Norman Baker al Daily Mail: con la Cina non abbiamo altra scelta che rispondere

Norman Baker al Daily Mail: con la Cina non abbiamo altra scelta che rispondere

Questo è il modo per combattere Pechino: in pochi capiscono il disprezzo della Cina per il nostro modo di vivere e la determinazione a distruggerlo. In un articolo pubblicato il 1° giugno sul Daily Mail, l’ex Vice Ministro degli Interni britannico e membro onorario del Comitato Globale per lo Stato di Diritto Norman Baker, spiega che l’unica opzione possibile è rispondere.

Nei miei rapporti con la Cina, nel corso di molti anni, ho imparato qualcosa di innegabile: non rispettano le stesse regole degli altri paesi. Giocano sporco. Quando sono andato a Pechino, da Ministro dei Trasporti, sono stato avvertito dal Ministero degli Esteri di non prendere il mio telefono o il mio portatile perché si presumeva che, se l’avessi fatto, i cinesi avrebbero rubato tutte le informazioni dal dispositivo. Nella residenza dell’Ambasciatore britannico, ho rivolto all’ambasciatore una domanda sulla situazione politica. Mi ha accompagnato il giardino e, a bassa voce, mi ha riferito che la residenza era piena di spie e che sarei dovuto stare molto attento a quello che dicevo.

La stessa visita era strettamente controllata. Una richiesta di viaggio in Tibet fu bruscamente rifiutata e per la riunione ufficiale per concordare un documento sulla cooperazione nel settore dei trasporti fu approntata una coreografia da far invidia “Strictly Come Dancing” . Questo includeva, proprio come ai tempi dell’imperatore, una fila di funzionari cinesi seduti ad angolo retto rispetto al Ministro in ordine gerarchico, nessuno dei quali disse una parola. Non era comunque una semplice pantomima. Era tutto tremendamente serio. Il regime comunista cinese non ha tempo per il dibattito, figuriamoci per le opinioni contrarie. La democrazia è disprezzata e deve essere sostituita con una forma naturale di governo.

Il Covid-19 non è l’unico contagio diffusosi in tutto il mondo dalla Cina. Pechino è occupata ad eliminare l’opposizione con un approccio crudele, comprese le critiche espresse in Gran Bretagna. Questo meschino, egoistico cinismo sta già cambiando il nostro modo di vivere ed è tempo che le democrazie occidentali, come la nostra, smettano di vedere rose e fiori e considerino il regime cinese per quello che è realmente. Dobbiamo unirci come un mondo libero per affrontare il pericolo prima che sia troppo tardi. A Hong Kong, dove la candela della democrazia, già affievolita, sta per essere spenta, tutto ciò è noto.

La settimana scorsa, l’Assemblea Nazionale del Popolo cinese ha fatto passare un carro armato sulle libertà promesse nel luglio 1997, quando la bandiera britannica fu ammainata per l’ultima volta e il territorio restituito alla Cina. Con i suoi 2.980 membri, l’Assemblea Nazionale del Popolo è presumibilmente il più grande organo parlamentare del mondo. Ma tutto il potere è nelle mani di un uomo: Xi Jinping.

Assomiglierà a Winnie the Pooh, ma è tutt’altro che adorabile, e migliaia di membri sono semplicemente una patetica collezione di robot. Possiamo essere certi un Paese così che invoca “il popolo” è uno in cui il popolo è ben lontano dalle leve del potere. Sono semplicemente lì per servire la macchina. Oggi, il governo di Xi ha uno stato di sorveglianza che fa sembrare docile il George Orwell del 1984. Sono semplicemente lì per far funzionare la macchina.

Il governo di Xi ha una raggiunto uno stato di sorveglianza al cui confronto 1984 di George Orwell impallidisce. Sono stati raccolti e assemblati dati di centinaia di milioni di cittadini che vanno dalle cartelle cliniche agli ordini da asporto, dai sistemi di controllo delle nascite ai viaggi in treno. Le telecamere sono ovunque, soprattutto nelle regioni popolate da minoranze come gli uiguri e i tibetani; luoghi così pesantemente sorvegliati che sono visibili più check-point uno dietro dietro. Il quotidiano ufficiale, il Quotidiano del Popolo, ha affermato che la rete di sorveglianza dello Stato è ora “in grado di identificare uno qualsiasi degli 1,4 miliardi di cittadini cinesi in un solo secondo”. Quindi attenzione. E’ divenuta pratica comune sequestrare per 15 minuti i cellulari degli stranieri che atterrano in un aeroporto cinese, per copiare le informazioni personali e i contatti e installare un’app di sorveglianza segreta che estrae e-mail e messaggi.

Un nuovo sistema di credito sociale, che sarà implementato a partire da quest’anno, registrerà le azioni di ogni cittadino cinese e assegnerà e sottrarrà punti in base al comportamento che ci si aspetta da ognuno di loro. Anche un’azione innocua, attraversare fuori dalle strisce o i modo pericoloso genererà un avviso automatico e il cittadino perderà punti. Nella città meridionale di Shenzhen, un pedone un po’ distratto rischia di essere pubblicamente umiliato apparendo in tempo reale su schermi per strada, con tanto di nome, indirizzo e numero ID. Nel Tempio del Cielo di Pechino, il riconoscimento facciale viene utilizzato per controllare quanta carta igienica si può avere: 60 cm ciascuno, e se ne occorre di più, bisogna aspettare nove minuti.

