N14 – 4/2/2019

N14 – 4/2/2019

PRIMO PIANO

L’operazione segreta di Facebook contro le leggi sulla privacy va oltre il lobbying
“Siamo ben oltre le attività di lobbying (…) La legge sta divenendo nemica del diritto alla conoscenza perché è sempre più oggetto di manipolazioni diffuse che emergono solamente nelle corti di giustizia”, ha commentato così l’Amb. Giulio Terzi, il 3 marzo a Radio Radicale in conversazione con Laura Harth, la rivelazione dell’azione globale segreta di Facebook contro la legislazione sulla privacy dei dati. Sottolineando l’importanza dell’iniziativa per il riconoscimento all’ONU del diritto alla conoscenza, promossa dal Partito Radicale e dal Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”, l’Amb. Terzi ha poi ricordato la preoccupazione per le prossime elezioni, a cominciare da quelle in maggio per il Parlamento europeo, in cui il rischio di intrusioni esterne cyber è altissimo. Rischio che il Presidente del Global Committee ha affrontato in questo recente Rapporto.

Alcuni documenti trapelati e visionati dall’Observer e da Computer Weekly, mostrano come l’azienda di Zuckerberg abbia promesso investimenti e incentivi a legislatori di tutto il mondo – tra cui l’ex cancelliere britannico, George Osborne – per convincerli a fare lobbying per conto di Facebook. I documenti rivelano una massiccia attività segreta per influenzare i legislatori di Regno Unito, Stati Uniti, Canada, India, Vietnam, Argentina, Brasile, Malesia e tutti i 28 stati dell’UE.

La documentazione dimostra una pressione sui politici di tutta Europa per combattere la legislazione GDPR sulla protezione dei dati personali giudicata da Facebook “eccessivamente restrittiva”. Sono emerse affermazioni straordinarie secondo le quali l’ex Primo ministro irlandese Enda Kenny si sarebbe prestato ad esercitare un’influenza significativa come Presidente di turno dell’UE, anche se tecnicamente avrebbe dovuto rimanere neutrale. Facebook ha anche minacciato di sottrarre gli investimenti da quei paesi che non avressero sostenuto o approvato leggi favorevoli all’azienda.

I documenti contengono inoltre un memo redatto dopo il summit di Davos nel 2013, che descrive la “grande relazione” con il Primo Ministro irlandese dell’epoca, una delle persone definite “amici di Facebook”. Il memo ha infiammato i difensori della protezione dei dati, che si lamentano da tempo per il rapporto “accomodante” del governo irlandese con l’azienda.

Emerge l’apprezzamento di Kenny per la decisione di Facebook di localizzare la sede a Dublino e l’impegno a lavorare per una nuova proposta di legge sulla protezione dei dati in Europa in vista della presidenza europea da parte dell’Irlanda. Grazie al Primo Ministro Kenny, Facebook ha “l’opportunità di influenzare le decisioni sulla direttiva europea sui dati”, si legge nei documenti.

Secondo John Naughton, professore a Cambridge e studioso dell’impatto che la tecnologia digitale ha sui sistemi democratici, la notizia è esplosiva perché rivela il “vassallaggio” dello Stato irlandese nei confronti delle grandi aziende tecnologiche.

Il diritto alla conoscenza è “fondamentale” secondo l’OSCE
Il 21 febbraio il rappresentante dell’OSCE per la Libertà dei Media, Harlem Désir, è intervenuto in una sessione dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE durante un dibattito sulle restrizioni legittime in tempi di emergenza. Nel suo intervento, Désir ha detto: “(…) il libero flusso di informazioni – anche su questioni che potrebbero aver portato allo stato attuale o presunto di emergenza – è fondamentale per il diritto alla conoscenza del pubblico, e per la trasparenza e la responsabilità di potenti organi statali, enti, agenzia e autorità, così come le entità del settore privato. Perché è il pubblico che esercita l’ultimo controllo sul governo e sui media che sono fondamentali nel garantire che il pubblico sia debitamente informato.”

