N6 – 7/1/2019

N6 – 7/1/2019

PRIMO PIANO

L’autogol di Xi Jinping su Taiwan
A fronte delle operazioni di “propaganda” nel mondo occidentale su una Cina pacifica, multilaterale e desiderosa di sostenere i liberi commerci, nel quadrante est-asiatico il regime comunista di Pechino continua a mostrare il suo vero volto autoritario, prepotente e deciso ad imporre le proprie finaltà ipernazionaliste con la minaccia della forza. Al termine di un anno, il 2018, segnato da una crescente aggressività nei confronti dei Paesi vicini, per il controllo del Mar Cinese Meridionale, e da una stretta sempre più oppressiva su Hong Kong, il compagno presidente “a vita” Xi Jinping è tornato sull’obiettivo dell’annessione (ipocritamente definita “riunificazione”) di Taiwan anche con l’aggressione militare che avrebbe, ovviamente, devastanti conseguenze nel Pacifico e nel mondo.

Lanciando un paradossale appello alla popolazione taiwanese ad accettare passivamente lo stesso destino degli abitanti di Hong Kong, intrappolati nell’inganno del principio “un Paese due sistemi”, il 2 gennaio Xi ha apertamente affermato: “Non facciamo alcuna promessa di rinunciare all’impiego della forza, manteniamo l’opzione di ricorrere a ogni misura necessaria”.

DIRITTO ALLA CONOSCENZA

Salviamo il diritto alla conoscenza, salviamo Radio Radicale: firma l’appello
Nel luglio 2015 il Partito Radicale ha lanciato un appello per prouovere il riconoscimento, anche in sede ONU, del diritto umano alla conoscenza. La battaglia è lunga e si colloca in un contesto nazionale, europeo e globale sempre più caotico, in cui le democrazie e i principi democratici sono esposti ad una grave e costante erosione. A ciò si somma il rischio di chiusura di Radio Radicale, che costituisce un’altra ragione che purtroppo si aggiunge alle tante importanti e urgenti già esistenti per sostenere il riconoscimento del tale diritto. Per questo ti invitiamo ancora a firmare e diffondere questo appello del Partito Radicale e del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella”, unendoti ai tanti cittadini, Comuni e Regioni che hanno già aderito.

Tra le tante personalità internazionali che compongono il GCRL, spicca l’incoraggiamento e il contributo di approfondimento giuridico e intellettuale sul diritto alla conoscenza che abbiamo ricevuto dal professore emerito Cherif Bassiouni, scomparso nel settembre 2017, il cui lavoro fu imprescindibile per giungere alla creazione della Corte Penale Internazionale. E’ stata proprio l’iniziativa sul diritto alla conoscenza che ha portato il professore e Marco Pannella nuovamente fianco a fianco, ed è sotto il loro buon auspicio che vogliamo proseguire la battaglia.

IRAN E MEDIO ORIENTE

Instagram nel mirino della censura iraniana
Le autorità iraniane si stanno preparando a bloccare l’accesso a Instagram, l’unico tra i principali social media ancora disponibile gratuitamente nel paese. Il Consiglio Nazionale per il Cyber-spazio ha infatti dato il via libera alle prime misure che porteranno al blocco del servizio. Così, dopo Twitter, Facebook, YouTube e Telegram, anche Instagram sta per essere bandito nella Repubblica Islamica, sempre per ragioni di “sicurezza nazionale”.

Bisogna ricordare comunque che, nonostante le restrizioni, il Leader supremo Ali Khamenei, il Presidente Hassan Rouhani e il Ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif continuano a utilizzare tali servizi, resi ampiamente accessibili tramite server proxy. L’account Twitter verificato di Rouhani, per esempio, ha oltre 800.000 follower.

I primi effetti visibili delle sanzioni contro l’Iran
I dati diffusi dalle autorità iraniane il 30 dicembre indicano che dopo la reintroduzione il 4 novembre delle sanzioni statunitensi sulle esportazioni di petrolio iraniano, anche le esportazioni non petrolifere del paese sono diminuite della metà circa. Il paese ha esportato infatti 1,867 miliardi di dollari di beni non petroliferi dal 21 novembre al 22 dicembre 2018, una cifra addirittura al di sotto meno della metà della media mensile Il crollo delle esportazioni è dovuto in parte all’interruzione totale delle vendite di petrolio ultra-leggero (condensato di gas), che l’Iran considera come un bene non petrolifero. L’esportazione mensile di gas condensati equivale a circa 330 milioni di dollari, che corrispomnde a un settimo del calo complessivo delle esportazioni di beni non petroliferi tra il 21 e il 22 novembre.

