Intervento di Jianli Yang al XII Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia

Intervento di Jianli Yang al XII Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia

Perugia, 15 aprile 2018

La situazione dei diritti umani in Cina sotto Xi Jinping è la peggiore dopo la repressione di Tiananmen. In particolare, la situazione degli attivisti cinesi per i diritti umani ha iniziato a deteriorarsi drasticamente dal 2012, quando Xi Jinping ha preso il potere.

Xi Jinping è convinto che il Partito comunista cinese stia perdendo il controllo sul popolo cinese e sulla società cinese, e in particolare sul fronte ideologico, nonostante le numerose campagne politiche per il lavaggio del cervello al popolo cinese, soprattutto ai giovani; Xi Jinping ritiene che la sicurezza del regime sia in grave pericolo e che tutto ciò imponga al regime di adottare misure incessanti e dure per riconquistare il controllo.

Xi Jinping, più dei suoi predecessori, percepisce che le idee occidentali e la liberalizzazione borghese diffuse via internet hanno eroso le menti dei giovani, e che l’evoluzione pacifica delle forze reazionarie straniere è diventata una vera minaccia che ha messo a repentaglio il governo del Partito Comunista.

Perciò Xi Jinping ha preso una ferma posizione per opporsi risolutamente a qualsiasi ideale occidentale, come “i valori universali” e “la democrazia costituzionale” che, secondo lui, “si sono infiltrati prepotentemente in Cina per screditarne il percorso socialista”. Sotto il regime di Xi Jinping, il crescente senso di insicurezza del regime e dell’aumento dell’alienazione dalla sua ideologia e dalla politica tra i giovani cinesi sta spingendo il partito a mettere l’intera popolazione a una sorveglianza totale.

Spesso in passato, il regime cinese ha assunto una posizione di difesa contro i valori e le idee democratiche, ma oggi Xi Jinping ha attuato una guerra più offensiva basata su una grande strategia volta a sopprimere qualsiasi idea che devii dal pensiero del PCC. La recente repressione di Xi Jinping è diventata sempre più violenta per mantenere tutti i cittadini in linea con l’ideologia del regime.

Xi Jinping ha preso di mira i leader liberali, intellettuali e professori universitari del paese, poi ha dato la caccia agli avvocati per i diritti umani, che hanno subito retate, sparizioni, detenzioni, arresti, condanne, torture e talvolta persino uccisioni. Stanno aumentando gli attivisti morti in carcere o rilasciati per motivi di salute. La repressione colpisce anche i familiari degli attivisti. Inoltre, Xi Jinping ha lanciato una “campagna di pulizia dei contenuti” per rimuovere e bandire le informazioni che il regime ritiene “dannose”. Anche la repressione contro i gruppi minoritari si è intensificata. Oggi non c’è spazio per le voci dissenzienti o per le ONG di difesa dei diritti in Cina.

Mentre Xi Jinping sta implacabilmente reprimendo il dissenso in Cina, la sua offensiva si estende ben oltre i confini domestici. Il regime ha creato nuove norme internazionali promuovendo ciò che definisce “una comunità con un futuro condiviso per un’umanità fondata su valori socialisti” e sovvertendo al contempo gli sforzi delle Nazioni Unite volti a proteggere i diritti umani.

L’obiettivo è espandere il potere politico e il modello economico del regime. La crescente presenza globale e l’aggressiva espansione commerciale della Cina, ottenuta assicurandosi risorse naturali e mediante un rapido spiegamento militare, hanno implicazioni profondissime rispetto all’ordine mondiale del post guerra fredda.
Per esempio: la Cina ha acquistato 49 porti marittimi in 19 paesi di grande rilevanza geo-strategica, tra i quali Grecia, Myanmar, Israele, Gibuti, Marocco, Spagna, Italia, Belgio, Costa D’Avorio, Egitto ed altri paesi.

La Cina esporta la corruzione in tutto il mondo per aumentare la sua influenza politico-commerciale. Lo dimostra il caso dell’ex Ministro degli Interni di Hong-Kong, Patrick Ho Chi-ping, accusato di aver offerto tangenti per un valore di 2,9 milioni di dollari ad alcuni Capi di Stato e Ministri africani. Un tribunale federale degli Stati Uniti a New York lo ha accusato di corruzione ed è stato arrestato a gennaio.

