Iran: Il labirinto dell’immaginazione

Iran: Il labirinto dell’immaginazione

Intervento di Giulio Terzi di Sant’Agata alla presentazione del libro di Maria Luisa Gaetani “Iran, il labirinto dell’immaginazione” presso la Biblioteca del Senato, a Roma, venerdì 17 maggio.

Sono decisamente più d’uno i motivi di gratitudine sincera per la Duchessa Maria Luisa Gaetani d’Aragona per avermi invitato a parlare del suo nuovo splendido libro “Iran, il labirinto dell’immaginazione”. Per riassumerli in uno solo, sono grato a Maria Luisa soprattutto per il profondo significato e per i contenuti che da anni sta dando alla “Diplomazia della Cultura” del nostro paese. Strumento importante, oggi come non mai.

L’Italia dovrebbe aver piena consapevolezza di essere una “potenza globale della cultura”; del “soft power” che ne deriva; di poter superare le sue timidezze quando è confrontata allo “sharper power” di paesi o regimi che sempre più asserviscono ai propri fini narrative e interpretazioni distorte della storia o del pensiero, in antitesi ai principi positivi sui quali si fondano i nostri diritti e le nostre libertà.

I viaggi narrati dalla Duchessa Gaetani privilegiano realtà complesse, proprio per questo ancor più ricche di fascino. Sono realtà animate da “forze profonde”, spesso però colte in modo frammentario, con ombre di analisi, e lacune di valutazione politica. E’ la profondità e che invece colpisce nella rappresentazione di un “Iran, labirinto dell’immaginazione”. Le immagini esposte nelle mostre e le riflessioni che l’Autrice ci consegna con i suoi libri formano – mi è parso evidente, ripercorrendo ancora una volta i suoi quattro ultimi lavori – un’unica narrativa, avvincente e colta, e al tempo stesso ispirata da valori forti, e da un pervasivo senso di umanità. Queste pubblicazioni sono l’esempio di come la sensibilità italiana riesca a cogliere, forse più di altre essendo ancorata a radici altrettanto profonde di quelle indiane, birmane, siriane e iraniane, valori positivi nella storia dell’umanità sui quali si sono prodigiosamente affermati pensiero, arte, la scienza, organizzazione politica, e progresso.

Nessuno può sorprendersi della passione e dell’impegno della Duchessa Gaetani nel contribuire, con i suoi lavori e il suo prestigio, alla “Diplomazia Culturale” del nostro Paese. La sua formazione, appartenenza, le straordinarie esperienze vissute con suo Padre, hanno certamente marcato la sua personalità di intellettuale, di artista e di scrittore. L’essenza stessa della nostra diplomazia è sempre stata la Cultura. Lo è stata per i suoi maggiori protagonisti, in primis l’Ambasciatore Massimo Magistrati. La Cultura quale vero, indiscutibile punto di forza, di attrazione, di influenza per l’Italia nel mondo.

Alla fine degli anni Sessanta, o giù di lì, non ero troppo… giovane per cogliere le occasioni di incontrare – nei miei primi anni a Roma – Diplomatici che durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, con enorme coraggio e determinazione si erano battuti – prima – per evitare il conflitto, e subito dopo per ricostruire credibilità, dignità, prestigio del Paese, per assicurare un posto di rilievo nella Comunità Atlantica, Europea, e globale delle Nazioni Unite. Alcuni di loro avevano preso parte alla Prima Guerra mondiale, come Massimo Magistrati e Renato Bova Scoppa che di lui era estimatore e amico, e resta per me l’indimenticabile “zio Renato” che accese in me ragazzo il mito della Carriera.

