La Cina continua a minare il sistema internazionale dei Diritti Umani

La Cina continua a minare il sistema internazionale dei Diritti Umani

Quello che segue è un estratto tradotto in italiano dell’articolo del 25 novembre 2018: “China deals another blow to the International Human Rights Framework at its UN Universal Periodic Review” di Andrea Worden per China Change.

Negli ultimi anni, il governo cinese ha costantemente promosso la sua propria versione dei diritti umani – “diritti umani con caratteristiche cinesi” – alle Nazioni Unite, inserendo il linguaggio del Partito Comunista Cinese (PCC) in varie risoluzioni dell’ONU con l’obiettivo di assumere un ruolo di leadership nella governance globale dei diritti umani. La terza Revisione Periodica Universale (UPR) della Cina al Consiglio per i Diritti Umani (CDU) il 6 novembre scorso ha fornito una piattaforma mondiale al Governo per presentare la sua formula della “via di sviluppo dei diritti umani con caratteristiche cinesi” su cinque fronti.

Durante una conferenza stampa a seguito della Revisione, il Vice-Ministro degli Esteri Zhang Jun ha affermato che la via proposta dalla Cina ha ricevuto il sostegno di oltre 120 paesi e che la formula adottata dalla Cina è “totalmente corretta”. Nel dare priorità al “diritto allo sviluppo” come diritto umano fondamentale, e lo scarto implicito dei principi fondamentali dell’universalità, dell’interdipendenza e dell’indivisibilità di tutti i diritti umani, la “via cinese” rappresenta una seria minaccia per il sistema internazionale dei diritti umani.

Sebbene le componenti chiave della via cinese non siano nuove, esse sono state ri-confezionate in un quadro ordinato che la Cina ha proclamato durante il suo UPR 2018. Prima della sua UPR del 2013, la Cina aveva dichiarato che stava “esplorando le vie per lo sviluppo dei diritti umani”. Oggi, nel 2018, la Cina ha chiaramente trovato la sua strada, descritta da Zhang Jun come “basata sulle condizioni nazionale, centrata sul popolo, orientata allo sviluppo, guidata dallo stato di diritto e spinta verso l’apertura”.

Durante il dialogo interattivo dell’UPR 2018 sul rapporto cinese, 150 delegazioni hanno rilasciato delle dichiarazioni e sono state fornite 346 raccomandazioni. Il Governo cinese fornirà la sua posizione sulle raccomandazioni alla 40a sessione del CDU nel marzo 2019. Il Vice Ministro agli Esteri Le Yucheng ha già anticipato alcune risposte alle raccomandazioni nelle sue osservazioni finali. Ha affermato che “un numero enorme di paesi ha pienamente riconosciuto gli sforzi e i risultati raggiunti dalla Cina nel promuovere e proteggere i diritti umani negli ultimi cinque anni”, e che la delegazione cinese ha sinceramente apprezzato “i molti commenti e le raccomandazioni costruttive”. In risposta a certi altri paesi, il Vice Ministro ha dichiarato: “Non accetteremo le accuse politicamente guidate da alcuni paesi; accuse piene di pregiudizi e in totale disprezzo dei fatti. Ancor meno riusciremo a intrattenere i tentativi di utilizzare i diritti umani come scusa per interferire negli affari interni della Cina o per minarne la sovranità e integrità territoriale.”

Nel suo Rapporto nazionale per l’UPR 2013, la sezione che espone la teoria del Governo cinese sui diritti umani è intitolata “Il concetto e sistema teorico dei diritti umani sotto il socialismo con caratteristiche cinesi”. Non vi era menzione dei “diritti umani con caratteristiche cinesi”. Come osservato sopra, il Governo affermava che stava “esplorando le vie per lo sviluppo dei diritti umani”.