La Cina si è profondamente infiltrata negli Stati Uniti per influenzare le politiche americane. Come ha rivelato lo scrittore investigativo Peter Schweizer nel suo nuovo libro, Secret Empires: How the American Political Class Hides Corruption and Enriches Family and Friends, la Cina sta guadagnando influenza sui legislatori americani finanziando direttamente e indirettamente migliaia di viaggi congressuali gratuiti in Cina usando le scappatoie legislative, una delle quali è l’esenzione dei viaggi di scambio culturale finanziati dall’estero, facendo sì che la supervisione dei viaggi di scambio per il personale del Congresso ricada in una burocratica terra di nessuno. Il regime spesso concede ai membri del Congresso e allo staff doni, cibi prelibati, divertimento e altro, durante il soggiorno in hotel di lusso.

Dagli anni ’90, la Cina sovvenziona segretamente campagne politiche statunitensi, forse in maniera ancor peggiore di quanto non abbia fatto la Russia.

Il regime cinese sta guadagnando influenza all’estero spiando il mondo. Lo dimostra l’ingente numero di dati raccolti globalmente tramite società cinesi e un’enorme rete di spionaggio. Il quotidiano francese Le Monde ha riferito che la Cina ha donato all’Unione Africana gli uffici della sede stessa nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba. Del dono fa parte anche la rete di computer, nella quale, presumibilmente, i cinesi avrebbero inserito una backdoor che permette di trasferire dati riservati.

La campagna globale di rapimenti da parte della Cina mostra anche la sua crescente influenza globale. Si tratta di un programma in atto da anni e condotto sotto l’etichetta dell’anti-corruzione. Il regime ha lanciato due programmi in codice, “Skynet” e “Fox Hunt”, che dovrebbero colpire i funzionari cinesi corrotti che vivono all’estero, ma che in realtà mira a rapire i cittadini cinesi non graditi al regime.

La commissione centrale sulla disciplina e l’ispezione del regime ha dichiarato di aver rimpatriato più di 3.000 persone da quando Xi Jinping è salito al potere alla fine del 2012. Nel 2016, la Skynet ha catturato e riportato in Cina 1.032 cinesi, tra cui 134 funzionari governativi e 19 persone raggiunte da una segnalazione da codice rosso dell’Interpol.

Al fine di rafforzare la sua influenza globale, la Cina ha attivamente cercato di imporre la sua leadership in molte organizzazioni internazionali. Ad esempio, politicizzando Interpol e usandola per rapire e rimpatriare i cittadini cinesi in nome della lotta alla corruzione e dell’antiterrorismo. In passato, la costituzione di Interpol enfatizzava il rispetto dei diritti umani e il principio di neutralità politica nelle azioni contro presunti terroristi, criminali e fuggitivi. Ma le decisioni politicizzate degli ultimi anni hanno gravemente danneggiato la sua credibilità.

Interpol sta aiutando i dittatori di Pechino a reprimere e perseguitare dissidenti politici e attivisti per i diritti umani attraverso l’emissione di segnalazioni da codice rosso, essenzialmente mandati di arresto internazionali. Da quando Xi è salito al potere nel 2012, l’Interpol ha emesso circa 200 “segnalazioni” all’anno su richiesta di Pechino, e molte di esse richieste dalla Cina sono “politicamente motivate“.

Nel novembre 2016, Meng Hongwei, un vice ministro della pubblica sicurezza cinese, noto per aver commesso alcune violazioni di diritti umani, è diventato il primo presidente cinese di Interpol, permettendo a Pechino di manipolare ulteriormente e abusare del sistema all’interno dell’organizzazione. Non esiste un giusto processo per gli appelli e la responsabilità, né procedure per impedire arresti illeciti ed estradizione.

Uno studio dell’ONG “Fair Trials” mostra che queste comunicazioni motivate politicamente hanno spesso prodotto la detenzione illegale di molte vittime innocenti, che sono a rischio di tortura e altri maltrattamenti. Le vittime di segnalazioni da codice rosso hanno perso il lavoro, i loro beni e i loro conti bancari, e subiscono il divieto di viaggiare, recando grande danno alla loro vita. Tuttavia, la Costituzione di Interpol proibisce qualsiasi intervento o attività di carattere “politico, militare, religioso o razziale”.

Se la comunità internazionale continua a consentire al regime cinese di usare Interpol come strumento repressivo, l’organizzazione perderà tutta la sua credibilità. Dobbiamo chiedere una riforma di questo sistema di avvisi rossi molto abusato e politicamente motivato. È necessario fornire prove credibili quando si richiede un avviso di questo tipo e deve esistere la possibilità di contestare l’avviso con un procedimento equo e accessibile.

Xi Jinping è diventato il leader più potente dopo Mao Zedong e il paese è caduto in uno dei momenti più oscuri e più espansivi della sua storia moderna.

Traduzione: Ilaria Saltarelli

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