La Cambogia sotto il dominio dalla Nuova Via della Seta cinese

La Cambogia sotto il dominio dalla Nuova Via della Seta cinese

Le ambizioni della Cina per il dominio del mondo sotto la presidenza di Xi Jinping sono ben note. Nel 2013 Xi Jinping, che punta al potere permanente, ha svelato il suo enorme progetto noto come la Nuova Via della Seta (o Belt and Road Initiative), che altro non è che il nuovo asse della conquista o penetrazione cinese in tutto il mondo, sotto le spoglie del commercio, di investimenti e di cooperazione economica.

Mediante la costruzione di una vasta rete di collegamenti terrestri e marittimi tra Cina, Europa e Africa, che attraversano Asia centrale, Russia, Medio Oriente e Mediterraneo, e persino estendendosi all’America Latina, Pechino sta mettendo in atto una strategia di sviluppo globale, reso possibile dall’enorme surplus commerciale della Cina con il resto del mondo.

Ovviamente, una simile strategia globale è al servizio degli interessi economici, politici e strategici cinesi. La Cina sta assumendo la posizione di leader mondiale, anzi di dominio mondiale. Sta definendo un nuovo ordine globale attraverso la promozione delle sue norme e standard. La vecchia Pax Americana, di cui rimangono solo tracce, sarà sostituita dalla Pax Sinica.

Grazie al maggior peso finanziario, ad una diplomazia aggressiva, ad investimenti predatori soprattutto nello sfruttamento delle risorse naturali e al suo metodo neo-coloniale, la Cina supera le potenze occidentali e altre potenze democratiche ed esporta la sua governance all’estero. L’approccio consiste nell’unire alla brutalità applicata nei confronti delle popolazioni locali, la generosità verso i leader corrotti nei paesi in cui investe, producendo rapidamente alleati, o meglio protetti, tra i paesi più poveri e più autoritari del mondo in via di sviluppo.

Una delle prime tappe della Nuova Via della Seta è la Cambogia di Hun Sen. Qui il dominio non è semplicemente economico. La Cina è diventata, di gran lunga, il più grande investitore e creditore della Cambogia, e questo ha creato una subordinazione politica e ideologica che si abbina all’obiettivo dei cinesi di rimodellare le relazioni sociali, il sistema politico e lo Stato.

Lo scorso 27 marzo il Khmer Times di Phnom Penh ha pubblicato un articolo molto importante intitolato: “Hun Sen risponde ad UE e Stati Unti sulla democrazia”. Dopo la deriva sempre più totalitaria e nonostante gli interventi europei e statunitensi affinché la Cambogia rispetti la democrazia e i diritti umani, il Primo ministro Hun Sen ha risposto alle critiche affermando che la Cambogia “ha le sue leggi”, che nel mondo occidentale “si mangia il pane, mentre qua si mangia riso”, e deprecando l’esistenza di “troppi standard nel mondo”.

Da un certo punto di vista, Hun Sen era semplicemente un dittatore che contestava i valori universali della democrazia e dei diritti umani. Questo vecchio ritornello, tuttavia, presenta nuove particolarità culturali perché contiene il tentativo di giustificare il potere cinese esercitato attraverso la Nuova Via della Seta.

Di fronte alle richieste di ripristino della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali dopo la dissoluzione del Partito di Salvezza Nazionale Cambogiano (CNRP), l’unico partito di opposizione che aveva una rappresentanza in parlamento, e dopo la repressione attuata contro la società civile e la stampa, Hun Sen ha dichiarato: “La Cambogia ha leggi proprie che garantiscono la democrazia e i diritti umani. Le vostre preoccupazioni non sono in linea con le nostre, e non è necessario che vengano contemplate dalle leggi cambogiane. La Cambogia ha leggi proprie diverse da altri paesi”.

Queste dichiarazioni di Hun Sen sono scioccanti perché gli Accordi di Pace di Parigi del 1991 prevedono per la Cambogia un “sistema di democrazia liberale e pluralista” basato sulla Dichiarazione Universale dei diritti umani.

Un paese povero come la Cambogia che si assume un debito estero eccessivo e sempre più dipendente dai contanti cinesi corre un pericolo reale. I soldi facili presi in prestito da un paese povero possono solo portare alla corruzione dei suoi leader, specialmente quando quei leader sono dittatori che non mostrano alcuna responsabilità nei confronti della popolazione. Sono dittatori corrotti sempre più coinvolti in una cattiva gestione irresponsabile. Peggio ancora, la corruzione derivante dai prestiti cinesi sta deformando le istituzioni, la politica e la società cambogiana. Il risultato è un deterioramento della governance che non fa altro che perpetuare la miseria della gente.

Il sostegno incondizionato di Pechino ai successivi dittatori cambogiani – Pol Pot ieri, Hun Sen oggi – mostra il cinismo della Cina nelle relazioni bilaterali per la conquista del dominio globale.

L’allineamento della Cambogia ad una Cina aggressiva ed espansionistica comporta pericoli per la pace e la sicurezza regionali. Dopo aver messo l’economia del suo paese in ginocchio, la corruzione e le politiche irrazionali, Hun Sen è sempre più dipendente dalla generosità cinese per evitare la bancarotta nazionale. E’ dunque costretto a cedere rapidamente alle richieste della Cina, che vuole installare nel paese strutture militari per assumere il controllo del Mar Cinese Meridionale.

L’asse Cina-Cambogia disturba l’equilibrio regionale e minaccia la sicurezza di altri paesi, in particolare i membri dell’ASEAN, la cui posizione è indebolita dalla complicità di Hun Sen con l’espansionismo cinese. Il conto che la Cambogia dovrà pagare per l’eccessiva dipendenza dalla Cina è ancora da calcolare.

Sam Rainsy

Leggi l’articolo originale su The Geopolitcs

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