NL 89 – 4/11/2020

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FOTO DELLA SETTIMANA – New York, 31 ottobre 2020: un elettore indossa un costume da giraffa mentre vota al Brooklyn Museum

Propaganda di seta: così i giornali italiani cantan le lodi di Pechino
In Italia, la Cina non solo fa notizia: fa le notizie. Degli accordi siglati fra le principali agenzie di stampa italiane e quelle del governo cinese non si sa nulla. Ecco una road map per un’informazione più trasparente, e indipendente. Il commento di Laura Harth per Formiche.net.

Abbiamo scritto più volte sul ruolo fondamentale dell’informazione per contrastare la crescente influenza e ingerenza del Partito Comunista Cinese nella nostra democrazia italiana. Un’operazione che si è visibilmente ampliata durante la crisi del coronavirus all’inizio di quest’anno.

Mentre una notevole attenzione è stata dedicata all’uso dei nuovi media in queste operazioni, meno attenzione è stata dedicata al settore strategico dei media tradizionali. Questi possono svolgere un ruolo cruciale nel potenziare la guerra di propaganda lanciata sui nuovi media, com’è avvenuto proprio durante la stessa crisi del coronavirus in primavera, o funzionare come un antidoto affidabile per contrastare tali operazioni.

Il Sen. André Gattolin presenta il suo libro a Radio Radicale
Il 31 ottobre il Senatore francese André Gattolin, iscritto al Partito Radicale e membro onorario del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella” ha presentato a Radio Radicale il suo ultimo saggio intitolato “Europa: riaccendere le stelle”. Conversando con Matteo Angioli nella rubrica Radical Nonviolent News, sono stati affrontati temi legati all’attualità francese a seguito degli attacchi terroristici a Parigi e Nizza, e della campagna per riconoscimento del diritto alla conoscenza in corso all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.

Thailandesi e Cambogiani combattono la stessa lotta
Il primo novembre, il leader in esilio dell’opposizione cambogiana Sam Rainsy ha pubblicato un articolo su The Diplomat in cui affianca i democratici in Cambogia a quelli in Thailandia impegnati nelle grandi manifestazioni per chiedere un Paese più libero e moderno. “Ci sono motivi per sperare che la crisi politica thailandese provocata dalle proteste a favore della democrazia venga risolta pacificamente e internamente. Il progresso politico in Cambogia, al contrario, richiederà un impegno internazionale. C’è molto che unisce i due movimenti di protesta. In entrambi i casi, l’uso di internet e dei social media ha fatto sì che ciò che nei decenni precedenti era censurato è ora visibile a tutti. Ciò può solo favorire una maggiore responsabilità politica in entrambi i Paesi”, scrive Rainsy.

La Russia esamina la proposta iraniana per chiudere il conflitto nel Nagorno-Karabakh
Vladimir Putin sta valutando una proposta iraniana per porre fine al conflitto tra l’Azerbaigian e le forze armene etniche nell’enclave montuosa del Nagorno-Karabakh dopo che tre cessate il fuoco non sono riusciti a fermare un mese e mezzo di combattimenti. La proposta iraniana è stata presentata dal Vice Ministro degli Esteri Abbas Abaqchi durante una visita a Mosca la scorsa settimana. I dettagli non sono conosciuti. Almeno 1.000 persone sono state uccise da quando sono scoppiati i combattimenti il 27 settembre nel Nagorno-Karabakh, un’enclave internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaigian ma popolata e controllata da armeni etnici.

Rouhani: i risultati delle elezioni statunitensi non sono importanti per l’Iran
Il 4 novembre, durante una riunione di Gabinetto, il Presidente iraniano Hassan Rouhani ha chiesto a chiunque esca vincitore dalle elezioni negli Stati Uniti di tornare agli “accordi internazionali e multilaterali” aggiungendo che “per Teheran sono importanti le scelte politiche della prossima amministrazione statunitense, non chi vince le elezioni. Vogliamo essere rispettati, non soggetti a sanzioni. Non importa chi vince le elezioni statunitensi, quello che vogliamo è che gli Stati Uniti tornino alla legge, ritornino agli accordi internazionali e multilaterali.”

L’Algeria approva una riforma costituzionale che non entusiasma nessuno
Per la seconda volta in meno di un anno, il 1° novembre gli algerini sono stati convocati per esprimere la loro opinione sul modo in cui il loro paese dovrebbe essere gestito. Ancora una volta, tuttavia, è probabile che le loro opinioni contino poco. Il referendum tenutosi nel fine settimana ha permesso ai cittadini di votare su una serie di emendamenti costituzionali proposti dal governo. Le autorità hanno strombazzato il voto come soluzione alle richieste dei manifestanti che si erano mobilitati contro il regime dal febbraio 2019. E’ improbabile, tuttavia, che la manovra risulti soddisfacente. Secondo i dati ufficiali del governo, l’affluenza è stata del 23,7% appena, su un totale di oltre 24 milioni di elettori e le riforme sono state approvate con il 66,8% dei voti. La mancanza di reale entusiasmo per il passo compiuto renderà difficile per il regime far passare il voto per la celebrazione democratica che sperava.

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