N8 – 21/1/2019

N8 – 21/1/2019

PRIMO PIANO

L’Occidente, la Cina e quel doppiopesismo sui diritti umani violati
In una conversazione con Formiche.net, Giulio Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Esteri e Ambasciatore in Israele, negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite, critica “il diffuso doppiopesismo occidentale nei confronti della Cina” dopo la condanna a morte in Cina del cittadino canadese Robert Lloyd Schellenberg.

L’improvvisa e inaspettata condanna a morte di Schellenberg, accusato di essere un trafficante di droga, rappresenta “una ingiusta ritorsione per l’arresto della numero due di Huawei, Meng Wanzhou”, ma soprattutto mette in mostra “un Occidente che critica giustamente le violazioni dei diritti umani in giro per il mondo, ma che troppo spesso chiude un occhio nei confronti di quelle perpetrate da Pechino”. Perciò Giulio Terzi di Sant’Agata, Presidente del GCRL, spiega perché “è necessario che l’Occidente metta da parte i timori di ripercussioni economiche e sia fermo e unito nel criticare le inaccettabili minacce della Repubblica Popolare Cinese”.

Perché la Cina condanna un Canadese a tempo di record?
“È molto, molto raro che un tribunale cinese annunci una condanna a morte solo un’ora dopo la fine del processo”. Parlando con la Deutsche Welle, l’avvocato Zhang Dongshuo non nasconde la sorpresa dopo che il Tribunale Intermedio del Popolo di Dalian – città della Cina nord-orientale – ha condannato a morte per traffico di droga Robert Lloyd Schellenberg, un cittadino canadese di 36 anni.

Non è la prima volta che le autorità della Repubblica Popolare ordinano l’esecuzione di un cittadino straniero per reati di droga, ma la sentenza di morte contro Schellenberg ha tutta l’aria di essere una ritorsione dopo l’arresto in Canada all’inizio di dicembre di Meng Wanzhou: direttrice finanziaria di Huawei e figlia del fondatore del colosso tecnologico di Shenzhen. “Queste irragionevoli speculazioni sono un volgare vilipendio della legge della Repubblica Popolare”, tuonava il quotidiano cinese Global Times.

Il Rappresentante di Taiwan in Italia chiede a Xi Jinping di rispettare lo status quo
L’11 gennaio, incontrando alcuni giornalisti italiani per esporre la posizione del Paese dopo il discorso del Presidente cinese Xi Jinping del 2 gennaio scorso ai “compatrioti cinesi a Taiwan”, il Rappresentante di Taipei in Italia, l’Ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee, ha chiesto a Xi Jinping di rispettare lo status quo con Taiwan e ha invitato la comunità internazionale a sostenere Taipei. “Il governo della Repubblica di Cina (Taiwan) invita tutti i Paesi a mantenere relazioni normali e attive con Taiwan e a chiedere una risoluzione pacifica delle questioni in tutto lo Stretto di Taiwan ogni volta che se ne presenti l ‘opportunità”, ha detto l’Amb. Lee.

“Il rifiuto della Cina di rinunciare all’uso della forza contro Taiwan – ha aggiunto – ha un impatto negativo sulla pace e la stabilità nella regione Asia-Pacifico: negli ultimi anni la Cina ha costantemente accresciuto il suo potere militare, minacciando così i Paesi della regione. Ha anche inviato aerei militari e navi della marina per circondare Taiwan. Tali azioni violano il principio dell’uso di mezzi pacifici per risolvere le controversie internazionali come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite”.

DIRITTO ALLA CONOSCENZA

Messaggio di Giulio Terzi al 50° anniversario del sacrificio di Jan Palach
Ringraziando la Fondazione Einaudi per aver voluto essere a Praga nel cinquantesimo anniversario del sacrificio a Piazza San Venceslao a Praga, l’Amb. Terzi scrive:

La straordinaria forza ideale del martirio che Jan Palach ha – con immenso coraggio e determinazione – inflitto a sé stesso, dimostra il potere assoluto della non violenza nella lotta per la libertà contro la tirannide; del senso di umanità e di giustizia contro l’azzeramento della dignità umana; del diritto di un popolo a conoscere sempre la verità invece di subire la sistematica menzogna di un sistema corrotto.

