N11 – 11/2/2019

N11 – 11/2/2019

PRIMO PIANO

Manifestazione del Partito Radicale all’Ambasciata Iraniana
Giovedì 14 febbraio alle 15 il Partito Radicale Nonviolento Transnazione Transpartito terrà una manifestazione davanti all’Ambasciata dell’Iran a Roma (in Via Nomentana, 361) per denunciare il “pericolo iraniano” nei giorni in cui a Varsavia e Monaco si svolgono due conferenze mondiali sull’argomento.

A quarant’anni dalla “rivoluzione islamica” il Partito Radicale, Nessuno Tocchi Caino e il Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella” (GCRL) rappresenteranno che cosa ha significato e significa il regime islamico per il martoriato popolo iraniano privato dei più elementari diritti umani soprattutto nei confronti delle minoranze, delle donne e degli omosessuali. Una minaccia, quella iraniana, costantemente rivolta alla destabilizzazione del Medio Oriente (e non solo), con il sostegno continuo a regimi dispotici e le continue ingerenze contro dissidenti democratici ovunque si trovino nel mondo.

Nessuno Tocchi Caino presenterà i dati 2018 relativi alla pena di morte in Iran. Lo Stato degli Ayatollah, del resto, continua a mantenere il triste primato delle esecuzioni capitali nel mondo. Infatti, se la Cina è al primo posto in termini assoluti, l’Iran afferma la sua macabra superiorità se il numero dei giustiziati viene raffrontato con il numero totale degli abitanti.

Alla manifestazione saranno presenti tra gli altri gli esponenti del Partito Radicale e di Nessuno Tocchi Caino (tutti già parlamentari radicali) Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Maurizio Turco e Maria Antonietta Farina Coscioni; vi saranno anche Laura Harth Rappresentante all’ONU del Partito Radicale, l’Amb. Giulio Terzi di Sant’Agata già Ministro degli Esteri e Presidente del GCRL, e Matteo Angioli Segretario del GCRL.

22-24 febbraio: VIII Congresso italiano del Partito Radicale
Venerdì 22 febbraio alle 15 si aprirà l’VIII Congresso italiano del Partito Radicale. La sede congressuale è l’Hotel Quirinale, in Via Nazionale 7 a Roma. Il tema centrale del Congresso sarà la difesa del servizio pubblico offerto che Radio Radicale offre ininterrottamente a partire dalla sua fondazione nel 1975.

Il congresso verrà aperto da Massimo Bordin, già direttore di Radio Radicale e voce della rubrica mattutina “Stampa e Regime”; Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale, già Ministro della Giustizia; Tullio Padovani, già professore di diritto penale alla Scuola Superiore Sant’Anna. A questa pagina puoi preannunciare la tua partecipazione.

Giulio Terzi parla di Venezuela a Tgcom24
“Il colpo di stato l’ha fatto Maduro portando avanti delle elezioni presidenziali escludendo i candidati dell’opposizione, incarcerando i membri della dissidenza e creando delle condizioni per lo svolgimento delle elezioni di tipo manu militari”, ha dichiarato Giulio Terzi a Tgcom24 il 5 febbraio scorso, aggiungendo: “Maduro è un dittatore sorretto dai narcotrafficanti, dai 3000 generali – iltriplo o il quadruplo dei generali del’intera forza armata degli Stati Uniti – sono stati nominati da lui per gestire la logistica, i traffici e sono responsabili di incarcerazioni ed uccisioni, per cui è inimmaginabile che Maduro gestisca una transizione elettorale, come invece sostiene il vice-presidente Di Maio”, ha dichiarato Giulio Terzi, sottolineando che “la Costituzione venezuelana, all’articolo 233, stabilisce che nel caso di vacatio l’interim è assunto dal Presidente del Parlamento, cioè da Guaidò”.

Per questo è grave che il governo italiano non riconosca la Presidenza ad interim venezuelana adducendo come giustificazione la volontà di non interferire negli affari interni del Paese del’America Latina. Una posizione ancor più insostenibile di fronte all’offerta presentata dalla componente 5 Stelle del governo italiano di mettere a disposizione dei Gilet gialli in Francia la piattaforma Rousseau.

IRAN E MEDIO ORIENTE

Alle porte la Conferenza internazionale su Iran e Medio Oriente
Su iniziativa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e della Repubblica di Polonia, il 13 e 14 febbraio si terrà una Conferenza internazionale a Varsavia sul ruolo dell’Iran nella regione mediorientale e non solo, alla quale parteciperano i Ministri degli Esteri di circa 70 paesi. La conferenza coincide con il 40° anniversario dell’irruzione sulla scena mondiale dell’Ayatollah Khomeini che salì al potere in Iran nel 1979 rovesciando lo Scià Mohammad Reza Pahlavi.