Luce verde dal Canada per l’estradizione della direttrice finanziaria di Huawei
Il 2 marzo il governo canadese ha diramato un comunicato in cui si legge che “il Dipartimento di Giustizia del Canada ha dato l’autorizzazione ad avviare la procedura di estradizione per la sig.ra Meng Wanzhou”. Il 6 marzo Meng comparirà in un tribunale di Vancouver per fissare la data dell’udienza sull’estradizione negli Stati Uniti. La Cina ha subito reagito duramente tramite un portavoce del Ministero degli Esteri che ha dichiarato: “Pechino si oppone fermamente alla decisione del Canada di proseguire con ostinazione il cosiddetto ‘processo giudiziario’. E’ un grave incidente politico. Esortiamo di nuovo gli Stati Uniti a ritirare immediatamente il mandato di arresto e la richiesta di estradizione per la signora Meng Wanzhou e chiediamo alla parte canadese di rilasciare immediatamente la signora Meng Wanzhou garantendo il suo ritorno in Cina sana e salva”.

Nelle scorse settimane, la Cina ha arrestato due canadesi per motivi di sicurezza nazionale, mentre un terzo è stato rapidamente condannato a morte dopo che in precedenza era stato incarcerato solo per traffico di droga. Se l’estradizione sarà confermata nuove ritorsioni da parte cinese non sono da escludere.

Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei, è stata arrestata a Vancouver lo scorso dicembre. Da allora si trova agli arresti domiciliari. A fine gennaio, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accusato Meng e Huawei di aver cospirato per violare le sanzioni statunitensi contro l’Iran.

IRAN E MEDIO ORIENTE

Rapporto di UANI sui legami illeciti tra Iran e Corea del Nord
Il 27 febbraio UANI ha pubblicato un nuovo e dettagliatissimo Rapporto sulla cooperazione tra Iran e Corea del Nord in tema di proliferazione nucleare. Il documento dimostra la reale situazione sul campo e suggerisce ciò che gli Stati Uniti dovrebbero realizzare per affrontarla. Avendo come obiettivo il predominio regionale, per l’Iran la cooperazione strategica nello sviluppo di tecnologia nucleare e missilistica balistica con la Corea del Nord è una componente essenziale

Inolte, la relazione duratura tra i due paesi ostacola gli sforzi internazionali volti a contenere lo sviluppo nucleare dell’Iran e a porre fine al programma di armamenti nucleari della Corea del Nord. Non è un caso infatti che, dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo JCPOA e la reintroduzione di sanzioni sull’Iran, il Ministro degli Esteri nordcoreano abbia incontrato il Presidente Hassan Rouhani a Teheran.

La stretta collaborazione tra i programmi nucleari e missilistici iraniani e nordcoreani fa sì che ogni tentativo di contrastare le attività illecite di proliferazione dell’Iran debba anche interrompere il gasdotto tra Iran e Corea del Nord.

UANI dunque suggerisce ai legislatori statunitensi di considerare le seguenti misure per ridurre le capacità dell’Iran e della Corea del Nord di lavorare in tandem: promuovere una legislazione che fermi il gasdotto illecito tra Iran e Nord Corea; impedire qualsiasi sostegno dalla Corea del Nord all’Iran in tema di progettazione nucleare; interrompere le reti di approvvigionamento; imporre sanzioni secondarie alle banche cinesi.

Attacchi cyber contro i Parlamenti di Australia e Regno Unito
Secondo un Rapporto dell’agenzia di cyber-sicurezza Resecurity, con sede a Los Angeles, gli attacchi cyber avvenuti l’8 febbraio scorso contro il Parlamento australiano “fanno parte di una campagna di cyberespionaggio pluriennale” da parte di un gruppo di hacker sostenuto dall’Iran denominato “Iridium” che nel 2017 aveva colpito anche il Parlamento britannico.

“Attraverso attacchi massicci che hanno permesso di scoprire le password, gli hacker hanno ottenuto migliaia di documenti da entrambi i parlamenti contenenti nomi, indirizzi email, date di nascita e altre informazioni sui legislatori e il loro personale. Non crediamo che stiano cercando di influenzare le elezioni, ma siamo certi che stanno raccogliendo la cosiddetta intelligence strategica”, ha detto il Presidente di Resecurity, Charles Yoo.