Il Rapporto 2013 affermava inoltre che la Cina: “rispetta il principio dell’universalità dei diritti umani ed è del parere che tutti i paesi abbiano il dovere di adottare misure, continuamente commisurate alle loro condizioni nazionali, per promuovere e proteggere i diritti umani conformemente agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e allo spirito di base della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e agli strumenti internazionali pertinenti sui diritti umani.”

Ora, nel 2018, la Cina ha terminato la sua esplorazione e ha scoperto una via “tipicamente cinese”; una via che abbandona esplicitamente le norme internazionali sui diritti umani. La sezione pertinente del Rapporto 2018 è intitolata “Il concetto e sistema teorico dei diritti umani con caratteristiche cinesi”. Non vi è menzione del principio dell’universalità dei diritti umani. In effetti, la sola menzione di “universale” è negativa: “Non esiste una via universale per lo sviluppo dei diritti umani nel mondo”. Né vi è menzione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) o degli “strumenti internazionali pertinenti”.

L’Australia, prendendo atto di questi cambiamenti, in una domanda preliminare ha chiesto: “La Cina accetta ancora il principio dei diritti umani universali e, in caso negativo, può spiegare come la sua concezione dei diritti umani si inserisca nel regime internazionale dei diritti umani costruito proprio sul concetto di universalità? Può la Cina spiegare come ‘i diritti umani con caratteristiche cinesi’ differiscono dai diritti umani universali e, se non differiscono, perché desidera introdurre questa distinzione?”

Si tratta chiaramente di una via radicata nella Nuova Era di Xi Jinping. Non solo vengono eliminate le norme fondamentali dell’universalità e dell’interdipendenza dei diritti umani, il Governo cinese rinuncia anche a qualsiasi menzione delle teorie articolate dal predecessore di Xi, Hu Jintao. Mentre il Rapporto 2013 conteneva riferimenti alla “prospettiva scientifica sullo sviluppo” e alla “società armoniosa”, sono del tutto assenti dal Rapporto 2018.

Il Rapporto afferma: “La causa dei diritti umani deve essere promossa sulla base delle condizioni nazionali e dei bisogni della popolazione di quel paese, e non può essere definita sulla base di una singola autorità. Guidato dal pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era, la Cina attribuisce grande importanza alla promozione e alla protezione dei diritti umani, agendo sempre come difensore, praticante e promotore della causa della protezione dei diritti umani e seguendo sempre la strada dello sviluppo dei diritti umani con caratteristiche cinesi.”

La frase tradotta “sulla base di una singola autorità” è una rappresentazione curiosa della frase classica 定于一尊 (dingyuyizun). Il significato è più simile a “nessuna (strada di sviluppo dei diritti umani) dovrebbe essere considerata come l’unica scelta”, o superiore ad altre scelte. Nel suo Rapporto 2018, il Governo cinese sostiene, in effetti, che il quadro internazionale dei diritti umani non è che una scelta tra le altre, e che non dovrebbe essere considerata come una massima autorità. Qual è, quindi, l’autorità più alta o “il sistema giusto”?

Per lo sviluppo dei diritti umani in Cina, c’è un solo “percorso corretto” – ed è quello di Xi Jinping. Il Rapporto descrive i cinque fronti come la “via dello sviluppo dei diritti umani con caratteristiche cinesi” – una via che “prende le condizioni nazionali come fondamento”; “mette il popolo al centro”; “adotta lo sviluppo come priorità”; “considera lo stato di diritto come il criterio”; ed “è motivata dall’apertura”.

Lo sviluppo, e il diritto allo sviluppo, era al centro del dialogo interattivo dell’UPR, alternato dalle forti preoccupazioni sollevate da un numero minore di Stati sulla detenzione di massa delle minoranze musulmane nei “centri di formazione professionale” nello Xinjiang, e su una vasta gamma di altre violazioni dei diritti umani in Cina.