Fino a poco tempo fa, sono stato Presidente della Tibet Society, il più antico gruppo di supporto del Tibet al mondo. Sono anche strettamente coinvolto con la comunità uigura. Il trattamento che il governo cinese infligge a queste minoranze all’interno dei loro confini equivale a un genocidio culturale – e non uso la frase alla leggera. Nella provincia nord-occidentale, nello Xinjiang, più di un milione di uiguri sono rinchiusi in campi di concentramento per il solo motivo di essere musulmani. Vengono costretti a imparare il mandarino, a lodare Xi Jinping e il Partito Comunista e a rinnegare la propria religione. Sono anche obbligati a bere alcol e mangiare carne di maiale. Secondo un rapporto del Congresso degli Stati Uniti, vengono inoltre inviati a lavorare come schiavi in Cina nelle fabbriche che producono beni per aziende come la Coca-Cola, H&M, Adidas e Nike. Fuori dai campi di concentramento, le moschee vengono demolite e i bambini vengono sottratti, in tenera età, ai loro genitori in modo che possano essere educati come cittadini “buoni”.

In Tibet, un’innocua espressione di identità, come festeggiare il compleanno del Dalai Lama, può portare all’arresto, al carcere e alla tortura. Il regime comunista ateo ha persino decretato che i buddisti, tra cui naturalmente il Dalai Lama, non possono reincarnarsi senza il loro permesso. L’ultima umiliante intimidazione consiste nell’imporre degli “ospiti” alle famiglie tibetane. Ma questi “ospiti” provengono dalla maggioranza cinese del gruppo etnico Han, che si auto-invitano per rimanere e agire come spie all’interno della famiglia, dove possono fare il lavaggio del cervello ai bambini.

Mi sono recato all’ambasciata cinese a Londra per chiedere un approccio più umano nei confronti dei tibetani. È stato inutile. L’ambasciatore mi ha risposto che il Tibet è sempre fatto parte della Cina. Eppure, noi britannici sappiamo che è del tutto falso. A differenza di qualsiasi altro Paese, i nostri diplomatici erano presenti nel Tibet indipendente. Abbiamo firmato trattati con il Tibet di cui la Cina non era parte. Prima dell’invasione cinese, il Paese aveva una propria moneta, i propri francobolli, la propria politica estera e di difesa, il proprio governo. Ci siamo rifiutati di riconoscere la sovranità cinese, fino al 2008, cioè quando i Ministri laburisti idioti hanno ceduto. Ho chiesto loro cosa avessero ottenuto in cambio. La risposta è stata nulla. Speravano fosse un incentivo per Pechino ad essere più disponibile in futuro. Ma cinesi non hanno fatto altro che aprire la cassa, depositare la concessione, chiudere la cassa e continuare come sempre.

Non credo che la gente si renda conto di quanto ampia e profonda sia ora l’influenza cinese. Un anno fa circa Sono stato in Malesia, una ex colonia britannica. Ora sembra una colonia cinese. L’influenza di Pechino è ovunque. Quella di Londra e di Washington non si vede da nessuna parte. Forti di un’economia destinata a divenire presto la più grande del pianeta, i cinesi possono permettersi di comprare il silenzio di coloro che trovano sgradevole il regime. All’estero, sono autorizzati a comportarsi come una potenza coloniale del XIX secolo, privando i Paesi poveri di risorse naturali e assicurandosi un’influenza politica opprimente, spesso per pochissimo in cambio.

Sotto Xi, la Cina non ha remore a impegnarsi in attività informatiche per destabilizzare altri Paesi e rubare i loro segreti economico-finanziari. La loro capacità militare è aumentata enormemente e ora rappresenta una vera minaccia per i vicini. Con l’aiuto di Paesi corrotti, Pechino è riuscita a farsi nominare nel gruppo consultivo delle Nazioni Unite che seleziona esperti che indagano sulle violazioni dei diritti umani.

Che brutto scherzo. Questo è il Paese che spara sulla sua gente se osa manifestare, che invia ai parenti della vittima il conto da saldare per i proiettili usati per ucciderli. Quando i fatti accertati non sono comodi, Pechino li reinventa. Il virus delle bugie ha infettato le nostre università. Nei campus universitari del Regno Unito vi sono Istituti Confucio. Il governo cinese vuole farci credere che sono enti culturali innocui. Ho fatto un’analisi dettagliata delle loro attività e ho scoperto che nelle loro lezioni è vietato parlare delle tre T: Tibet, Taiwan e Tiananmen. Ho trovato mappe che indicano erroneamente Taiwan come parte della Cina. Ancor peggio, ho scoperto che alcune università che volevano attrarre fondi cinesi stavano cedendo alla pressione cinese, rimuovere per esempio le immagini del Dalai Lama.