L’ONU invita l’Iran a cessare le esecuzioni di minorenni
Nel suo ultimo rapporto presentato al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite il 27 febbraio, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, il pachistano Javaid Rehman, ha dedicato particolare attenzione all’impiego della pena di morte nella Repubblica Islamica. Rehman ha detto che l’Iran deve “urgentemente modificare la legislazione per proibire la messa a morte di persone che hanno commesso un reato quando avevano un’età inferiore ai 18 anni. E’ urgente modificare la legge per commutare tutte le condanne inflitte ai minori nel braccio della morte”.

Rivolgendosi direttamente alle alte autorità iraniane, Rehman ha chiesto loro di fornire all’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e al Relatore speciale un elenco di tutti i minori detenuti nel braccio della morte.

L’Iran minaccia USA, UE, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti
Il 19 febbraio, pochi giorni dopo un attentato che ha ucciso 27 membri delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, il comandante dell’organizzazione, il Generale Mohammad Ali Jafari, ha minacciato di vendicarsi contro l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti per l’attacco. A lui si è poi aggiunto il vice comandante dell’organizzazione, il Brigadier Generale Hossein Salami, che ha rinnovato le minacce di distruggere l’America, Israele e l’Arabia Saudita e ha giurato che Teheran “non deporrà mai le armi. La spada della nostra nazione è stata estratta dal fodero. I nostri nemici devono sapere che non li lasceremo mai. Il regime saudita non durerà”.

Salami ha parlato poi degli Stati Uniti come “angosciati” dalla loro stessa politica sull’accordo nucleare e sul tentativo di bloccare il programma missilistico. “Anche l’America è stata sconfitta. Il regime sionista sta lottando per sopravvivere mediante una guerra psicologica. I nostri nemici sono disperati. Sono impotenti”, ha dichiarato.

Respinte le dimissioni del Ministro degli Esteri iraniano
Il 25 febbraio il Ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha annunciato le sue dimissioni inaspettatamente attraverso Instagram. Il responsabile per la parte iraniana sull’accordo nucleare del 2015 ha dato l’annuncio con queste parole: “Ringrazio la generosità del caro e coraggioso popolo dell’Iran e delle autorità per gli ultimi 67 mesi. Mi scuso sinceramente per l’incapacità di continuare a svolgere la mia funzione e per tutte le carenze durante il mio servizio.” Tuttavia, il 27 febbraio, il Presidente Rouhani ha respinto le dimissioni dei Mohammad Zarif e i deu sono apparsi in televisioni sorridenti come se nulla fosse successo.

Per Ahmadinejad si stava meglio quando si stava peggio
Il 28 febbraio un sito ultra-conservatore gestito dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha pubblicato un’intervista con l’ex Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in cui ha afferamto che gli iraniani sono meno liberi sotto l’attuale governo dominato dai chierici di quanto non fossero quattro decenni fa durante il regno dello Shah Mohammad Reza Pahlavi.

“Benché l’establishment reagisca meno duramente contro i dissidenti, il terreno di scontro con il popolo si è comunque ampliato: voglio dire, confrontandolo con il passato, durante la monarchia costituzionale, la situazione in termini di libertà è molto peggiore oggi”, ha detto Ahmadinejad. Secondo l’ex Presidente, la Repubblica islamica è meno brutale nel trattare i prigionieri rispetto ad alcuni anni fa, ma ha stigmatizzato il fatto che il numero di persone incarcerate per aver criticato il regime sia aumentato.

“Le prigioni sono attualmente affollate dai critici dei capi dei tre rami del potere, della magistratura, del parlamento e dell’esecutivo”, ha aggiunto Ahmadinejad che da qualche tempoinvie lettere al Leader Supremo Khamenei evidenziando, tra l’altro, che “l’insoddisfazione pubblica nei confronti delle prestazioni del regime è seria ed estremamente alta” per cui occorrono riforme strutturali in istituzioni come il Consiglio dei guardiani e la magistratura, la creazione di una Corte costituzionale e il divieto per le forze armate di dedicarsi ad attività politiche ed economiche.

