N49 – 21/10/2019

N49 – 21/10/2019

PRIMO PIANO

L’analisi di Giulio Terzi: le quattro sfide epocali per l’Italia e l’Europa
Vi sono quattro dinamiche che stanno modificando con estrema rapidità e ampiezza il quadro geopolitico – o meglio, l’ordine internazionale- nel quale Europa e Italia si trovano dal 1989. Sta per scoccare l’anniversario del crollo del Muro di Berlino, il 9 novembre ’89. La “fine della storia” celebrata da Francis Fukujama con lo sradicamento del Comunismo dall’Europa sembrava realizzare la promessa Kantiana della “Pace perpetua”. Con la transizione da Eltsin a Putin, e più tardi da Hu Jintao a Xi Jinping è seguita invece una “pace fredda”. E come se non bastasse, non solo un’altra potenza revisionista – l’Iran messianico e nucleare – si manifesta oggi all’orizzonte europeo e mediterraneo. Si è aggiunto il fatto che l’immensa opportunità della rivoluzione tecnologica contiene una sfida ancor più grande: le tecnologie Cyber che alterano profondamente, e non a nostro vantaggio se non ne saremo padroni, tutti i paradigmi politici, economici, militari.

Le più evidenti sfide epocali che abbiamo difronte si possono quindi riassumere essenzialmente in quattro: I) dimensione Cyber; II) Cina di Xi Jinping; III) Russia di Putin; IV) Iran di Khamenei.

Scarica e leggi l’intervento integrale dell’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata

L’Europa si mobilita per il diritto alla conoscenza e a Palermo si riuniranno presto studiosi della materia
L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha deciso di discutere, entro la fine del 2020, un progetto di risoluzione sul diritto universale alla conoscenza intitolato “Libertà dei media, fiducia del pubblico e diritto alla conoscenza dei cittadini”. Il 14 ottobre, il Segretario Generale dell’Istituto di Siracusa, Ezechia Paolo Reale, ha accolto con soddisfazione la notizia.

Da anni l’Istituto Internazionale di Siracusa porta avanti questo tema; e senza diritto alla conoscenza, riconosciuto come diritto umano di seconda generazione, non ci sarà un futuro di libertà nel mondo globalizzato. E’ Una battaglia che va rilanciata con forza e perciò l’Istituto intende promuovere al più presto un incontro del Comitato Scientifico Internazionale sul Diritto alla Conoscenza a Palermo, città sede del più antico parlamento europeo per dare seguito, insieme al Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella”, alle attività e alle idee del compianto Professor Cherif Bassiouni, già presidente del Comitato Scientifico Internazionale per il riconoscimento del diritto universale alla conoscenza quale diritto umano e supportare l’impegno del Consiglio d’Europa che senza dubbio, un importante progresso e un riconoscimento della validità e dell’importanza di tutte le iniziative portate avanti in questi anni, grazie anche alla particolare attenzione dedicata al tema dell’Assessorato dell’Istruzione e della Formazione Professionale della Regione Siciliana.

Il Presidente della Catalogna continua a chiedere il dialogo con Madrid
Dopo la quinta notte consecutiva di scontri nelle strade di Barcellona e in altre parti della regione, il Presidente della Catalogna Quim Torra ha chiesto un incontro con il governo spagnolo. Il 18 ottobre è sceso in piazza più di mezzo milione di manifestanti pro-indipendenza per una marcia pacifica che è confluita nel centro della città.

Sono però scoppiati scontro con la polizia che hanno portato all’arresto di 64 persone e al ferimento di altre 89. Secondo un portavoce del Ministero degli Interni, da quando sono iniziate le proteste, sono state arrestate oltre 300 persone, di cui nove sono ancora in custodia. Sono invece circa 200 gli agenti di polizia feriti e 171 i veicoli danneggiati.

Il 9 ottobre, durante una conferenza stampa, Torra ha esortato il Primo ministro spagnolo Pedro Sanchez a “fissare giorno e ora per un tavolo di negoziati. È la loro responsabilità e obbligo. È più urgente che mai. Lo abbiamo richiesto a lungo per trovare una risoluzione politica del conflitto”, ha aggiunto. Il governo spagnolo ha risposto dicendo che Torra avrebbe dovuto condannare subito la violenza e aggiungendo che “affinché il dialogo sia efficace, Torra dovrebbe riconoscere l’altra parte dei catalani, che non sono favorevoli all’indipendenza e che chiedono di ricostruire la coesistenza danneggiata dal movimento per l’indipendenza”.