Ancora pochi mesi prima del crollo del Muro di Berlino, sembrava dovessero passare altri decenni prima che la Storia rendesse giustizia al Martire di Piazza San Venceslao. Il 18 agosto 1988, nel ventennale dell’invasione della Cecoslovacchia, Marco Pannella dichiarava “(…) abbiamo manifestato in diverse zone del paese per affermare quei valori di libertà e democrazia che animarono la Primavera di Praga e che per noi non conoscono frontiere di sorta (…) abbiamo voluto dimostrare nella stessa piazza dove di consumò il sacrificio di Jan Palach; non solo per rendere omaggio alla sua memoria ma per far vivere le ragioni che animarono la sua vita e la sua lotta.”

Passo avanti del diritto alla conoscenza al Parlamento europeo
Il 17 gennaio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla relazione speciale del Mediatore europeo, Emily O’Reilly, in seguito all’indagine strategica sulla trasparenza delle discussioni legislative negli organi preparatori del Consiglio Ue avviata nel 2017.

Il Mediatore europeo aveva constatato che la mancanza di trasparenza del Consiglio per quanto riguarda l’accesso del pubblico ai suoi documenti legislativi nonché le sue attuali prassi in materia di trasparenza del processo decisionale, in particolare durante la fase preparatoria, costituiscono un caso di cattiva amministrazione.

Salviamo il diritto alla conoscenza, salviamo Radio Radicale: firma l’appello
Nel luglio 2015 il Partito Radicale ha lanciato un appello per prouovere il riconoscimento, anche in sede ONU, del diritto umano alla conoscenza. La battaglia è lunga e si colloca in un contesto nazionale, europeo e globale sempre più caotico, in cui le democrazie e i principi democratici sono esposti ad una grave e costante erosione. A ciò si somma il rischio di chiusura di Radio Radicale, che costituisce un’altra ragione che purtroppo si aggiunge alle tante importanti e urgenti già esistenti per sostenere il riconoscimento del tale diritto. Per questo ti invitiamo ancora a firmare e diffondere questo appello del Partito Radicale e del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella”, unendoti ai tanti cittadini, Comuni e Regioni che hanno già aderito.

IRAN E MEDIO ORIENTE

Le interferenze iraniane in Europa
Nell’indifferenza dell’informazione italiana, proseguono le problematiche internazionali e le provocazioni diplomatiche da parte dell’Iran nei confronti dei Paesi europei. Nel dicembre dello scorso anno l’ambasciatore iraniano in Albania fu espulso, assieme a un altro diplomatico di Teheran, per sospetta attività contro la sicurezza nazionale. La decisione fu presa dal premier albanese Edi Rama. I due diplomatici avrebbero approfittato della loro carica, usando l’ambasciata come un punto nevralgico, per organizzare attentati per conto dei Guardiani della Rivoluzione.

I rapporti fra Iran e Albania sono molto tesi da tempo. La scelta del governo albanese di Edi Rama di accogliere i membri del gruppo di opposizione iraniano, i Mujaheedin del Popolo (MEK), non è mai stata digerita da Teheran. L’Albania, come dimostrano le missioni internazionali del Partito Radicale in difesa dei rifugiati in fuga dall’Iran, ha aperto le porte ai dissidenti democratici iraniani in lotta contro il regime autocratico.

La Francia condanna il tentativo di lancio di un satellite iraniano
Il governo francese ha condannato il 16 gennaio il tentativo di lancio di un satellite iraniano e ha sollecitato l’interruzione di quei test balistici che non sono in linea con le risoluzioni dell’ONU. Per tutta risposta, il Presidente Rouhani ha detto che sono previsti nuovi lanci satellitari nei prossimi mesi.

Le potenze occidentali temono che la tecnologia balistica a lungo raggio utilizzata per mettere in orbita i satelliti possa essere utilizzata anche per il lancio di testate nucleari. L’Iran ha ripetutamente negato qualsiasi intenzione di sviluppare armi nucleari.