In risposta, e come ha fatto anche in passato, il Governo cinese ha apparentemente fatto leva sui suoi amici e beneficiari: l’UPR, il cui scopo è quello di rivedere gli obblighi dei diritti umani e l’effettiva situazione a riguardo su terreno dello Stato sotto esame è stato inondato da commenti e raccomandazioni di paesi che hanno elogiato lo sviluppo in Cina, chiedendo la Cina di condividere le migliori pratiche, esprimendo gratitudine per gli aiuti e chiedendone di più. Molti paesi in via di sviluppo e membri del cosiddetto Like-Minded Group (tra cui Russia, Siria, Cina, Cuba, Venezuela, ecc.), che decisamente non sono favorevoli ai diritti umani, hanno offerto delle raccomandazioni alla Cina come ad esempio:

Namibia: “Continua a condividere esperienze e migliori pratiche nell’implementazione del diritto allo sviluppo delle persone.”

Pakistan: “Continua a promuovere discussioni in seno al Consiglio Diritti Umani sul ruolo dello sviluppo nel promuovere e proteggere i diritti umani; Continua a promuovere l’iniziativa Belt and Road per aiutare altri paesi in via di sviluppo nei loro sforzi di sviluppo.”
E in una domanda preliminare alla Cina prima della revisione, il Pakistan ha dichiarato: “La Cina ha ottenuto risultati straordinari nell’attuazione del diritto allo sviluppo. Potrebbe condividere esperienze rilevanti.”

Repubblica democratica popolare del Laos: “Continua a comunicare con altri paesi in via di sviluppo sull’esperienza della governance statale, compresa la promozione e la protezione dei diritti umani.”

Nigeria: “Mantenga i suoi sforzi nella lotta globale contro il terrorismo e l’estremismo.”

Venezuela: “Continua a creare nuove tipi di relazioni internazionali che comprendano il rispetto reciproco, la correttezza, la giustizia, e una cooperazione vantaggiosa per tutti, costruendo una comunità con un futuro condiviso per gli esseri umani.”

Vale la pena notare che il Venezuela non sembrava aver del tutto compreso il lessico della Nuova Era, e la sua raccomandazione è infatti stata emendata nella bozza del rapporto per ragioni di correttezza politica. Il Venezuela non ha pronunciato lo slogan “win-win” del PCC durante la sua dichiarazione orale, descrivendo invece il futuro come un “futuro condiviso per gli esseri umani”, trascurando la “costruzione” di “una comunità”. L’interprete spagnolo-inglese ha usato la parola “forme” invece di “tipo” (nella formula “nuovo tipo di relazioni internazionali”) e “equità” invece di “correttezza”. Questi “errori” sono stati successivamente corretti, in quello che sembra essere un altro esempio dell’influenza della RPC all’ONU.

Questioni di denaro e OHCHR

Nel suo rapporto 2018, la RPC osserva che ha donato $ 100.000 al Relatore speciale per il Diritto allo Sviluppo, una nuova procedura speciale creata a settembre 2016. In primo luogo è sorprendente che un tale mandato sia stato creato visto il già esistente gruppo di lavoro sullo stesso tema, ma risulta essere un’altra mossa della RPC per promuovere lo sviluppo secondo i suoi parametri all’interno del Consiglio per i Diritti Umani, e di occupare più “spazio” e dedicare più risorse a questo diritto. Non sorprende che sia stato il Venezuela ad introdurre la Risoluzione istituendo il mandato a nome della Cina e il gruppo dei non-allineati; mozione adottata 34-2, con 11 astensioni. Il primo (e attuale) Relatore speciale, l’egiziano Saad Alfarargi, ha partecipato al primo Forum Sud-Sud sui Diritti Umani, tenutosi a Pechino nel dicembre 2017 su invito del Governo cinese. Durante l’UPR, il Vice-Ministro Le ha detto che la RPC inviterà il Presidente del gruppo di lavoro sul diritto allo sviluppo a visitare la Cina.