Delle proteste e dell’annoso problema della mancanza di dialogo, sempre rifiutato da Madrid, ne hanno parlato a Radio Radicale Matteo Angioli e Roberto Rampi il 19 ottobre nella rubrica del sabato RadicalNonviolentNews.

Una nuova inchiesta svela gli interessi e la ricchezza accumulata all’estero dai parenti e gli alleati del Primo Ministro cambogiano
Un’inchiesta della Reuters conclusasi il 16 ottobre scorso rivela una quantità impressionante di denaro e agio che parenti e collaboratori più vicini a Hun Sen si sono assicurati nel corso degli anni. Familiari, esponenti politici, responsabili delle forze di polizia, e soci d’affari posseggono beni all’estero per decine di milioni di dollari e hanno usato la loro ricchezza per acquisire una seconda cittadinanza. Quest’ultima è una pratica che in passato Hun Sen ha descritto come non patriottica. Tra coloro che hanno acquistato o richiesto il passaporto dell’Unione Europea, attraverso un accordo condotto a Cipro, vi sono: la nipote di Hun Sen e il marito, che è il capo della polizia nazionale cambogiana; una coppia d’affari più potente del paese, che sono vecchi amici di famiglia; il Ministro delle Finanze. Le foto sui social mostrano anche i parenti di Hun Sen in barca a Capri, a sciare a Verbier, o far la festa a Ibiza.

Hun Sen ha 67 anni e governa la Cambogia con il pugno di ferro da 34 anni. Ha imprigionato o esiliato rivali politici, chiuso i media e represso nella violenza ogni manifestazione di dissenso. Ormai sono soltanto tre i capi di stato più longevi di lui, ovvero i presidenti di Guinea Equatoriale, Camerun e Repubblica del Congo. Se Hun Sen si dimettesse domani, Vladimir Putin dovrebbe governare la Russia per altri 15 anni per eguagliare il suo tempo al potere. Ma l’élite politica e imprenditoriale del paese è al limite. Esistono divisioni e problemi interni. Un membro del governo, parlando a condizione di restare anonimo, ha detto: “Stanno tutti preparando un piano di fuga”. Intanto, il leader in esilio dell’opposizione democratica, Sam Rainsy, sta preparando il ritorno in Cambogia il 9 novembre.

Lotta ai cambiamenti climatici: Taiwan può aiutare
Richiesta di partecipazione professionale, pragmatica e costruttiva di Taiwan all’UNFCCC.

La 25a sessione della Conferenza delle Parti (COP25) nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) avrà luogo a Santiago, in Cile, il prossimo mese di dicembre. I paesi partecipanti useranno l’evento per discutere le loro ambizioni per la realizzazione dell’Accordo di Parigi e i modi per migliorare il loro impegno per l’azione per il clima, migliorando i loro Contributi Determinati a Livello Nazionale (NDC).

Vivendo in uno stato insulare che ha già risentito dell’impatto dei cambiamenti climatici, il popolo di Taiwan si preoccupa profondamente dell’ambiente e comprende che il mondo in cui viviamo è una risorsa comune condivisa con tutti gli altri popoli del mondo. Basandosi sull’Accordo di Parigi e guardando all’era post-2050, Taiwan ha incoraggiato attivamente al suo interno tutte le parti interessate a intraprendere azioni sul clima, riducendo le emissioni di carbonio e rafforzando il nostro impegno a sostenere i paesi in via di sviluppo con ogni mezzo possibile.

IRAN E MEDIO ORIENTE

Erdogan e Pence concordano su una tregua lungo il confine turco-siriano
Il 17 ottobre, dopo un incontro di un’ora, il Presidente Erdogan e il Vicepresidente Pence hanno annunciato un cessate il fuoco nel nord della Siria. La Turchia ha deciso di sospendere l’invasione fino a martedì 22 ottobre, per consentire agli alleati curdi di ritirarsi dalla zona sicura della regione di confine e per attendere che Erdogan si incontri con Putin, proprio martedì. Gli Stati Uniti hanno concordato di non attuare nuove sanzioni e di porre fine alle sanzioni in corso se il cessate il fuoco verrà rispettato.

