La Cambogia è l’anello più debole nella lotta globale al coronavirus

La Cambogia è l’anello più debole nella lotta globale al coronavirus

All’inizio del 1984, le autorità vietnamite, che avevano occupato la Cambogia dopo la caduta dei Khmer rossi nel 1979, decisero di costruire un muro per stabilire il confine tra la Cambogia e la Tailandia. Il reclutamento di civili per costruire il muro, noto come “Piano K5”, iniziò nel settembre 1984. La costruzione prevedeva lo sgombero di una striscia di terra larga circa quattro chilometri lungo il confine, lo scavo di trincee, la creazione di dighe, la costruzione di recinzioni di bambù fiancheggiate da filo spinato e campi minati, e la costruzione di una strada per il transito dei soldati.

Il primo gruppo di lavoratori fu decimato dalla malaria. Il governo accusò il maltempo e la scarsa igiene degli operai. Hun Sen, che divenne Primo Ministro della Cambogia nel 1985, ignorò i rischi, affermando che la malattia era facile da curare. Il numero di decessi da malaria durante la realizzazione del K5 fu stimato tra 25.000 e 30.000.

La natura chiusa e isolata della Cambogia negli anni ’80 ha fece sì che la tragedia attirasse poca attenzione a livello internazionale. Oggi, la Cambogia, ancora governata da Hun Sen, si trova ad affrontare un rischio per la salute pubblica, con implicazioni globali, a causa del coronavirus che si ritiene abbia avuto origine a Wuhan, in Cina.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che il coronavirus costituisce un’emergenza sanitaria globale e la risposta del governo cambogiano riecheggia quella data durante la costruzione del muro negli anni ’80. Hun Sen si è rifiutato di cancellare tutti i voli diretti tra la Cambogia e la Cina perché significa danneggiare l’economia del Paese, divenuto ormai sempre più dipendente dal turismo e dagli investimenti cinesi.

Nel frattempo, il Ministro della Salute Mam Bun Heng ha formulato l’originale ipotesi per cui la Cambogia è un Paese troppo caldo perché il coronavirus possa diffondersi. Peccato che il coronavirus non sia meno reattivo della malaria. Sopravvive e si diffonde a temperatura corporea umana, e ci sono alcuni casi di contagio già confermati in Tailandia, Vietnam, India, Filippine e in molti altri Paesi caldi, tra cui la Cambogia. Più di due milioni di cinesi hanno visitato la Cambogia nei primi 10 mesi del 2019. Mantenere i voli diretti dalla Cina significa condurre inutilmente i cambogiani alla morte. E’ anche probabile che i dati reali sulla diffusione del virus in Cambogia non verranno mai resi noti ufficialmente.

Le precauzioni di buon senso che devono essere prese con urgenza sono l’evacuazione dei cittadini cambogiani dalla Cina, così come dal Giappone e dal Myanmar, e il blocco dei voli diretti dalla Cina. La Cambogia dovrebbe fare come il Vietnam che ha sospeso il rilascio dei visti per i cinesi fino a quando la crisi non sarà chiaramente superata.

Il governo dovrebbe avviare urgentemente una campagna di informazione sulle misure di base necessarie ad evitare il contagio da coronavirus, così come raccomandato dall’OMS: lavarsi le mani con il sapone, coprirsi la bocca quando si tossisce, evitare mercati in aree nelle quali il virus si è diffuso e astenersi dal consumo di prodotti animali crudi o poco cotti.

Secondo l’OMS è ancora possibile interrompere il contagio, a condizione che i governi mettano in atto misure forti per rilevare, isolare e curare il virus. Il sistema sanitario nazionale cambogiano è talmente carente che Hun Sen ed altri membri del governo si recano regolarmente all’estero quando hanno bisogno di cure, così come la maggior parte dei cambogiani che possono permetterselo. Nel bilancio del 2019, il governo ha stanziato 455 milioni di euro per l’assistenza sanitaria, facendo registrare un calo di 30 milioni di euro rispetto al 2018. I pazienti hanno scoperto che i trattamenti nominalmente gratuiti dipendono in realtà dal portafoglio.

A differenza del K5, questa volta non sono solo i cambogiani ad essere in pericolo. Nella prima metà del 2019, oltre 3 milioni di turisti provenienti da tutto il mondo hanno visitato il Paese. Gli interventi del governo sono il vero rischio per la salute pubblica di tutta la regione del sud-est asiatico e del mondo.

La battaglia per affrontare l’emergenza sanitaria globale dichiarata dall’OMS rischia di essere forte quanto il suo anello più debole. L’inadeguato servizio sanitario, combinato con il disprezzo per le precauzioni più elementari rispetto al flusso di visitatori dalla Cina, rendono la Cambogia un evidente punto debole. La Tailandia, che pure continua a consentire voli dalla Cina, ha 35 casi confermati di coronavirus a partire dal 18 febbraio. La Cambogia ha ufficialmente un solo caso confermato. I governi stranieri e l’OMS, con cui il governo cambogiano è legalmente obbligato a condividere informazioni sul virus, devono monitorare attentamente la Cambogia, maneggiare con sano scetticismo le statistiche ufficiali e premere affinché il governo dia una risposta coerente.

Sam Rainsy

Leggi l’articolo originale in inglese sul sito di The Geopolitics

Traduzione: Federica Donati

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