esperti nucleari hanno iniziato i test di nuove e avanzate centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, segnando l’ennesima violazione dell’accordo nucleare del 2015. Rouhani ha parlato agli espatriati iraniani durante un incontro a Kuala Lumpur, in Malesia, del successo dell’attuale modello di centrifuga dell’Iran e dei test di un nuovo prototipo. “Abbiamo ottenuto grandi risultati e oggi le nuove centrifughe iraniane IR-6 stanno funzionando e i modelli IR-9 sono attualmente in fase di test”, ha affermato Rouhani.

Due giudici iraniani colpiti da sanzioni individuali americane
Il 19 dicembre gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni mirate a due giudici iraniani che avevano punito cittadini con doppia cittadinanza per aver esercitato le loro libertà di parola e di assemblea. I giudici, Abolghassem Salavati e Mohammad Moghisseh, “sono responsabili di essere all’origine dei processi spettacolo in cui giornalisti, avvocati, attivisti politici e membri di gruppi minoritari etnici e religiosi iraniani sono stati puniti per aver esercitato la loro libertà di espressione e assemblea e sono stati condannati a lunghe pene detentive, frustate e persino esecuzioni”, ha dichiarato il Ministero del Tesoro in una nota. Le sanzioni congelerebbero tutte le proprietà dei due uomini sotto la giurisdizione degli Stati Uniti e generalmente vieterebbero ai cittadini statunitensi di stabilire legami con i due giudici.

Si guadagna di più combattendo in Yemen per sei mesi che in una vita
Questo adagio imperversa per le strade del Darfur, la regione occidentale del conflitto in Sudan, dove una rovinosa guerra a più di 2.000 km di distanza nello Yemen è diventata “il più grande datore di lavoro locale” del paese.

Per quasi cinque anni sono stati reclutati membri delle Rapid Support Forces (RSF), un gruppo paramilitare, e l’esercito sudanese per combattere a fianco delle truppe governative yemenite contro i ribelli Houthi appoggiati dall’Iran. Così, nonostante i pericoli, le promesse di inimmaginabili ricchezze hanno portato decine di migliaia di uomini e ragazzi del Darfur ai centri di reclutamento di RSF.

Per un dispiegamento di sei mesi, i soldati RSF, che spesso provengono dai segmenti più poveri della società, possono guadagnare un milione di sterline sudanesi (circa 17.000 sterline) – più denaro di quanto possano mai sperare di raccogliere in una vita. Gli ufficiali guadagnano il doppio. In Sudan, il salario minimo è di soli 190 dollari al mese, e per gli agricoltori e i pastori di capre è ancora più basso.

FOTO DELLA SETTIMANA
Bruxelles, 20 dicembre 2019: dopo la decisione della Corte di Giustizia dell’UE, i due candidati indipendentisti catalani Carles Puigdemont e Toni Comin hanno ottenuto il permesso temporaneo per accedere al Parlamento Europeo come deputati

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