L’Iran non rivela ufficialmente il suo volume di esportazioni di greggio. Secondo la Reuters le esportazioni di condensato di petrolio e gas in Asia hanno toccato il minimo, nell’arco degli ultimi cinque anni, con 664.800 barili al giorno. Il volume era di circa 1,7 milioni di barili al giorno nel 2017 e 1,5 milioni di barili al giorno durante i dieci mesi del 2018.

Le esportazioni totali di petrolio dell’Iran verso Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Turchia, Italia e Grecia, che hanno ottenuto deroghe dagli Stati Uniti, dovrebbero far registrare un ulteriore calo di milione di barili al giorno, rispetto alla media di 2,5 milioni di barili al giorno nel 2017.

La cyber-war di Teheran
“Le sanzioni stanno arrivando. Il 5 novembre”. Così il Presidente Donald Trump dava l’annuncio via Twitter del ritorno delle sanzioni contro il regime di Teheran. Dopo più di tre anni e mezzo dall’accordo sul nucleare del luglio 2015, gli Stati Uniti decidevano di punire duramente l’economia iraniana.

Come più volte ricordato dall’Amministrazione Trump, ed in particolare dal Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, l’Iran è il principale sponsor del terrorismo a livello mondiale. Del resto, gruppi terroristici sponsorizzati dall’Iran come Hezbollah e Hamas, rappresentano una minaccia non solo per gli Stati Uniti ma per tutti i paesi occidentali.

Un’escalation che sarà destinata a salire nel 2019: con il regime iraniano impegnato ad intensificare gli sforzi per contrastare le mosse di Washington. Sforzi che sicuramente sfrutteranno tutto il potenziale asimmetrico di Teheran.

Lanci spaziali sospetti
Il 3 gennaio il Segretario di Stato Mike Pompeo ha avvertito l’Iran che gli Stati Uniti vigileranno su tre veicoli spaziali iraniani il cui lancio è previsto nei prossimi mesi. Secondo Pompeo potrebero essere una copertura per testare la tecnologia necessaria per lanciare testate nucleari. La dichiarazione sembrava tesa preparare il terreno per azioni diplomatiche, militari o segrete contro il programma missilistico iraniano. Il Ministro degli Esteri iraniano ha subito negato le accuse e ha ricordato che dal 2005 l’Iran ha lanciato modeste missioni spaziali, per lo più per dispiegare satelliti.

Tuttavia, a luglio 2017, Teheran aveva lanciato una nuova generazione di razzi, denominata Simorgh o Phoenix, capaci di trasportare un carico esplosivo di circa 200 kg. La portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert, all’epoca definì il lancio un “atto provocatorio” che violava lo spirito dell’accordo nucleare del 2015.

All’inizio dell’anno scorso, il Ministro iraniano delle comunicazioni e della tecnologia dell’informazione aveva annunciato i preparativi finali per il lancio di quattro satelliti nello spazio. Da allora non sono comparsi nuovi satelliti, però continua lo sviluppo e la sperimentazione di ciò che gli esperti chiamano nuove generazioni di missili sempre più potenti.

A marzo navi da guerra iraniane nell’Atlantico
Una flotta della marina iraniana verrà dispiegata da marzo nell’Ocenao Atlantico per ampliare il suo raggio operativo e avvicinarsi agli Stati Uniti. “L’Oceano Atlantico è lontano e l’operazione della flotta navale iraniana potrebbe richiedere cinque mesi”, ha detto il Contrammiraglio Touraj Hassani all’agenzia di stampa statale IRNA.

L’Iran è preocupato per la presenza di portaerei statunitensi nel Golfo e dunque cerca di rispondere mostrando la bandiera vicino alle acque americane. Hassani aveva già annunciato a a dicembre che due o tre navi iraniane sarebbero state inviate in missione in Venezuela.