La portavoce del Ministero degli Esteri francese, Agnes von der Muhll, ha dichiarato: “Il programma balistico iraniano è fonte di preoccupazione per la comunità internazionale e la Francia. Chiediamo all’Iran di non procedere con nuovi test sui missili balistici progettati per trasportare anche armi nucleari, e sollecitiamo l’Iran a rispettare gli obblighi previsti da tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”.

“Impossibile fare affari”. Parola del principale esportatore iraniano
Il Presidente della Camera di commercio congiunta Iran-Cina, Asadollah Asgaroladi, uno degli uomini d’affari più influenti del paese, ha detto di aver sospeso da due mesi le esportazioni dall’Iran a causa di problemi di pagamento. “Dopo 64 anni di attività, per la prima volta ho dovuto sospendere le esportazioni”, ha detto Tasnim Asgaroladi durante un incontro con i membri della Camera di Commercio di Teheran il 15 gennaio.

Ha aggiunto che gli stranieri non riconoscono il nuovo sistema di pagamento conosciuto come NIMA (Integrated System for Hard Currency Transactions) impiegato per le merci acquistate da società iraniane. Gli ultimi dati doganali mostrano che le esportazioni di petrolio iraniano verso la Cina sono precipitate nel nono mese dell’attuale anno fiscale (20 novembre – 21 dicembre) a un terzo della media mensile per una cifra pari a 286 milioni di dollari.

Un diplomatico tedesco invita gli Iraniani a non peggiorare la situazione spiando
Il 17 gennaio un esperto diplomatico tedesco, Wolfgang Ischinger, ha dichiarato che l’Iran sta ostacolando il tentativo europeo di salvare l’accordo sul nucleare iraniano del 2015 se continuerà a portare avanti azioni simili a quella di una sospetta spia che coinvolge un membro dell’esercito tedesco e un altro tedesco-afgano arrestato il 15 gennaio per il medesimo sospetto.

“Il Ministero degli Esteri ha affrontato il caso in modo inequivocabile con il direttore dell’ambasciata iraniana il 15 gennaio e ha espresso seria preoccupazione per le attività di intelligence sospette”, ha detto una fonte del ministero. Ischinger, ex Ambasciatore tedesco a Washington, ha condannato le azioni dell’Iran, ma ha detto che è illusorio pensare che l’Iran o altri governi avrebbero frenato le attività di spionaggio, anche se c’era un accordo formale che riguardava tali azioni. “Gli Iraniani dovrebbero essere consci del fatto che si stanno scavando la fossa da soli perché stanno facendo deteriorare l’atmosfera politica attorno al piano congiunto globale”, ha aggiunto.

Dal 15 al 17 febbraio si terrà a Monaco una Conferenza mondiale sulla sicurezza alla quale parteciperanno oltre 100 tra capi di stato e altri leader mondiali. Tra questi vi saranno il Ministro degli Esteri iraniano Jawad Zarif, il Cancelliere tedesco Angela Merkel, il Presidente francese Emmanuel Macron e quello egiziano Abdel Fattah al-Sisi, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo e il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

Human Rights Watch denuncia nuove violazioni da parte dell’Iran
Nel rapporto sui diritti umani del 2019, Human Rights Watch (HRW) accusa il regime di Teheran di nuove violazioni dei diritti umani legate soprattutto all’ondata di arresti arbitrari compiuti nel corso del 2018 a partire dagli ultimi due mesi del 2017. Tra gli arresti incriminati, quello di un folto gruppo di ambientalisti e donne che avevano manifestato contro l’hijab obbligatorio, note come le “Revolution Street Girls”.

HRW ha anche preso di mira l’apparato di sicurezza iraniano e il “sistema giudiziario repressivo e irresponsabile”. Entrambi costituiscono infatti gravi ostacoli alla protezione dei diritti umani. La direttrice esecutiva della Divisione Africa e Medio Oriente di HRW, Sarah Leah Whitson, ha affermato che i membri e i funzionari iraniani “addossano la colpa dei loro problemi al mondo (…) non vogliono guardarsi allo specchio” e si rifiutano di ammettere che l’oppressione sistematica aumenta il dissenso tra i cittadini iraniani.

L”Iran è stato criticato anche per aver pubblicato un elenco contenente i nomi di avvocati a cui i detenuti possono rivolgersi per seguire i loro casi e per aver rifiutato di indagare sulle morti sospette di 30 persone che hanno perso la vita a causa dell’eccessivo uso della forza.

