Dichiarazione del prof. Luciano Floridi a sostegno del Diritto alla Conoscenza

Dichiarazione del prof. Luciano Floridi a sostegno del Diritto alla Conoscenza

Sono veramente lieto di sostenere il riconoscimento del diritto alla conoscenza. Come filosofo sono a favore di una maggiore conoscenza, una conoscenza migliore, quasi sempre. Vorrei spendere una parola sul quasi.

Se si pensa al diritto alla conoscenza come diritto esercitato da chiunque in qualsiasi momento, bisogna inoltre considerare che tale diritto alla conoscenza viene accompagnato da un giudizio morale su ciò che dovrebbe essere conosciuto. Abbiamo bisogno del diritto alla conoscenza perché ciò che dovrebbe essere conosciuto a volte non lo è. I politici, forse le imprese, forse un gruppo di persone di ogni tipo, potrebbero decidere che è meglio mantenere qualcosa di opaco, nascosto e sconosciuto. Ecco il perché diritto della conoscenza, per assicurarsi che non avvenga. Tuttavia, ci sono anche angoli del mondo protetti dalla privacy o dall’interesse pubblico. A volte alcune cose devono essere lasciate sconosciute. Quello che ho fatto ieri mattina sono probabilmente affari miei e nessuno dovrebbe avere il diritto di saperlo a meno che la polizia o un giudice non decidano che è di interesse pubblico. Quindi, il diritto di sapere è controbilanciato dal buon senso riguardo a ciò che dovrebbe essere conosciuto in una democrazia dignitosa, dalla privacy e dall’interesse pubblico.

Il secondo punto che vorrei sottolineare sul diritto alla conoscenza è che sarebbe meraviglioso se, in un mondo ideale, non avessimo bisogno di tale diritto. Immaginiamo di vivere in una città utopica dove tutto ciò che dovrebbe essere conosciuto è noto, qualsiasi informazione che dovrebbe circolare o essere disponibile e accessibile è in realtà lì, fruibile in maniera trasparente da chiunque. Ebbene, poiché non viviamo in una città di questo tipo e purtroppo la nostra democrazia è tutt’altro che perfetta, il diritto alla conoscenza deve essere implementato. Abbiamo in mente una sorta di contesto regolativo ideale in cui ciò che dovrebbe essere conosciuto è conosciuto e il diritto alla conoscenza non viene esercitato perché non necessario. Questo è il percorso da seguire in cui il diritto alla conoscenza sarà così ben implementato che non avrà più bisogno di essere forzato, richiesto o imposto da nessuno.

Per questo a volte dobbiamo essere realistici. Ognuno di noi, ogni cittadino vorrebbe avere il diritto di conoscere, come ho detto nei limiti di quanto consentito dalla privacy e dall’interesse pubblico, quando la privacy e l’interesse pubblico non sono usati come scuse. Il diritto alla conoscenza è la posizione predefinita, ma ne abbiamo il tempo? Abbiamo le capacità, l’energia, persino l’interesse, la capacità di perseguire il diritto alla conoscenza? A volte no, ma quello che vogliamo avere è la consapevolezza che qualcuno può farlo per noi. E così il diritto alla conoscenza è fondamentale anche perché essendo un diritto democratico da esercitare per tutti è esercitato in particolare da coloro la cui professione è conoscere: il giornalista, l’attivista politico, lo scienziato, lo studioso. Possiamo fare maggiormente affidamento su di loro, e lo possiamo fare più spesso se sappiamo che il diritto alla conoscenza è diffuso e le loro attività saranno sostenute e rafforzate dal loro diritto.

E, infine, un’ultima osservazione. Come filosofo, inevitabilmente, a volte tendo a indulgere all’auto-riflessione. È sempre facile puntare il dito contro altri paesi in cui il diritto alla conoscenza non è implementato, vengono in mente i soliti colpevoli. Ma per quanto riguarda noi? Noi in Gran Bretagna? Noi nell’Unione europea? Noi negli Stati Uniti? Nel mondo occidentale? Stiamo davvero implementando questo diritto alla conoscenza o, ad esempio, in questi giorni siamo piuttosto afflitti dal populismo, dalle fake news, da informazioni fuorvianti e polarizzate?

Vorrei sottolineare che un buon comportamento inizia dentro la propria casa. Se vogliamo avere il diritto alla conoscenza e mostrare la via ad altri paesi e altre culture, forse dovremmo dare l’esempio. L’attuazione del diritto alla conoscenza in Europa sarebbe un buon segno che intendiamo fare sul serio, che lo prendiamo in seria e giusta considerazione, che siamo i primi ad attuarlo. Allora potremmo chiedere ad altre persone di seguirci. L’Europa prima e gli altri seguiranno. Penso che quello sarebbe il tipo di Europa che vorrei vedere accadere in futuro, quella in cui il diritto alla conoscenza è di norma applicato.

Luciano Floridi
Professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione presso l’Università di Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab dell’Oxford Internet Institute

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