L’Osce, la sicurezza internazionale e l’obiettivo della “pace perpetua”

L’Osce, la sicurezza internazionale e l’obiettivo della “pace perpetua”

di Domenico Letizia*

La sicurezza resta un principio cardine per tutti i cittadini che si muovono e agiscono nel tessuto sociale. La nostra epoca, definita da molti post-moderna, presenta mutevoli aspetti in continuo sviluppo. Agire politicamente nella diffusione dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario e garantire sicurezza significa essere consapevoli che il quadro in cui si gioca è un quadro transazionale, che non conosce barriere e confini.

In un simile contesto politico sociale sono in molti a comprendere l’azione delle organizzazioni non governative e delle organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani per contrastare le innumerevoli violazioni alla dignità umana, sia all’interno dei vari stati nazionali che in un ingranaggio globale. Nessun singolo Stato e nessuna ONG può affrontare singolarmente le sfide che la contemporaneità presenta. Ciò che può fare la differenza è la cooperazione tra tutte le organizzazioni che agiscono nel complesso politico sociale.

Il compito primario dell’OSCE è proprio quello di fare della cooperazione, attraverso il dialogo politico con le altre organizzazioni, il cardine di azione in base a valori e obiettivi comuni. La struttura dell’OSCE deve restare e rafforzarsi in flessibilità, per permettere una decisa cooperazione con differenti organizzazioni, continuare a confrontarsi con la NATO, il Consiglio d’Europa, le Nazioni Unite e le innumerevoli ONG, senza dimenticare che la dinamicità dell’attualità può mutare anche in breve tempo e quindi la forza di azione consiste nel sapere individuare la capacità organizzativa e la percezione delle minacce.

Educare all’osservanza del diritto internazionale umanitario e alle giurisprudenze internazionali è il centro degli sforzi dell’OSCE per contrastare le minacce e le tensioni a stabilità e sicurezza. Il mantenimento della sicurezza in tutta la ragione OSCE, e al di fuori di essa, consiste nel sostenere, monitorare e nell’indicare a Stati e organizzazioni il rafforzamento dei diritti fondamentali dell’uomo, del processo di democrazia e rafforzare lo Stato di diritto. Oggi, in molti elaborano una strategia di azione che punta alla transizione verso la democrazia per gli innumerevoli protagonisti statuali dello scacchiere internazionale. Si tratta di rafforzare lo Stato di Diritto contro la ragion di Stato.

Far fronte ai conflitti tra stati e all’interno di questi, far fronte alla criminalità internazionale, far fronte alle minacce collegate alle discriminazioni e all’intolleranza, far fronte alle minacce ambientali e far fronte alle minacce specifiche di ordine politico militare è la sfida che l’OSCE deve vincere. La cornice delle consultazioni che offre l’OSCE nell’avviare contatti con le organizzazioni competenti e le realtà statuali è lo strumento base per stabilire punti d’incontro e risoluzioni condivise.

L’OSCE è un luogo di dialogo politico e di ricerca di sicurezza che cura e previene l’insorgere delle instabilità, incoraggiando e sostenendo lo sviluppo di società inclusive, democratiche e tolleranti, capaci di affrontare attraverso la sinergia e la cooperazione, le problematiche emergenti. L’azione dell’OSCE nel canalizzare forza per la diffusione dei diritti umani e per la crescita dello Stato di Diritto è prerogativa fondamentale per la realizzazione del sogno della “pace perpetua” che Kant immaginava quando pensava al futuro dell’Europa e oltre i suoi confini. Per una stabilità politica europea non si possono ignorare le problematiche politiche presenti nella zona Mediterraneo.

I paesi europei formalmente si sono schierati a favore del Mediterraneo anche se l’Europa è impegnata a risolvere i propri problemi interni, riservando scarsa attenzione e limitate risorse economiche alla sponda Sud. Nell’incerta, complicata e complessa fase di metamorfosi del Mediterraneo, la stretta connessione tra diritti e sicurezza, tra progressiva integrazione e rispetto per le diversità, dovrà essere la bussola con cui orientare il sostegno europeo ai processi di transizione dei partner Mediterranei.