Cittadina anglo-iraniana in sciopero della fame per tre giorni
Dopo oltre tre anni di detenzione in una prigione iraniana per accuse di spionaggio, e dopo che le era stata negata l’assistenza medica per dei grumi al seno, una donna anglo-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe ha effettuato uno sciopero della fame di tre giorni assieme a un’altra detenuta, la sig.ra Narges Mohammadi. Quest’ultima è incarcerata per le attività che conduceva come vice presidente del Defenders of Human Rights Centre.

Il marito, Richard Ratcliffe, ha parlato con l’Independent della situazione e della figlia con Nazanin che, all’epoca dell’arresto della madre aveva 22 mesi. Durante gli interrogatori, i membri della Guardia Rivoluzionaria le hanno offerto la liberazione in cambio di spiare il Regno Unito per l’Iran. Nazin non ha accettato e pochi giorni dopo ha iniziato lo sciopero della fame. In un incontro con il Ministro degli Esteri del Regno Unito, il sig. Ratcliffe ha chiesto di porre la questione all’attenzione internazionale investendo le Nazioni Unite.

Per l’Ambasciatore iraniano in GB la campagna per Nazin è “inutile”
Il 16 gennaio Hamid Baeidinejad, Ambasciatore iraniano nel Regno Unito, ha detto al marito di Nazanin Zaghari-Ratcliffe che la sua campagna per ottenere la sua liberazione della moglie incarcerata ridurrà la possibilità di liberazione. “Il modo in cui ha tentato di avviare un’iniziativa e rendere pubblico questo problema pubblico non è utile”, ha detto l’Ambasciatore, secondo il quale tutto ciò è solo fonte di stress per Nazanin.

“Se vuole essere d’aiuto, dovrebbe contribuire a calmare la situazione. Il modo in cui sta cercando di politicizzare e pubblicizzare la questione non è affatto utile e mette la donna in una situazione molto stressante. Sta solo rendendo il tutto più difficile”, ha aggiunto l’Amb. Baeidinejad.

Il marito, Richard Ratcliffe, ha subito replicato: “Praticamente ha addossato le responsabilità alla vittima. L’idea che un paese infligga una detenzione in base alle iniziative che prendono i familiari di un detenuto è qualcosa di incredibile. Sono diversi i cittadini iraniani con doppia cittadinanza detenuti in Iran e non c’è un modello uniforme tra chi rimane in silenzio e chi fa rumore. Continuerò a tenere mia moglie sotto i riflettori, come già annunciato ai Guardiani della Rivoluzione prima che parlassi pubblicamente”.

Distrutto l’ultimo tunnel scoperto tra Libano e Israele
L’esercito israeliano ha distrutto il più grande tunnel scavato da Hezbollah, dopo averlo localizzato sabato pomeriggio. Il Birg. Gen. Manelis ha detto che con l’ultima scoperta, “la minaccia posta dai tunnel è stata eliminata”. Il tunnel è lungo centinaia di metri e si addentra nel territorio israeliano per decine e decine di metri raggiunge decine di metri nel territorio israeliano. Contiene “ferrovie per trasportare equipaggiamenti, immondizia, scale per penetrare in Israele e impianti di illuminazione”.

Secondo il Gen. Manelis “devono essere piuttosto ingenti le risorse investite in questo tunnel” specificando sicuramente ci sono altri tunnel in costruzione a cui l’esercito israeliano risponderà costruendo a sua volta un muro al confine con fondamenta ancora più profonde. L’Ambasciatore libanese presso le Nazioni Unite, Amal Mudallali, ha presentato una denuncia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla costruzione del muro da parte di Israele.

L’Iran finanzia la costruzione di nuove abitazioni a Gaza
Il 17 gennaio Hamas ha reso nota l’assegnazione di 26 appartamenti finanziati dall’Iran nella Striscia di Gaza ad alcuni ex prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Agence France Presse ha riferito che gli appartamenti si trovano in un nuovo edificio nel sud di Gaza, a Khan Younes, e che le abitazioni sono state distribuite con una lotteria tra 125 ex prigionieri palestinesi.