Su questo incontro si è espresso Giulio Terzi i Sant’Agata, Presidente del Comitato Globale per lo Stato di Diritto, in un’intervista a Formiche.

Pompeo: l’ONU rinnovi l’embargo sulle armi contro l’Iran
Durante una visita in Israele il 18 ottobre, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve rinnovare l’embargo sulle armi contro l’Iran quando scadrà l’anno prossimo. Pompeo ha spiegato i rischi futuri se ciò non avverrà: “A causa di un accordo pieno di imperfezioni, l’embargo ONU sulla vendita di armi all’Iran scadrà tra un anno. Paesi come la Russia e la Cina saranno in grado di vendere armi sofisticate al regime iraniano, che sarà a sua volta libero di vendere armi a chiunque. Ciò scatenerà una nuova corsa agli armamenti in Medio Oriente”.

L’Iran invia un elenco di nomi agli Stati Uniti per uno scambio di prigionieri
Il Ministero degli Esteri iraniano ha inviato agli Stati Uniti un elenco di nomi come proposta di scambio di prigionieri, aprendo così un potenziale canale con Washington in controtendenza con le recenti crescenti tensioni. L’Iran non ha fornito dettagli sui nomi trasmessi, ma il Ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha detto che sperava di ricevere presto “buone notizie” sulla liberazione dello scienziato iraniano Masoud Soleimani. L’anno scorso le autorità federali statunitensi hanno arrestato Soleimani con l’accusa di aver violato le sanzioni commerciali cercando di portare materiale biologico in Iran. Zarif ha dichiarato di aver sollevato il problema il mese scorso durante la sua visita a New York per partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Il portavoce del ministero Abbas Mousavi ha dichiarato che la Repubblica islamica ha comunicato quali iraniani dovrebbero essere inclusi nello scambio suggerito con gli Stati Uniti e altre nazioni occidentali. L’Iran detiene diversi cittadini americani e non ha precisato chi potrebbe ottenere la liberazione. “Abbiamo consegnato un elenco di nomi agli Stati Uniti che devono essere liberati”, ha detto Mousavi, in un briefing con i giornalisti. “Speriamo che questo impegno, unito alla buona volontà, porti presto frutti.”

Hacker russi sfruttano un’operazione di spionaggio iraniano
Il governo americano e quello britannico hanno fatto sapere oggi 21 ottobre che un gruppo di hacker russi ha cavalcato un’operazione iraniana di spionaggio informatico per attaccare governi e organizzazioni in decine di paesi, passando quindi per iraniani.

Il gruppo russo, noto come Turla, è accusato dalle autorità estoni e ceche di operare per conto dei servizi segreti russi (FSB). Secondo membri dell’intelligence britannico, il gruppo ha usato strumenti e infrastrutture informatiche iraniani per hackerare con successo, negli ultimi 18 mesi, organizzazioni in circa 20 paesi soprattutto del Medio Oriente.

Per Paul Chichester, dell’intelligence britannico (GCHQ), l’operazione mostra che hacker sostenuti dallo stato stanno lavorando in uno “spazio molto affollato” e stanno sviluppando nuovi attacchi e metodi per coprire meglio. In una dichiarazione congiunta con la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti, il National Cyber ​​Security Center (GCHQ) ha sottolineato la necessità di sensibilizzare il settore su tali attività per neutralizzare simili attacchi in futuro. I governi di Russia e Iran hanno entrambi ripetutamente smentito le accuse occidentali sull’hacking.

Il comandante curdo Mazloum Abdi spiega la nuova alleanza russa
Il comandante in capo dei curdi, Mazloum Abdi, in una lettera a Foreign Policy spiega con estrema chiarezza ed efficacia perché le sue forze sono ormai pronte a collaborare con Assad e Putin.

Il mondo ha sentito parlare per la prima volta di noi, le Forze Democratiche Siriane (FDS), nel caos della guerra civile nel nostro paese. Io sono il comandante in capo. L’FDS ha 70.000 soldati che hanno combattuto contro l’estremismo jihadista, l’odio etnico e l’oppressione delle donne dal 2015. Sono diventati una forza di combattimento molto disciplinata e professionale. Non hanno mai sparato un solo proiettile contro la Turchia. I soldati e gli ufficiali statunitensi ora ci conoscono bene e lodano sempre la nostra efficacia e abilità.