Il regime iraniano ha fortemente criticato la Polonia per aver ospitato il summit. Teheran sostenne che durante la seconda guerra mondiale, tra i milioni di profughi in fuga dai paesi europei a causa della guerra, oltre 100.000 polacchi arrivarono dall’ex Unione Sovietica all’Iran e si stabilirono nel paese. Abbas Araghchi, vice ministro degli esteri iraniano, è andato oltre. Riferendosi al cimitero polacco, ha twittato: “Ci sono circa 1.900 polacchi sepolti nel cimitero polacco di Teheran e questo cimitero è rimasto intatto per più di 70 anni”.

Su questo è intervenuto Giulio terzi che a Saudi Gazette ha dichiarato: “Il riferimento oltraggioso e ingiustificabile a persone che sono morte più di 70 anni fa – che meritano solo il rispetto, la memoria affettuosa e le preghiere delle loro famiglie, e devono continuare ad essere onorate in quel cimitero – mostrano il pessimo gusto, l’incredibile arroganza e allo stesso tempo la profonda debolezza di questo regime teocratico nell’affrontare problemi e crisi che crescono di giorno in giorno. I mullah, incapaci di assicurare la loro esistenza, si aggrappano all’aiuto di paesi europei, ma per ragioni molto dubbiose. Il regime iraniano sa troppo bene che non ha alcuna legittimità e nessuna base popolare.”

RSF: 1.700.000 persone incarcerate in 30 anni dal regime iraniano
Secondo l’ultimo rapporto di Reporters Sans Frontières (RSF), nei primi trent’anni della rivoluzione khomeinista almeno un 1.700.000 persone sono state incarcerate e spesso uccise dal regime. Tra le vitime vi sono almeno 860 giornalisti e moltissimi appartenenti a minoranze etniche o religiose come i Baha’i.

Il 7 febbriao, il capo di RSF, Christophe Deloire, ha dichiarato: “dopo mesi e mesi di controlli e verifiche effettuate abbiamo identificato almeno 61.940 prigionieri politici solo a Teheran, tra il 1979 e il 2009”. Di questi 520 erano giovani tra i 15 e i 18 anni.

Teheran svela un nuovo missile con gittata di 1000 km
Il 7 febbraio l’Iran ha svelato un nuovo missile balistico denominato “Dezful”, con una gittata di 1.000 chilometri, quasi il doppio del suo predecessore “Zolfaghar”. Il missile è prodotto e assemblato in un impianto sotterraneo e a dare l’annuncio è stato il comandante dei Pasdaran, Muohammad Ali Jafari, alla cerimonia di inaugurazione, che coincide con il 40mo anniversario della Rivoluzione islamica.

Jafari ha colto l’occasione per criticare l’Unione europea: “L’inaugurazione di questo impianto sotterraneo è una risposta alle dichiarazioni degli occidentali”, e anche agli europei, “che credono di poter imporre restrizioni alle nostre attività con le sanzioni”.

L’UE richiama l’Iran sui test missilistici
In una dichiarazione in 12 punti rilasciata il 4 febbraio, l’UE, che rimane parte del piano d’azione globale congiunto per arginare le ambizioni nucleari dell’Iran, si è detta “gravemente preoccupata” per l’attività missilistica dello stato e ha agiunto che “l’Iran continua a impegnarsi per aumentare la portata e la precisione dei suoi missili, oltre ad aumentare il numero di test e lanci operativi. Queste attività alimentano la sfiducia e contribuiscono all’instabilità regionale”.

Una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha invitato Teheran ad astenersi per otto anni dal condurre test sui missili balistici legati ad armamenti nucleari, ma per il governo iraniano i test non violano la risoluzione e afferma che tali missili non sono in grado di trasportare testate nucleari. Il Consiglio dell’UE ha inoltre contestato il crescente ruolo dell’Iran in Medio Oriente, in particolare la presenza di truppe iraniane in Siria, e ha chiesto a Teheran di sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite per mediare la pace. Il blocco dei 27 Stati membri ha anche invitato l’Iran ad aderire all’embargo dell’ONU sulle armi nello Yemen.