Questo programma è il primo del suo genere e un secondo edificio sarà costruito a nord di Gaza, sempre con il sostegno del regime di Teheran, alleato nella Jihad islamica tramite la fornitura di denaro, armi e addestramento.

Incontro in Libano tra Al Fatah e Hezbollah
Il 17 gennaio il sito dell’Autorità Palestinese “Wafa” ha dato la notizia dell’incontro in Libano tra Azzam al-Ahmad, uno dei principali esponenti di Al Fatah e Naim Qassem, il numero due di Hezbollah. Oggetto della discussione era la necessità di contrastare i tentativi di porre fine al progetto nazionale palestinese da parte degli Stati Uniti ed Israele.

Poco dopo il riconoscimento, nel dicembre 2017, da parte del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di Gerusalemme come capitale di Israele e il conseguente inizio delle procedure di trasferimento dell’Ambasciata statunitense, il Presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas aveva dichiarato che i Palestinesi non avrebbero più partecipato ai negoziati per il processo di pace condotti dagli Americani e ha chiesto alle Nazioni Unite l’istituzione di un meccanismo multilaterale per sostituire tale leadership. Prossimamente, Abbas dovrebbe inoltre recarsi in Siria da dove manca dal 2011, quando scoppiò la guerra civile.

Russia e Libano discutono della ricostruzione della Siria
Il 16 gennaio il Ministro degli Esteri libanese provvisorio, Gebran Bassil, ha avuto una lunga conversazione telefonica con il suo omologo russo Sergei Lavrov. I due hanno discusso della sicurezza libanese, il rimpatrio dei rifugiati siriani attualmente in Libano e il ruolo del Libano nella ricostruzione della Siria. E’ emersa la necessità di proseguire con la ricerca di una soluzione politica, l’importanza di formare un gruppo di esperti che elabori la nuova Costituzione e la necessità di non collegare il ritorno a casa dei siriani sfollati a qualsiasi altra questione.

Parallelamente a ciò, l’agenzia pro-Hezbollah Al-Akhbar ha parlato dell’esistenza di un cablo confidenziale degli Stati Uniti all’Ambasciata in Libano in cui si evocano sanzioni per il Libano in caso di partecipazione alla ricostruzione siriana.

Il Libano ancora senza governo
Anche il Maggiore Generale Abbas Ibrahim, direttore della sicurezza generale del Libano, ha annunciato che non sarà più coinvolto nei colloqui di mediazione volti alla formazione del nuovo governo. Lo ha annunciato il 17 gennaio. Le elezioni legislative si sono tenute nel maggio 2018 e da allora non si è ancora superato lo stallo dovuto al blocco posto dai parlamentari sunniti pro-Hezbollah che hanno un peso significativo nel governo del Primo ministro Saad Hariri.

CAMBOGIA

L’UE reintroduce i dazi sulle importazioni da Cambogia e Myanmar
La Commissione europea ha ripristinato i dazi all’importazione di riso Indica dalla Cambogia e dal Myanmar. I dazi verranno progressivamente ridotti nei prossimi tre anni.

La richiesta di attivare le misure di salvaguardia commerciale era stata presentata il 4 luglio 2017 con una nota del Governo italiano dai ministri alle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo economico Carlo Calenda e dal Sottosegretario alle Politiche europee Sandro Gozi alla Commissione europea, alla quale era seguita nel febbraio 2018 una richiesta formale sostenuta da da altri sette paesi europei produttori di riso: Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Ungheria, Romania e Bulgaria. L’inchiesta della Commissione ha confermato il notevole aumento delle importazioni di riso dai due paesi del sud-est asiatico che ha determinato la crisi del settore risicolo europeo.

Inoltre, dopo l’audizione del 25 ottobre 2018 con Sam Rainsy e altri parlamentari cambogiani iscritti al Partito Radicale, il 22 gennaio la Commissione Esteri della Camera dei Deputati discuterà della situazione politica in Cambogia.

FOTO DELLA SETTIMANA

Praga, 16 gennaio 2019: migliaia di persone riunite in Piazza San Venceslao hanno celebrato il 50° aniversario del sacrificio di Jan Palach, lo studente immolatosi contro l’occupazione russa della Cecoslovacchia

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