Ho sempre detto ai nostri soldati, questa guerra è nostra! I terroristi jihadisti dello Stato Islamico sono arrivati in Siria da tutto il mondo. Noi siamo quelli che dovrebbero combatterli, perché hanno occupato le nostre terre, saccheggiato i nostri villaggi, ucciso i nostri bambini e ridotto in schiavitù le nostre donne.

Abbiamo perso 11.000 soldati, tra cui alcuni dei nostri migliori combattenti e comandanti, per salvare il nostro popolo da questo grave pericolo. Ho sempre spiegato alle nostre truppe che gli americani e le altre forze alleate sono nostri partner, e quindi dobbiamo assicurarci che non vengano colpiti. Continua a leggere qui.

Maggioranza degli iraniani favorevoli al ritiro dall’accordo nucleare
Secondo un sondaggio condotto dal Center for International and Security Studies e IranPoll, pubblicato il 16 ottobre, circa il 59% degli iraniani è favorevole al ritiro del paese dall’accordo nucleare del Piano d’azione globale congiunto (JCPOA).

La ricerca mostra che il JCPOA ottiene sempre meno consensi tra la popolazione iraniana, e ciò aumenta il rischio che Teheran decida di uscire dall’accordo. L’esito del sondaggio è stato annunciato proprio quando un legislatore iraniano ha affermato che il governo potrebbe ridurre l’accesso all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica per le ispezioni nucleari o sospendere il protocollo aggiuntivo provvisorio del JCPOA durante la cosiddetta quarta fase decisa da Teheran nell’ambito della riduzione degli impegni presi con l’accordo.

L’Iran continua a vendere petrolio “e il nemico non sa come”
Il capo gabinetto del Presidente Hassan Rouhani, Mahmoud Vaezi, ha dichiarato il 17 ottobre in un discorso a Garmsar, a sud-est della capitale Teheran, che l’Iran è ancora in grado di vendere petrolio senza che nessuno sappia come: “I nostri nemici cercano di impedirci di vendere petrolio, e invece continuiamo a venderlo senza che sappiano come facciamo”.

Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni sulle esportazioni di petrolio dell’Iran a maggio e le società di localizzazione delle petroliere hanno riferito che, negli ultimi mesi, le spedizioni di petrolio sono scese di 300.000 barili al giorno. Prima delle sanzioni, l’Iran ne esportava circa due milioni. La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno affermato che il PIL iraniano diminuirà di oltre il 9% quest’anno, principalmente a causa delle sanzioni statunitensi.

Tuttavia, il governo iraniano dice ai cittadini che la situazione è relativamente stabile e che le sanzioni petrolifere non sono efficaci. Vaezi ha dichiarato che “la classe medio-bassa
ha qualche problema economica, ma sono difficoltà meno gravi di quanto non avesse previsto il nemico”
e ha aggiunto che l’Iran è più potente di prima perché “i leader di molti paesi hanno incontrato il Presidente Rouhani alle Nazioni Unite a settembre per il rispetto che hanno per l’Iran”.

Atefeh Rangriz, attivista per i diritti dei lavoratori inizia lo sciopero della fame
La prigioniera politica Atefeh Rangriz, incarcerata dal primo maggio scorso, quando partecipò ad una manifestazione a Teheran in occasione della Giornata internazionale del lavoro, ha annunciato l’inizio di uno sciopero della fame per attirare l’attenzione contro il processo illegale che sta subendo. Infatti, Rangriz ha fatto sapere che il giudice Mohammad Moqisseh non solo ha aumentato la cauzione fino a circa 470.000 dollari, ma si è rifiutato di liberarla nonostante avesse presentato l’ammontare richiesto.

Giornalista russa rilasciata dopo un controverso arresto a Teheran
“Nessuno immagina quanto amassi l’Iran, ma non tornerò mai più”, dice Yulia Yuzik, giornalista russa arrestata il 2 ottobre poco dopo essere arrivata in Iran. Gli agenti dell’intelligence del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica hanno fatto irruzione nella stanza dell’albergo a Teheran dove alloggiava e l’hanno portata via. Le è stato concesso solo un minuto per parlare con la sua famiglia. Una telefonata dalla cella per dire che il processo era fissato il 5 ottobre. A Radio Farda, Yuzik ha raccontato che è intervenuto il presidente russo personalmente, aprendo così la strada alla liberazione.