Hezbollah contro il governo britannico
Hezbollah non ha preso bene la decisione del governo britannico di inserire il gruppo nella black list delle organizzazioni terroristiche. Il gruppo libanese ha accusato il governo May di “servile obbedienza” agli Stati Uniti e ha ribadito che si tratta di un “movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana”, aggiungendo che la mossa britannica è un “insulto ai sentimenti, alle simpatie e alla volontà del popolo libanese che considera Hezbollah una grande forza politica e popolare”.

Hezbollah è già considerato un’organizzazione terroristica da Washington. Il gruppo controlla tre dei trenta ministeri del governo guidato dal Primo Ministro Saad al-Hariri, il più grande numero mai insediatosi. In Parlamento, Hezbollah e i suoi alleati politici controllano circa 70 dei 128 seggi, un duro colpo per i partiti libanesi che si oppongono al possesso di armi rivendicato e ostentato da Hezbollah.

Putin e Netanyahu a colloquio sul futuro siriano
Il 27 febbraio, durante una visita a Mosca in cui ha incontrato il Presidente Putin, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso di impedire all’Iran di assicurarsi una presenza duratura in Siria. Per Netanyahu è il primo viaggio a Mosca dopo l’abbattimento di un aereo da guerra russo da parte di forze siriane che stavano rispondendo a un attacco aereo israeliano. L’incidente ha provocato la morte di 15 membri dell’equipaggio russo e ha minacciato di compromettere i legami securitari tra Russia e Israele.

Vladimir Putin ha dichiarato che “è molto importante discutere della situazione nella regione e dei problemi di sicurezza”, aggiungendo che consultazioni di alto livello sono essenziali in considerazione della situazione in continua evoluzione.

Cosa pensano gli Israeliani dell’incriminazione del Primo Ministro Netanyahu
Secondo un sondaggio effettuato il primo marzo, e diffuso dal Times of Israel, oltre due terzi degli israeliani ritengono che Benjamin Netanyahu dovrebbe dimettersi se fosse incriminato per corruzione. Il sondaggio è stato condotto un giorno dopo che il procuratore generale Avichai Mandelblit ha annunciato l’intenzione di presentare un procedimento penale contro il Primo Ministro. Netanyahu potrebbe non essere in grado di formare una coalizione di governo dopo le elezioni del 9 aprile. E’ la prima volta nella storia di Israele che un Primo Ministro in carica deve affrontare accuse penali.

Il 36% degli israeliani ritiene che Netanyahu dovrebbe dimettersi subito. Il 32% pensa che dovrebbe dimettersi se verrà incriminato dopo il completamento della fase istruttoria. Per il 23% potrebbe continuare a essere Primo Ministro anche se formalmente accusato (una possibilità tecnicamente consentita dalla legge). L’8% non ha risposto.

Il sondaggio ha rilevato anche che il 42% degli israeliani ritiene che l’inchiesta sia nata da pressioni della sinistra e dei media per far cadere il governo di destra, mentre il 58% ha affermato che il Procuratore generale ha agito con professionalità.

Se si tenessero oggi le elezioni, i risultati vedrebbero il Likud ancora affermarsi come propria forza nel paese ottenendo circa 30 dei 120 seggi in Parlamento.

CAMBOGIA

Al Congresso statunitense una proposta per sospendere l’accordo commerciale preferenziale con la Cambogia
I membri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti Alan Lowenthal e Steve Chabot hanno presentano una proposta di legge per sospendere l’accordo commerciale preferenziale tra Stati Uniti e Cambogia. “Il regime di Hun Sen ha costantemente smantellato quella che poteva essere una fiorente democrazia del sudest asiatico”, ha detto il deputato Lowenthal, mentre il collega Chabot ha affermato che “Hun Sen ha minato la volontà del popolo, sovvertito la promessa di elezioni libere ed eque, e ha esercitato il potere con il pugno di ferro di un dittatore”. Il mese scorso, i senatori Ted Cruz e Chris Coons hanno introdotto un’identica proposta al Senato.

FOTO DELLA SETTIMANA
Bruxelles, 1 marzo 2019: Manifestazione della diaspora cambogiana e del Partito Radicale davanti alla Commissione europea a favore della sospensione dell’accordo commerciale preferenziale “EBA” tra UE e Cambogia

Leave a Reply