In questi mesi si sono svolti numerosi eventi per il Settantesimo Anniversario dell’Alleanza Atlantica. Tra il ’45 e il ’49 a nostra Diplomazia – e l’Ambasciatore Magistrati ne era voce autorevolissima – si era dovuta confrontare a questioni vitali, molto simili a quelle che affrontiamo oggi. Un filone sottilmente anti-americano, fondamentalmente provinciale della politica italiana, lavorava per tenerci nel limbo della neutralità, dell’agnosticismo relativista, nel grande confronto di idee, di passioni politiche, e di cultura tra est e ovest. Da diverse parti si ripropongono gli stessi dubbi. Ma aggravati da un “pensiero politico” sbiadito, dalla eccessiva semplicità di quanti ritengono che per ottenere un posto al tavolo delle Potenze si debba unicamente alzare la voce, magari senza cogliere il valore esistenziale per l’Italia del rapporto atlantico. In quel difficile dopoguerra si modificavano radicalmente, ponendo le basi del futuro processo di globalizzazione, i rapporti tra Nord e Sud del mondo, sull’onda di una impetuosa decolonizzazione e di una nuova cultura dello sviluppo e del dialogo. Non appaiono forse evidenti nell’opera di Maria Luisa i valori alti del pensiero e dell’identità europea che hanno caratterizzato la diplomazia italiana, e le personalità che l’hanno guidata in quegli anni?

La narrazione scritta e visiva di ciò che rappresenta la Persia, l’Iran, è posta in uno spazio fisico – tra mondo mediterraneo e asiatico – e in una dimensione storico-culturale fortemente marcata dall’impero Achemenide, anche se non solo di quell’epoca, ovviamente.

Come sottolinea l’Autrice, “il più grande e potente mai visto, che non fu solo anticipatore dei diritti umani, ma dimostrò saggezza e razionalità nel governo dell’impero.” Dividendo lo sterminato territorio in province, migliorando le comunicazioni – il servizio postale – innovando quello già efficiente, per quei tempi, dei predecessori assiri; promulgando leggi sulle libertà individuali, sul diritto dei sudditi a trasferirsi all’interno dell’impero, e i diritti di proprietà. Si trattava di enormi progressi che verranno ripresi dall’organizzazione politica e normativa dell’impero Romano.Così come altre straordinarie contaminazioni nella sfera religiosa, nell’arte, nella scienza sono descritte e ampiamente raffigurate nelle pagine di questo libro.

Colpisce molto chi sta seguendo, non senza ansie, la corsa dell’Italia verso la “Via della Seta” e la “One Belt One Road Initiative” proclamate dal Presidente Xi Jinping e codificate nel programma di influenza globale del Partito Comunista Cinese, la rievocazione della originaria natura della Via Della Seta: “punto d’incontro nel Medioevo di mercanti che venivano da Venezia e dalla Cina… E’ là che il commercio è stato regolato nei secoli dalla legge coranica: niente truffe, nessuna slealtà, la parola è sacra…Era naturale che la Via della Seta rappresentasse straordinarie occasioni di conoscenze e di esempi.. tanto da essere cantata da Hafez: fra i sereni abitanti e le liete radure uno zefiro fresco che dell’ambra ha il profumo. Vieni a Shiraz…”. E la Persia era al centro di “un’inedita, felice e produttiva esperienza di convivenza tra i popoli e vivifiche esperienze culturali… a differenza di quanto avverrà con la scoperta delle Americhe.” Una Via della Conoscenza, potremmo dire oggi, ben diversa dalla imposizione di un “modello unico” comunista.

Un’ultima osservazione non può che riguardare l’Iran che vorremmo. In Addio Burma, Maria Luisa ci aveva mostrato la contrapposizione tra l’umanità di tutti i giorni e le disumanità di un Governo repressivo. In Save Syria, descriveva e fotografava Aleppo ancora nel suo splendore, ma con la malinconica preveggenza della incombente catastrofe, a causa di un regime genocidario incoraggiato e sostenuto- guarda caso- da Teheran. E la sensibilità per quanto avveniva e ancora sta avvenendo in Siria e portava al coinvolgimento autorevole di Amnesty, la ritroviamo con grande soddisfazione nelle parole introduttive di Riccardo Noury al libro che oggi viene presentato. Ecco perché la “Diplomazia della Cultura” costituisce un contributo essenziale alla narrativa equilibrata, alla conoscenza della storia di ieri e di oggi, alla buona politica dell’accountability e della responsabilità, in un mondo troppo distratto dall’arretramento dello Stato di Diritto e dall’esuberante affermarsi di autocrati e dittatori.

Giulio Terzi di Sant’Agata

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