Incertezze nella partnership Russia-Iran in Siria?
I Presidenti di Russia, Turchia ed Iran terrano un nuovo colloquio di pace per la Siria ad Astana il 14 febbraio. Uno dei punti all’ordine del giorno sarà il fattore israeliano. Il 21 gennaio infatti, aerei israeliani hanno colpito alcuni bersagli iraniani in Siria. Gli attacchi sono stati considerati i più gravi dopo l’abbattimento di un aereo militare russo da un missile siriano per la difesa aerea il 17 settembre. Secondo Mosca si è trattato di un tentativo dei piloti israeliani di ingannare la contraerea siriana nascondendosi dietro l’aereo russo. Di conseguenza, la Russia ha annunciato una fornitura a Damasco di sistemi avanzati di difesa missilistica. Tuttavia, i sistemi avanzati russi, visti da alcuni osservatori come potenziali cambiamenti di gioco in Siria, erano inattivi durante l’ultimo round di attacchi aerei israeliani. Bisogna notare però che i sistemi avanzati russi già presenti in Siria, erano inattivi durante l’ultimo attacco israeliano.

L’opinione pubblica iraniana, da sempre attenta ai legami di Teheran con Mosca, si è allarmata quando il vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov ha dichiarato in un’intervista del 26 gennaio che la sicurezza di Israele è una priorità assoluta per la Russia, aggiungendo che non vede l’Iran e la Russia come alleati in Siria. Ciò ha indotto alcuni media persiani a ritenere che Russia e Israele stiano collaborando contro la Repubblica islamica, e che Teheran sta riconsiderando la sua collaborazione con Mosca in Siria.

Gli Stati Uniti chiedono all’Iran di fermare i lanci missilistici che violano le risoluzioni ONU
Il 7 febbraio il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha affermato di essere a conoscenza di un fallito tentativo iraniano di lanciare un satellite nello spazio il mese scorso e ha invitato Teheran a interrompere ogni attività che violi le risoluzioni ONU.

Nel suo primo briefing dall’inizio dell’anno, il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Palladino, ha detto: “Continuiamo a invitare il regime iraniano a cessare immediatamente tutte le attività che vanno contro la risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, compresi i lanci di veicoli spaziali”. Le autorità iraniane tuttavia hano già fatto sapere di esser pronte per un nuovo lancio entro pochi mesi.

L’Iran non vede l’ora che gli Stati Uniti lascino la Siria
Il 6 febbraio alcuni diplomatici iraniani hanno affermato che la Siria costituisce una delle priorità in politica estera e che le truppe americane devono ritirarsi al più presto, proprio come previsto dal Presidente Trump. “Che lo vogliano o meno, gli Americani devono lasciare la Siria”, secondo quanto riferito da Ali Akbar Velayati, un alto consigliere del leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei.

In Occidente si sta diffondendo il timore che il piano di Trump per vincere circa 2.000 soldati dalla Siria cederà influenza all’Iran, che ha sostenuto il presidente Bashar Assad nella guerra di quasi otto anni, permettendo nel medio termine a Daesh (ISIS) di riorganizzarsi. “Adesso il 90% del suolo siriano è sotto il controllo del governo; il resto sarà presto liberato dall’esercito siriano” ha aggiunto Velayati durante un incontro con il Ministro degli Esteri siriano Walid al-Moualem a Teheran, secondo l’agenzia di stampa Tasnim.

Il leader di Hezbollah felice per il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria
Il 7 febbraio il leader llibanese di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha detto che in caso di scontro militare, la sua organizzazione ovviamente appoggerà l’Iran che definisce “lo Stato più forte della regione”, così come il cosiddetto asse di resistenza guidato dall’Iran è il più forte che vi sia mai stato. L’asse raggruppa il governo siriano del presidente Bashar Assad con le milizie sciite in Iraq e Hezbollah.

Nasrallah stava parlando ad una celebrazione del 40° anniversario della rivoluzione islamica dell’Iran e ha detto: “Se l’America lancia la guerra contro l’Iran, non sarà il solo a confrontarsi, perché il destino della nostra regione è legato alla Repubblica islamica. Vediamo che la lotta nella regione potrebbe degenerare e potrebbe assumere forme diverse, ma in ogni caso, oggi la Repubblica Islamica è lo stato più forte della regione; lo dimostra il fatto che l’America si sta ritirando dalla regione”.

Le riserve alimentari in Yemen stanno marcendo
L’inviato speciale delle Nazioni Unite in Yemen, Martin Griffiths, ha avvertito oggi 11 febbraio che le riserve di cereali a Hodeidah, città portuale ad ovest controllata dagli Houthi, rischiano di marcire se non verrà dato l’accesso agli stock. Le riserve del World Food Program presso i Red Sea Mills sono in grado di sfamare 3,7 milioni di persone per un mese, ma da cinque mesi sono inaccessibili.

L’ONU sta spingendo per l’attuazione di un cessate il fuoco e il ritiro delle truppe da Hodeidah, il principale punto di ingresso per la maggior parte delle importazioni dello Yemen, come concordato a dicembre in Svezia. L’accesso alle 51.000 tonnellate di grano e alle attrezzature per la fresatura è l’obiettivo centrale dei negoziati di pace in corso.