Negli Stati Uniti, alcuni Istituti Confucio sono stati chiusi perché le loro attività sono ritenute incompatibili con i valori di uno Stato libero democratico. Ma non in Gran Bretagna, dove un’insidiosa autocensura permea il nostro governo. Le critiche sul terribile comportamento della Cina in materia di diritti umani sono quasi del tutto scomparse. I nostri Primi Ministri non incontrano più il Dalai Lama per non urtare il regime omicida.

Quando Tim Loughton ed io, all’epoca Ministri e sostenitori di lunga data del Tibet, siamo stati invitati ad incontrare privatamente il Dalai Lama, ci è stato chiesto dall’allora Primo Ministro David Cameron di non farlo, perché non avrebbe contribuito a creare buone relazioni con i cinesi. Tim, che era un buon Ministro per l’Infanzia, inviò una lettera di protesta al Primo Ministro e poco dopo fu licenziato.

I capi di accusa contro il governo cinese sono lunghi e sanguinosi – troppo lungi per essere elencati per intero. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare le massicce distruzioni ambientali in Tibet, le incursioni militari aggressive e minacciose della scorsa settimana nel territorio indiano, la costruzione di dighe che colpisce gravemente i flusso d’acqua, un’espansione territoriale aggressiva volta a rivendicare diritti su quasi tutto il Mar Cinese Meridionale, e una dichiarata intenzione di portare pienamente Taiwan sotto il controllo di Pechino, con la forza se necessario. C’è una dura lezione che noi in Gran Bretagna dobbiamo imparare, e in fretta: l’unica cosa per cui il governo cinese ha rispetto è la forza.

Ecco perché la loro strategia è quella di rafforzarsi indebolendo noi stessi e i Paesi come noi. Considerano le democrazie deboli, e coltiveranno solo disprezzo per il modo in cui la Gran Bretagna apre le porte della sua rete 5G a Huawei, o per il modo in cui condivide i suoi segreti nucleari con la China General Nuclear come previsto dagli accordi per rinnovare il nostro sistema energetico datato. Secondo voi un’azienda britannica ha mai ottenuto l’accesso privilegiato all’industria nucleare cinese? Quando è troppo, è troppo. La Cina è potente, troppo potente, ma il suo comportamento distruttivo può essere fermato.

In primo luogo, dobbiamo fare molto di più per proteggere le nostre infrastrutture nazionali, anche se ciò significa sostenere un costo più elevato per raggiungere questo obiettivo. La Cina non dovrebbe avvicinarsi minimamente alle nostre telecomunicazioni e alle nostre industrie nucleari.

Secondo, dobbiamo vietare alle imprese, alle università e agli istituti di ricerca del Regno Unito di fornire tecnologia alle imprese cinesi, che possiamo tranquillamente considerare agenti del regime comunista.

Terzo, dobbiamo collaborare con altri Paesi democratici per rimettere i diritti umani al centro dell’agenda internazionale, incluso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dovremmo agire per impedire ai Paesi che registrano spaventose violazioni dei diritti umani di sedere in qualsiasi organismo delle Nazioni Unite istituito per occuparsi dei diritti umani. Dobbiamo chiedere un’indagine indipendente sul comportamento cinese in Tibet e nello Xinjiang, dove vivono gli uiguri.

Quarto, dobbiamo adottare la nostra versione del Magnitsky Act americano, rivolta ai complici corrotti di Vladimir Putin. Questo ci permetterebbe di elencare i funzionari cinesi che hanno commesso o facilitato violazioni dei diritti umani, espellerli se si trovano nel Regno Unito, e sequestrare i loro beni.

Quinto, dobbiamo chiedere che i nostri diplomatici, i nostri giornalisti, e chiunque altro, siano liberi di muoversi in Cina, proprio come ogni cittadino cinese è libero visitare qualsiasi parte della Gran Bretagna. Fino a quando tale diritto non sarà previsto, il diritto dei diplomatici cinesi di fare altrettanto nel Regno Unito dovrebbe essere ridotto.

Sesto, dovremmo chiedere agli Istituti Confucio di operare secondo standard onesti e accettabili, pena la chiusura. Devono essere sottoposti ad una supervisione indipendente molto più rigorosa.

La Cina ci ha presentato un mix velenoso senza precedenti nella storia del mondo moderno; una nazione che disprezza i diritti umani, affamata di primeggiare a livello mondiale, sostenuta da capacità tecniche ineguagliabili e da una ricchezza insuperabile. Se lasciata incontrollata, il nostro modo di vivere verrà danneggiato irreparabilmente, ed è ciò che intende fare. Di recente abbiamo celebrato il 75° anniversario del Victory Day (Giornata della Vittoria nella Seconda Guerra Mondiale). Una delle lezioni tratte dagli anni ’30 è che quando emerge uno Stato emarginato, non può essere semplicemente ignorato passivamente. Deve essere sfidato, altrimenti l’inazione finisce per alimentare il mostro. È ora che il mondo democratico si unisca per opporsi al governo criminale di Pechino.

Norman Baker

Traduzione: Federica Donati

Leggi l’articolo originale sul sito del Daily Mail

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