Il mondo civilizzato?

Il mondo civilizzato?

Una delle immagini più allarmanti e davvero deprimenti comparse l’ultima settimana è stata quella di uomini robusti e sgradevoli che, muniti di armi automatiche, assaltavano il palazzo del Campidoglio del Michigan per protestare contro le misure che il governatore ha giustamente introdotto per impedire la diffusione del coronavirus.

Perché erano armati così? Come europeo fatico a capire la mentalità americana legata alle armi, soprattutto in virtù del numero spaventoso di persone che ogni anno muoiono sotto i colpi di un’arma da fuoco negli Stati Uniti: oltre 35.000 morti e altri 75.000 feriti. Negli ultimi cinquant’anni, negli Stati Uniti, sono morte un milione e mezzo di persone a causa delle armi. Il bilancio annuale delle vittime di armi da fuoco in Gran Bretagna è di circa 50-60 all’anno, ovvero meno dello 0,2% della cifra statunitense.

Gli Stati Uniti sono un esempio estremo, ma non sono gli unici. Come razza umana siamo ossessionati dalle pistole e dalle armi in generale. Ci sono quasi un MILIARDO di pistole al mondo, un record mai registrato finora. Ogni anno vengono prodotti 12 MILIARDI di proiettili, quasi due per ogni persona sulla terra. E ogni anno circa 500.000 persone perdono la vita, centrate da una proiettile.

Tutto questo è folle e osceno. Mi viene in mente Gandhi che, rispondendo alla domanda di un altezzoso rappresentante britannico su cosa pensasse della civiltà occidentale, disse: “Penso che sarebbe una buona idea.”

Perché i problemi delle armi non sono quelli solo che riguardano qualche pazzo. È un problema endemico nella società. Ancora più deprimenti degli eventi in Michigan della scorsa settimana sono i contenuti emersi da un rapporto pubblicato dall’International Peace Research Institute di Stoccolma. Secondo tale rapporto, nel 2019 le spese militari a livello mondiale ammontano a 1917 MILIARDI di dollari. Cinque Paesi rappresentano il 62% della spesa totale: Stati Uniti, Cina, Russia, Arabia Saudita e India.

Pensiamo a cosa si potrebbe fare con quell’enorme somma per rendere il mondo un posto migliore. Nel 2017 la Banca Mondiale ha calcolato che con 150 miliardi di dollari all’anno si sarebbe stato possibile fornire acqua potabile e servizi igienico-sanitari universali, contribuendo a ridurre le malattie e i decessi infantili, e favorire al contempo la crescita economica. E’ un traguardo che si può ottenere impiegando meno dell’8% della spesa attuale per le armi. Fornire l’istruzione di base ai 57 milioni di bambini che non ce l’hanno costerebbe 53 miliardi di dollari all’anno (cifra del 2013), ovvero meno del 3% della spesa militare. E immaginiamo cosa si potrebbe fare con 50 miliardi di dollari per passare a un futuro verde neutralizzando i cambiamenti climatici o proteggendo le specie animali in pericolo che la razza umana sta spazzando via a un ritmo senza precedenti, molto al di sopra dei livelli di estinzione naturale.

C’è un vecchio detto cinico per cui la guerra è la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi, ma mentre è molto facile iniziare una guerra, è molto più difficile fermarla. Basta guardare il disastro in cui si trova oggi l’Iraq dopo l’attacco degli Stati Uniti e del Regno Unito nel 2003, un pericoloso calderone di instabilità in cui l’unico seme che cresce è il terrorismo. Sono orgoglioso di aver votato contro quell’immorale e stupido intervento militare, insieme a ogni singolo altro parlamentare del mio partito, i liberal-democratici.

Il fatto triste è che le guerre non sempre scoppiano a seguito di un fallimento della diplomazia; scoppiano perché i leader politici vedono un vantaggio politico nel perseguire un’opzione militare, o perché, e questo è particolarmente vero negli Stati Uniti, i produttori di armi hanno bisogno di tensioni internazionali per mantenere alte le vendite.

C’è un altro vecchio detto, questa volta idealistico degli anni ’60: immagina che qualcuno organizzi una guerra (come si fa con una festa) e non venga nessuno.

Abbiamo bisogno di politici con principi onesti che sappiano opporsi alla guerra, che dicano no alla violenza, che cerchino di rafforzare i nostri sistemi democratici e le Nazioni Unite. Purtroppo Marco Pannella non è più con noi, ma possiamo star certi che le idee da lui sostenute – nonviolenza, abolizione dell’energia nucleare, promozione di diritti civili come il diritto al divorzio, il diritto all’aborto e la legalizzazione della cannabis – sono rilevanti oggi come allora.

Dobbiamo lottare tutti per queste cause, per la giustizia, perché, ispirandosi ad un altro vecchio detto, perché il male trionfi basta che le persone buone non facciano nulla.

Norman Baker
Ex Sottosegretario agli Interni britannico

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