CINA E CAMBOGIA

Come si muoverà il Copasir su Huawuei
Su Huawei, il colosso cinese delle telecomunicazioni su cui pende l’accusa americana di favorire il cyberspionaggio da parte del regime di Pechino, è giunto il tempo delle scelte. Tutti i partner dell’alleanza occidentale sono stati sollecitati da Washington a escludere le apparecchiature Huawei dalle infrastrutture nazionali del 5G, e alcuni – a partire dai paesi del cosiddetto “Five Eyes”, che oltre agli Usa comprendono Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda – hanno già agito in tal senso. È una questione che incombe anche sul nostro paese, dove fervono i preparativi per il decollo del 5G, una partita che vede Huawei saldamente in pista.

In un dibattito nazionale ancora timido, nonostante la natura scottante dell’argomento, è arrivato come un sasso nello stagno l’articolo del quotidiano torinese La Stampa in cui fonti di Palazzo Chigi asseriscono che il governo – dopo aver ricevuto pressioni dagli Usa – è orientato a mettere al bando Huawei e l’altro gigante delle Tlc cinesi, Zte. Eventualità smentita però da una nota del Ministero dello Sviluppo Economico guidato dal capo politico M5S Luigi Di Maio.

Queste posizioni contrastanti denotano, se non altro, l’avvio di una discussione in seno all’esecutivo sull’opportunità di dare ascolto al nostro maggiore alleato e cominciare ad appurare, con gli opportuni strumenti, se esista o meno un problema Huawei che investe la dimensione centrale della sicurezza delle comunicazioni mobili. Ma quanto è diffusa, nelle nostre istituzioni, la consapevolezza di questo problema? Che si dice, nel Palazzo, di Huawei?

L’UE avvia la procedura per sospendere la Cambogia dall’accesso privilegiato al mercato europeo
Oggi 11 febbraio l’Unione europea ha avviato il processo che potrebbe portare alla sospensione temporanea del tariffario preferenziale della Cambogia nel mercato UE nell’ambito del programma commerciale Everything But Arms (EBA). Le preferenze EBA possono essere rimosse se i paesi beneficiari non rispettano i diritti umani fondamentali e i diritti dei lavoratori. L’avvio della procedura di recesso temporaneo non comporta una rimozione immediata delle preferenze tariffarie, che sarebbe l’opzione di ultima istanza. Essa dà il via a un periodo di monitoraggio e coinvolgimento intensi.

Cecilia Malmström, Commissaria europea al Commercio, ha dichiarato: “Dovrebbe essere chiaro che la mossa odierna non è né una decisione finale né la fine del processo, ma ora abbiamo un percorso preciso con cui chiediamo un’azione reale. Adesso si mette in moto un processo di valutazione in cui siamo pronti a impegnarci pienamente con le autorità cambogiane per trovare una soluzione. Quando diciamo che la politica commerciale dell’UE si basa sui valori, queste non sono solo parole vuote. Siamo orgogliosi di essere uno dei mercati più aperti al mondo per i paesi meno sviluppati e le prove dimostrano che esportare nel mercato unico dell’UE può dare un enorme impulso alle loro economie, tuttavia, in cambio, chiediamo che questi paesi rispettino alcuni principi fondamentali. In Cambogia abbiamo riscontrato gravi carenze in termini di diritti umani e diritti dei lavoratori che il governo deve affrontare se vuole mantenere l’accesso privilegiato al nostro mercato.”

Mandato di arresto per Sam Rainsy in caso di rientro in Cambogia
Sam Rainsy, ex leader del Cambogia National Rescue Party CNRP), ha lasciato la Cambogia nel 2016 a seguito di una serie di cause intentate da alti funzionari. Il Dipartimento per l’Immigrazione ha ricevuto l’ordine di arrestarlo nel caso in cui faccia ritorno nel Paese. Il Direttore del Dipartimento ha ordinato di intensificare la sorveglianza alla frontiera nel caso in cui Rainsy tenti di entrare nel paese senza preavviso.

Rainsy è accusato di tradimento con motivazioni discutibili secondo le quali sia lui, sia il presidente del CNRP, Kem Sokha, avrebbero cospirato d’intesa con gli Stati Uniti per rovesciare il Primo ministro Hun Sen. Kem Sokha è stato incarcerato nel settembre 2017.

FOTO DELLA SETTIMANA

Bruxelles, 4 febbraio 2019: Giulio Terzi interviene alla conferenza sul terrorismo di stato sponsorizzato dal regime iraniano

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