Yuzik era volata a Teheran su invito del suo ex datore di lavoro il 29 settembre, ha detto il portavoce dell’ambasciata di Mosca a Teheran, aggiungendo che l’ambasciata ha scoperto della sua detenzione solo il 4 ottobre. “Non abbiamo ricevuto nessuna notifica da le autorità locali”, ha detto. Il Ministero degli Esteri russo ha convocato l’ambasciatore iraniano subito dopo che Yuzik ha contattato i suoi parenti. Le autorità iraniane hanno negato che la Yuzik fosse accusata di spionaggio a favore di Israele, come inizialmente si pensava. “Yulia Yuzik è stata trattenuta per irregolarità nel suo visto. Il suo caso non aveva nulla a che fare con lo spionaggio”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri in una nota.

Arrestato per spionaggio un altro cittadino straniero in Iran
Da tre mesi, Roland Marchal, ricercatore francese presso l’Istituto di studi politici, è detenuto in Iran, così come la collega e amica Fariba Adelkhah, antropologa franco-iraniana presso l’International Research Center (CERI) Sciences Po. Arrestati a giugno dai Guardiani della Rivoluzione Islamica, lei nella sua abitazione e lui all’aeroporto di Dubai, sono entrambi accusati di spionaggio.

Il Ministero degli Esteri francese ha confermato l’arresto e la detenzione di Marchal e come nel caso di Fariba Adelkhah, si è mobilitato per ottenere la sua liberazione, condannando il comportamento delle autorità iraniane e chiedendo chiarimenti. “Abbiamo chiesto il nostro diritto di esercitare la protezione consolare in questi due casi. Il nostro console a Teheran ha potuto visitare Marchal diverse volte. Sta ricevendo assistenza legale”, si legge in un comunicato del Ministero del 16 ottobre.

Esplode la protesta in Libano
Dal 16 ottobre sono in corso in Libano grandi manifestazioni di piazza dovute al deteriorarsi delle condizioni socio-economiche del Paese. E’ stato convocato uno sciopero generale nazionale per chiedere riforme per sanare la crisi economica e combattere la corruzione. Le proteste sono esplose il 17 ottobre in risposta a una proposta di imposta sulle chiamate WhatsApp e altri servizi di messaggistica e proseguiranno nonostante la promessa di riforme formulata del Primo Ministro Saad Hariri e nonostante le dimissioni di alcuni ministri del suo governo.

Il gabinetto del Primo Ministro sta discutendo una riforma relativa al settore energetico. E’ uno dei punti contenuti nella lista di riforme concordate con gli altri rappresentanti politici che includono, tra l’altro, la riduzione del 50% dei salari di presidenti, ministri e parlamentari; u contributo alle banche di 3,3 miliardi di dollari per raggiungere un “deficit quasi zero” per il bilancio 2020; la privatizzazione del settore delle telecomunicazioni; la revisione del settore elettrico; l’istituzione di nuovi organi nazionali di regolamentazione e trasparenza.

Il Libano ha uno dei livelli più alti di debito pubblico al mondo. Con 86 miliardi di dollari circa equivale a oltre il 150% del prodotto interno lordo, la cui crescita è stata solo dello 0,2% nel 2018 ed è stimata a -0,2% nel 2019, secondo la Banca mondiale.

Nasrallah vuole un dialogo ufficiale con il regime di Assad
Il Segretario di Hezbollah, Hassan Nasrallah, incontrando il 15 ottobre il leader del movimento Marada, Sl’ex deputato leiman Franjieh, per affrontare temi regionali e nazionali, tra cui Iraq e Siria, ha ribadito il sostegno al ripristino dei legami ufficiali tra Siria e Libano. I due hanno sottolineato anche la necessità di un “dialogo diretto e ufficiale” con il governo siriano, alla luce dei vantaggi economici che si possono trarre grazie alla riapertura del valico di frontiera Al-Boukamal e il rimpatrio dei siriani rifugiati che vivono in Libano.