I contenuti del trattato di Helsinki restano una prerogativa per tutto il continente europeo. L’OSCE oggi, facendo tesoro dell’esperienza passata, potrebbe svolgere nel nuovo contesto del Mediterraneo un ruolo importante, mettere in pratica un approccio di lunga durata. L’essenza dell’Atto finale di Helsinki ha stabilito un legame inscindibile tra sicurezza atlantica, euro-asiatica e Mediterraneo, ribadendo la forte correlazione tra sicurezza, rispetto dello Stato di Diritto e affermazione dei diritti umani. Per allargare gli obiettivi intenti alla costruzione di una comune e sentita casa europea occorre coinvolgere i nuovi partner che si stanno affermando come attori internazionali, quali la Lega Araba e altre organizzazioni di cooperazione.

Il modello Helsinki, a quarant’anni di distanza, ha dimostrato tutta la sua validità. Un esempio positivo del processo duraturo di transizione verso la democrazia fu quello avvenuto in Europa Orientale, esempio che bisogna continuare ad elaborare e migliore per altre aree di intensa instabilità, quali i Balcani, l’Asia Centrale e il Caucaso. La consapevolezza dei mutamenti politico-sociali degli ultimi decenni ha riformulato la considerazione attuale del concetto di sicurezza. Attentanti, criminalità organizzata transnazionale, il non rispetto del diritto internazionale umanitario durante lo svolgersi dei conflitti, la problematica dei droni, sono tutte questioni che hanno modificato la percezione del concetto di “sicurezza”.

L’OSCE ha fatto suo un approccio in materia di sicurezza che possiamo definire “globale”, stabilendo un legame diretto ed esplicito tra il mantenimento della sicurezza e il rispetto dei diritti dell’uomo. Valori unitari che possono essere condivisi con i paesi del Mediterraneo sulla base di una organizzazione paritaria e su progetti concreti che tengono conto del rispetto del “rule of law”, affermare lo Stato di Diritto contro la Ragion di Stato.

Sono numerose le ONG che richiamano l’attenzione per la costituzione di politiche a forte ingerenza umanitaria. Il meccanismo della dimensione umana rappresenta un valore da tenere presente nei rapporti con i paesi euro-asiatici e del Mediterraneo e nel consentire all’Osce di svolgere un ruolo importante nella regione. Teoricamente, tali meccanismi permetterebbero una maggiore interazione, iniziative concrete finalizzate a temi di interesse comune, quali, ad esempio, le risposte a minacce e problematiche transnazionali. Si contribuirebbe, così, ad un miglioramento della sicurezza reciproca.

La Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre del 1948. Da allora i principi della Dichiarazione Universale sono divenuti il riferimento di tutte le organizzazioni che si battono per la tutela e la diffusione dei diritti umani. Diffondere i diritti umani significa anche farli conoscere ai popoli. L’azione dell’OSCE dovrebbe anche promuovere un dibattito sulla nascita di un nuovo diritto umano: il Diritto umano alla Conoscenza, da concretizzare attraverso risoluzioni e proposte pragmatiche.

Nella realtà delle nostre democrazie in cui la Ragion di Stato torna ad essere evidentemente praticata e ad essere la regola prevalente come sessant’anni fa, pensavamo di aver conquistato una condizione diversa. Dobbiamo essere attentissimi. La minaccia per il nostro continente europeo e per tutto il mondo nel quale cerchiamo di difendere la libertà è legata al potere e al prepotere del complesso militare industriale.

In quest’ottica, l’OSCE potrebbe essere un punto di riferimento proprio per il suo concetto di sicurezza e per il complesso di principi che caratterizzano la sua esperienza nel campo della sicurezza e della cooperazione politica. L’Unione Europea nel rispondere alle nuove realtà, deve sviluppare un approccio multilaterale coerente che permetta di superare i limiti del bilateralismo e fornisce alle parti la possibilità di confronto paritario anche attraverso strumenti come l’organizzazione di conferenze diplomatiche ad hoc, rimembrando che il punto focale di una buona riuscita resta la conoscenza, un sano e definitivo diritto alla conoscenza.

*Membro del Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino, componente del Comitato Centrale della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo e del Gruppo di Lavoro “Carcere e Diritti Umani” del Forum Nazionale dei Giovani

Leggi l’articolo originale sul Foreign Policy News

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