Negli ultimi anni inoltre, la marina iraniana ha esteso il raggio delle sue azioni inviando navi nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Aden per proteggere le proprie navi dai pirati somali. “Con la loro continua presenza in acque internazionali, le forze navali iraniane mirano ad attuare gli ordini del Comandante delle forze armate (il Leader supremo Ayatollah Ali Khamenei), sventolare la bandiera della Repubblica islamica dell’Iran, neutralizzare trame iranofobiche, e assicuare le rotte di navigazione”, ha detto il Contrammiraglio.

Un’attivista iraniana tra le 100 donne più influenti del 2018
In un’intervista del 3 gennaio a Opencanada.org Shaparak Shajarizadeh parla della sua battaglia contro l’hijab obbligatorio e del motivo per cui ha deciso di lasciare il suo paese per il Canada. Recentemente nominata dalla BBC come una delle 100 donne più influenti di tutto il mondo nel 2018, Shaparak fa parte di un’ondata crescente di attivisti che si oppongono all’obbligo sull’hijab in Iran e partecipano a campagne di protesta conosciute online come #WhiteWednesdays e #TheGirlsofRevolutionStreet.

“Vogliamo che il Canada protegga i difensori dei diritti umani e colpisca coloro che violano i diritti umani. Vogliamo che le parlamentari straniere non obbediscano all’hijab obbligatorio quando visitano l’Iran. Le iraniane stanno combattendo e mettono a rischio le loro vite. Se una parlamenare in visita si proclama femminista, non deve farsi vedere con un governo che opprime le donne. Deve schierarsi con noi. Abbiamo bisogno del sostegno di tutto il mondo per porre fine all’ingiustizia in Iran”, afferma Shaparak Shajarizadeh concludendo l’intervista.

Iraq nuovo fronte nemico per Israele?
“L’Iraq è sotto crescente influenza della Qods Force (l’unità segreta delle operazioni esterne iraniane) e dell’Iran”, ha dichiarato il capo dell’intelligence israeliana, Tamir Hayman, in una conferenza a Tel Aviv il 31 dicembre. Gli iraniani, ha precisato, “potrebbero considerare l’Iraq come un comodo teatro di trinceramento, simile a quello che hanno fatto in Siria, e usarlo come piattaforma per accumulare forza con cui minacciare lo Stato di Israele. Questa presenza dell’Iran, con il ritorno della Siria stabilmente sotto l’ombrello russo, è qualcosa che stiamo osservando da vicino”, ha detto Hayman.

Per Israele la crescente influenza di Teheran nella regione rappresenta una minaccia crescente. Perciò ha compiuto una serie di attacchi aerei in una Siria distrutta dalla guerra civile contro bersagli militari, in particolare contro convogli iranian iche rifornivano armi a Damasco.

Il Primo Ministro iracheno Abdul-Mahdi ha detto che alcuni funzionari della sicurezza iracheni avevano incontrato il Presidente siriano Bashar al-Assad a Damasco per discutere di un ruolo maggiore per l’Iraq nella lotta all’ISIS visto il ritiro delle truppe statunitensi. Secondo la Reuters, ad agosto l’Iran aveva trasferito missili balistici a corto raggio agli alleati sciiti in Iraq, ma Baghdad ha smentito.

L’Iraq, che non confina con Israele, è tecnicamente suo nemico ma l’ultimo scontro tra i due è avvenuto con la Guerra del Golfo del 1991. Da quando gli Stati Uniti hanno attaccato l’Iraq nel 2003, rovesciando il dittatore sunnita Saddam Hussein, Israele si è subito preoccupata che la maggioranza sciita dell’Iraq potesse avvicinarsi all’Iran.

Detenute iraniane annunciano uno sciopero della fame

Due donne detenute nel carcere di Evin in Iran hanno annunciato uno sciopero della fame per denunciare la mancanza di cure mediche adeguate. Nazanin Zaghari-Ratcliffe, cittadina britannico-iraniana e Narges Mohammadi, attivista per i diritti umani, hanno annunciato un primo sciopero di tre giorni per il 14 gennaio che prevedono di riprendere fino a quando le loro richieste non saranno accolte.

Entrambe hanno lamentato problemi di salute tra cui intorpidimento e paralisi legati a problemi neurologici, ma le loro numerose richieste di controlli e trattamenti ospedalieri sono state respinte. La signora Zaghari-Ratcliffe è in prigione da circa tre anni prigione dopo essere stata arrestata all’aeroporto di Teheran mentre tornava nel Regno Unito, dove abitava insieme alla figlia. È accusata di spionaggio e il Ministro degli Esteri britannico Hunt ha accusato l’Iran di usarla come leva diplomatica.

