IPAC PUBBLICA RAPPORTO SUL LAVORO FORZATO IN TIBET, CHIEDE AZIONI POLITICHE

IPAC PUBBLICA RAPPORTO SUL LAVORO FORZATO IN TIBET, CHIEDE AZIONI POLITICHE

 

 

Nuove prove suggeriscono che il Governo cinese stia implementando un sistema di lavoro forzato in stile Xinjiang anche in Tibet, una regione che fino ad ora non veniva associata a tali accuse. Il nuovo rapporto è stato rilasciato oggi dall’Alleanza Inter-Parlamentare sulla Cina (IPAC).

La ricerca, condotta dal Professor Adrian Zenz, uno dei massimi esperti mondiali sulla situazione delle minoranze nella Repubblica popolare cinese, rileva che:

  • Esiste un programma obbligatorio su vasta scala di “formazione professionale” e uno schema di trasferimento forzato delle forze di lavoro, che ha arruolato oltre mezzo milione di lavoratori nei primi sette mesi del 2020.
  • Il programma è supervisionato da una rigorosa gestione in stile militare e include l’indottrinamento forzato e la sorveglianza intrusiva dei partecipanti, con strette somiglianze con il sistema di formazione professionale coercitiva e il trasferimento forzato della forze di lavoro stabilito nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang.

In risposta a queste rivelazioni, i Parlamentari membri dell’IPAC hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che promette azioni politiche in ciascuna delle 18 legislature rappresentate dall’IPAC.

Tra le azioni elencate, il gruppo internazionale di Parlamentari chiede sanzioni mirate in stile Magnitsky contro i responsabili e che i rispettivi Governi rivedano i consigli sui rischi per le imprese che si riforniscono attualmente dal Tibet e da altre aree colpite da tali schemi per prevenire l’uso del lavoro forzato nelle catene di approvvigionamento.

Al momento di pubblicazione, la dichiarazione è stata sottoscritta da 58 Parlamentari che rappresentano 16 Paesi, tra cui l’ex leader del Partito conservatore del Regno Unito Sir Iain Duncan Smith, i Deputati europei Reinhard Bütikofer e Miriam Lexmann, l’ex Ministro della Difesa giapponese Gen Nakatani e il Senatore statunitense Marco Rubio.

In Italia la dichiarazione è stata sottoscritta dal Sen. Lucio Malan, Sen. Roberto Rampi, On. Alex Bazzaro, On. Matteo Luigi Bianchi, On. Enrico Borghi, On. Paolo Formentini, On. Roberto Giachetti, On. Alessandro Giglio Vigna, On. Eugenio Zoffili.

La dichiarazione (la cui versione integrale è disponibile QUI) sottolinea:

“Questo rapporto è l’ultimo di una serie crescente di prove che denunciano le gravi violazioni dei diritti umani in Tibet, dove da decenni la repressione delle libertà religiose, la persecuzione politica sistemica e l’assimilazione culturale forzata continuano a deteriorarsi.

A seguito della protesta globale sulla scia delle rivelazioni sui programmi di “formazione professionale” nella regione uigura, questo rapporto mostra come l’attuale leadership della Repubblica popolare cinese rimane ostinata nel suo rifiuto di rispettare gli standard fondamentali dei diritti umani e imperterrita dalle critiche dalla comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, in cui la Cina rivendica un ruolo di primo piano.”

Giovedì 1 ottobre, per denunciare le gravi violazioni decennali dei diritti umani all’interno del Tibet, in Xinjiang, in Mongolia meridionale e a Hong Kong, nonché la mancanza di libertà e diritti per tutta la popolazione cinese, proprio in occasione dell’anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese guidata dal Partito comunista cinese con la dichiarazione ufficiale di Mao Zedong, si terrà una conferenza stampa alla Camera dei Deputati. In contemporanea, la Comunità tibetana in Italia ha convocato una manifestazione a Milano, che si terrà dalle ore 11 alle ore 12 in Piazza Bonomelli.

Note:

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