All’UPR del 2013, la RPC annunciò un aumento drammatico del suo finanziamento per l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), l’inviato speciale del MAE cinese, Wu Hailong, dichiarò che la Cina avrebbe incrementato la sua donazione annuale all’OHCHR da 50.000 a 800.000 dollari per i prossimi quattro anni. Durante la Revisione del 2018, il Vice Ministro Le ha annunciato che la Cina avrebbe (ancora) donato 800.000 dollari all’anno all’OHCHR per i prossimi cinque anni. Nel suo rapporto 2018, la RPC ha affermato che “mantiene contatti costruttivi con l’OHCHR, incoraggiandoli a svolgere le loro funzioni in modo obiettivo e imparziale e attribuendo importanza alle preoccupazioni dei paesi in via di sviluppo”.

Chiaramente il Governo cinese ha un’influenza presso l’OHCHR, che utilizza per schermare le sue politiche sui diritti umani dallo scrutinio, silenziando le voci critiche, e controllando l’accesso alle informazioni che preferisce mantenere nascoste. La portata dell’influenza della RPC e le tattiche e le leve diverse utilizzate per esercitarla attende che un giornalista investigativo ci si dedica, ma nel suo rapporto pionieristico sull’interferenza della Cina nei meccanismi dei diritti umani delle Nazioni Unite, Human Rights Watch fornisce diversi esempi di pressione cinese sull’OHCHR e sulle procedure speciali, citando un funzionario delle Nazioni Unite: “La Cina continua a perseguitarci, dicendoci: ‘Non farlo, non farlo’, o ‘Ti esortiamo a non farlo'”.

Una delle funzioni principali dell’OHCHR è quella di fornire supporto ai lavori del Consiglio Diritti Umani, compreso l’UPR, dove è tra le altre cose responsabile per la stesura della raccolta di informazioni ONU e del sommario delle informazioni degli stakeholder. Nel periodo precedente l’UPR 2018, l’OHCHR è stato coinvolto nelle macchinazioni che puntano all’interferenza della RPC nel lavoro dell’Ufficio. I dettagli dei contributi degli ONG che scomparivano e riapparivano sul sito dell’OHCHR, la scomparsa totale di contributi di gruppi che il Governo cinese considera particolarmente “fastidiosi”, e l’esclusione delle loro informazioni dalla sintesi delle parti interessati redatta dall’OHCHR, sono spiegati in una dichiarazione congiunta dalle ONG, che includono, tra gli altri, il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, Human Rights Watch, Uyghur Human Rights Project, World Uyghur Congress, Tibetan Centre for Human Rights and Democracy, Demosisto e l’International Service for Human Rights.

Le ONG hanno affermato che nonostante la correzione tardiva e parziale dell’OHCHR della maggior parte delle questioni (pochi giorni prima della Revisione), “rimangono molto preoccupate che la rimozione di queste relazioni dia ulteriore credito alle ben note preoccupazioni delle ONG sulla crescente influenza della Cina all’interno del sistema ONU per i diritti umani e il deliberato tentativo di silenziare le voci critiche”.

Si conferma in tutto questo il successo della Cina nel Consiglio Diritti Umani nel giugno 2017 con la Risoluzione dal titolo “Il contributo dello sviluppo al godimento di tutti i diritti umani”. La Cina continua a promuovere, e tenterà di espandere, l’importanza del diritto allo sviluppo e i diritti economici, mentre si sforzano allo stesso tempo di ridurre e indebolire l’applicazione dei diritti civili e politici. Durante l’UPR, il Governo cinese ha propagandato la sua via “corretta” dei diritti umani, dimostrando con la sua difesa depravata sui suoi “centri di formazione professionale” nello Xinjiang che non si preoccupa affatto dei diritti civili e politici o della verità. Nonostante le forti raccomandazioni dai paesi amici dei diritti umani, la Cina è stata comunque in grado di utilizzare il forum globale dell’UPR per far progredire ulteriormente la propaganda sullo “sviluppo prima di tutto”, a scapito dei diritti umani internazionali stabiliti.

Traduzione a cura di Laura Harth

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