Riforma bancaria nuovamente bloccata dal Consiglio dei Guardiani
Il Consiglio dei Guardiani dell’Iran, il principale organo nazionale formato da chierici e avvocati, ha respinto per la seconda volta una proposta di legge anti-terrorismo volta ad avvicinare il settore creditizio agli standard internazionali. Secondo l’agenzia semi-ufficiale Tasnim News, il Consiglio, che controlla le principali decisioni parlamentari, ha valutato il disegno di legge come incompatibile con la costituzione dell’Iran e la legge islamica.

Da un lato, il Presidente Hassan Rouhani e i Ministri sostengono che il disegno di legge è necessario per riformare il settore bancario perché sia in linea con gli standard internazionali e per ridurre l’alto profilo di rischio; dall’altro gli oppositori della proposta di legge affermano che le richieste di organismi internazionali come la Task Force di Azione Finanziaria con sede a Parigi comporterebbero per l’Iran la rinuncia al sostegno di gruppi come Hezbollah, designato come un’organizzazione terroristica dagli Stati Uniti.

La polizia iraniana addestrerà la resistenza palestinese?
Il primio gennaio il capo della polizia iraniana Hosein Ashtari, durante un incontro tra il Presidente iraniano Hassan Rouhani e il leader palestinese della Jihad islamica Ziad al-Nakhaleh, ha offerto un servizio di addestramento al “fronte della resistenza palestinese”. Il “fronte della resistenza” è il nome con cui le autorità iraniane designano gruppi come Hamas e Jihad islamica nei Territori Palestinesi o Hezbollah in Libano.

Durante l’incontro, Rouhani ha chiesto la prosecuzione della lotta palestinese contro Israele, aggiungendo che la battaglia dei palestinesi dovrebbe finire con “l’inchino” di Israele alla Palestina. Al-Nakhaleh ha anche incontrato il Leader supremo Khamenei che ha ribadito che “uno Stato palestinese sarà finalmente dichiarato a Tel Aviv”; e questo sebbene i palestinesi vogliano che il governo abbia sede a Gerusalemme.

Nel suo incontro con Al-Nakhaleh e la delegazione di accompagnamento, Rouhani ha detto: “Gli Stati Uniti stanno aiutando Israele a dominare la regione, compresa la Palestina. Le nazioni di quest’area dovrebbero considerare Israele non solo come nemico della Palestina, ma come avversario per l’intera regione”.

Un nuovo battaglione israeliano per proteggere il nord da Hezbollah
Il primo gennaio Israele ha annunciato la formazione di una nuova unità di riserva denominata “Gates of Fire” che sarà in prima linea nella difesa del confine settentrionale con il Libano. Il nuovo battaglione, composto da riservisti recentemente liberati dal battaglione di ricognizione d’elite della Brigata Golani, avrà un duplice scopo: difendere le comunità settentrionali israeliane e attaccare Hezbollah in Libano.

Il comandante Col. Roi Levi, ha detto: “Siamo di fronte a un nemico che intende attaccare insediamenti e avamposti. C’è un motivo se il battaglione si chiama ‘Gates of Fire’, i soldati dovranno agire rapidamente, respingere Hezbollah fuori dal territorio israeliano e prepararsi per la seconda parte dela missione, ovvero attaccare le aree chiave e sconfiggere Hezbollah nel suo territorio”.

L’esercito israeliano ha accusato il governo libanese di essere responsabile dello scavo di tunnel che sono parte di un piano di Hezbollah per attaccare la comunità israeliana nel nord.

Colpire i tunnel di Hezbollah per prevenire la guerra
Il capo dell’intelligence israeliana, Tamir Heyman, ha detto il primo gennaio in una conferenza a Tel Aviv che l’Operazione Scudo del Nord potrebbe non portare alla scoperta di tutti i tunnel scavati da Hezbollah tra il sud del Libano e il nord di Israle, ma dovrebbe porre fine alla minaccia di Hezbollah di invadere Israele. Secondo Heyman, anche se Hezbollah fosse dissuaso dal compiere attacchi su grande scala, potrebbe comunque massacrare cittadini israeliani nei villaggi di confine senza per questo condurre a una guerra.