Nasrallah e Franjieh hanno auspicato uno sforzo maggior del governo “per aumentare le entrate e tagliare le spese, tenendo conto delle legittime richieste dei cittadini con il reddito più basso”. Hanno respinto qualsiasi ipotesi di aumento fiscale e hanno invitato il governo a “porre grande enfasi sulle entrate che le proprietà marittime possono generare e ad essere rigoroso nella lotta alla corruzione e allo spreco di fondi pubblici”.

Incontro tra Hezbollah e il Partito Socialista Progressista libanese
Il 15 ottobre esponenti di Hezbollah si sono incontrati con rappresentanti del Partito Socialista Progressista, composto principalmente da fedeli drusi, di Walid Joumblatt. La discussione si è incentrata sulla necessità di raggiungere un accordo per superare la situazione politica generale appesantita da una grave crisi economica, sociale e finanziaria in Libano. Le due parti hanno convenuto sull’idea di promuovere un’azione comune volta a stabilizzare la cooperazione nei settori governativo, parlamentare e sindacale.

Almeno 62 morti in un’esplosione in Afghanistan
Almeno 62 persone sono state uccise e decine ferite da una bomba esplosa durante le preghiere del venerdì in una moschea nella provincia orientale di Nangarhar, in Afghanistan. L’esplosione si è verificata il giorno dopo che le Nazioni Unite hanno dichiarato che il numero di morti civili nel paese ha raggiunto livelli senza precedenti in estate.

Secondo l’ONU infatti, sono 1174 i civili uccisi tra luglio e settembre. Il trimestre più sanguinoso da quando è stato avviato il programma di registrazione dei decessi da parte delle Nazioni Unite un decennio fa. Inoltre, una ricerca condotta dalla BBC, che ha tentato di documentare ogni decesso nel mese di agosto, ha rivelato che un quinto di tutti coloro che hanno perso la vita sono civili.

I talebani hanno negato di essere dietro l’attentato. Secondo le Nazioni Unite, sono forze antigovernative ad aver perpetrato la maggior parte degli attacchi che hanno provocato il maggior numero di morti. Si tratta di un cambiamento rispetto ai primi sei mesi dell’anno, quando le vittime erano causate più dalle forze afghane e statunitensi che dagli insorti. I dati delle Nazioni Unite, pubblicati il 17 ottobre, hanno anche rivelato che il 41% di tutti i morti uccisi da gennaio sono donne e bambini.

Il 92% dei bambini yemeniti nasce sottopeso
Secondo i dati sulla nutrizione infantile pubblicati il 15 ottobre dall’UNICEF, il 92% dei bambini in Yemen nasce sottopeso. E’ una cifra in netto contrasto con la media mondiale del 29% nello stesso periodo ti tempo tra il 2010-2018. Per l’UNICEF, a livello globale, un bambino su tre di età inferiore ai cinque anni è denutrito o sovrappeso. “Se i bambini mangiano male, vivono male”, ha detto il direttore esecutivo dell’UNICEF Henrietta Fore, aggiungendo: “Stiamo perdendo terreno nella lotta per diete sane”. Nonostante un significativo calo del fenomeno dell’arresto della crescita nei paesi poveri, 149 milioni di bambini sono ancora troppo piccoli per la loro età, originando una condizione clinica che compromette lo sviluppo del cervello e del corpo.

Le cifre relative all’arresto della crescita nei bambini in età prescolare in Yemen sono particolarmente gravi: sulla base dei dati raccolti tra il 2013-2018, ad esser colpito è il 46% di loro, rispetto al 22% a livello globale nello stesso periodo. Lo Yemen è un teatro di guerra dal marzo 2015, quando una coalizione a guida saudita a iniziato a contrastare i ribelli Houthi che si sono impadroniti della capitale Sanaa nel 2014. Secondo l’ONU è la peggiore crisi umanitaria al mondo. Il mese scorso, l’UNICEF ha anche rivelato che circa due milioni di bambini yemeniti non vanno a scuola e che quasi mezzo milione abbandonato lo studio da quando il conflitto si è intensificato.

FOTO DELLA SETTIMANA
Hong Kong, 16 ottobre 2019: i membri di opposizione contestano Carrie Lam al Consiglio Legislativo

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