Il messaggio di Heyman era che, rimuovendo non completamente ma drasticamente le capacità di attacco attraverso i tunnel, Hezbollah sarebbe fortemente scoraggiato dal tentare di montare anche un’invasione limitata. In altre parole, Hezbollah potrebbe temere la capacità dissuasiva dell’IDF che si esercita non solo distruggendo le gallerie ma anche eseguendo altre operazioni sul territorio libanese.

Il futuro della Siria sempre più nelle mani russe
Il Ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, ha ammesso per la prima volta il 3 genaio che il sostegno russo al regime siriano significa che Bashar al-Assad rimarrà al potere a lungo. Il Regno Unito è stato uno dei paesi più vocali nel chiedere al Presidente siriano di lasciare l’incarico e favorire una transizione verso un nuovo governo, ma di fronte al fermo sostegno russo che ha permesso ad Assad di resistere ad una guerra civile di sette anni, i diplomatici britannici si sono rassegnati all’idea che Assad dovrà partecipare ad elezioni democratiche da tenersi sotto il controllo dall’ONU.

Hunt ha detto a Sky News: “Il Regno Unito è da tempo convinto che non avremo pace duratura in Siria con quel regime. Purtroppo però pensiamo che Assad rimarrà a lungo, e ciò è dovuto al supporto che ha avuto dalla Russia. I Russi potrebbero pensare di aver acquisito una sfera di influenza. Quello che diremo loro è: sì, ma avete acquisito anche una responsabilità. Se resterete in Siria, allora dovrete assicurare che vi sia davvero la pace. E questo significa assicurarsi che il Presidente Assad non usi armi chimiche”.

Nel frattempo, le elezioni sotto la supervisione delle Nazioni Unite sono rimandate indefinitamente e l’inviato speciale ONU per la Siria, Staffan de Mistura, si è dimesso.

Il Libano ancora senza governo
Otto mesi dopo le elezioni parlamentari, il Libano non ha ancora un governo. Una recente proposta di compromesso per superare l’impasse, nata dalla richiesta degli “Indipendenti sunniti” pro-Hezbollah di far parte del governo del Primo ministro Saad Hariri, è fallita a causa del disaccordo di sei deputati sunniti di Hezbollah su un candidato scelto al di fuori del loro raggruppamento.

Questa settimana le trattative sono continuate con i colloqui condotti dal Ministro degli Esteri Gebran Bassil con vari leader politici. Sebbene una nuova soluzione di compromesso non sia ancora stata proposta, le fonti sembrano ottimiste sulla possibilità di arrivare presto alla formazione di un governo. Sia Hezbollah che altre fonti all’interno del palazzo presidenziale hanno indicato che entro la fine della settimana un governo potrebbe nascere ma, come già in passato, il tutto potrebbe fallire all’ultimo minuto.

CAMBOGIA

Le autorità cambogiane proseguono la repressione anche su Facebook
Il 28 dicembre un portavoce del governo Hun Sen ha invitato le autorità, a ogni livello, a prevenire e intervenire contro coloro che pubblicano video pro-Rainsy su Facebook. Come riportato dal Pnomh Penh Post, il portavoce ha precisato che postare tali video e messaggi è contro la legge perché il CNRP è stato disciolto e dunque ogni espressione di sostegno per il Presidente ad interim del CNRP, Sam Rainsy, è da ritenersi illegale.

Ly Meng Yieng, un abitante della provincia di Kandal, è stato interrogato dalla polizia per quattro ore il 18 dicembre per aver pubblicato un video pro-Rainsy su Facebook. Nel video, che dura poco più di un minuto, Meng Yieng e altri membri del CNRP del distretto di Sa’ang accolgono il ritorno di Rainsy al partito come presidente ad interim. Di conseguenza, le autorità hanno ordinato all’attivista di firmare un documento in cui dichiarava che non avrebbe più pubblicato video a sostegno del CNRP. Il portavoce della polizia nazionale Chhay Kim Khoeun ha dichiarato al Pnomh Penh Post che le autorità hanno adottato misure non specificate per prevenire “attività illegali”.

FOTO DELLA SETTIMANA
Taipei, 2 gennaio 2019: in una conferenza al palazzo presidenziale la Presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, invita Pechino a rispettare la scelta dei Taiwanesi di vivere in libertà e in un sistema democratico

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