Sam Rainsy: Perché ho deciso di tornare in Cambogia

Sam Rainsy: Perché ho deciso di tornare in Cambogia

Il 7 settembre, Sam Rainsy, co-fondatore e presidente ad interim del Partito di Salvezza Nazionale Cambogiano, presidente onorario del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito e membro onorario del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella” ha diffuso la seguente dichiarazione da Parigi, dove vive in esilio auto-imposto.

L’esilio fa parte della mia vita da molto tempo; anche se doloroso è un male minore rispetto al rischio di incarcerazione o di morte violenta che incombono costantemente sui leader dell’opposizione della Cambogia.

Ho deciso di tornare nel mio paese quest’anno nonostante il gran numero di condanne e mandati di arresto spiccati nei miei confronti. La mia lotta di 25 anni per la democrazia contro un regime autoritario guidato da ex membri dei Khmer Rossi mi ha reso bersaglio di diversi attentati e ha originato una persecuzione politica e giudiziaria tuttora in corso contro di me. Ma devo tornare per salvare e sviluppare ciò che ho realizzato, vale a dire il lancio delle prime pubblicazioni dell’opposizione, le prime proteste popolari per la libertà e la giustizia sociale, l’organizzazione dei primi scioperi industriali, la creazione del primo sindacato libero dei lavoratori e la fondazione del primo partito opposizione che ha ottenuto una rappresentanza parlamentare e che ha raccolto quasi la metà dei voti popolari alle ultime elezioni alle quali è stato concesso di partecipare.

Ho scelto il 9 novembre come data di ritorno. E’ il giorno dell’Indipendenza della Cambogia e la data della caduta del Muro di Berlino, un evento che segna il ritorno alla libertà agli occhi del mondo. Dal 2017 la Cambogia è intrappolata in una grave crisi politica che, nel contesto della crescente influenza cinese sul paese e delle forti tensioni regionali, rischia di peggiorare con conseguenze internazionali. Il passaggio al totalitarismo ha visto l’arbitraria messa al bando dell’unico partito di opposizione parlamentare, il Cambodia National Rescue Party (CNRP), l’arresto e la detenzione del suo leader Kem Sokha e una grave repressione degli oppositori politici, della società civile e dei media indipendenti. Questa spinta verso l’autoritarismo è stata condannata dalle Nazioni Unite, dalla comunità delle nazioni democratiche e dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani.

L’improvviso ritorno a un sistema a partito unico a seguito dello scioglimento del CNRP e delle violazioni dei diritti umani che lo hanno accompagnato sono una violazione degli Accordi di Pace di Parigi del 1991 che si prefissero di istituire un sistema di “democrazia liberale e pluralista” per la Cambogia, garantendo al contempo “elezioni autentiche, libere ed eque” e il rispetto dei diritti umani fondamentali del popolo cambogiano.

Ho deciso di tornare per tentare di fermare e invertire questa svolta autoritaria. Ma per cercare di ristabilire la democrazia di fronte al potere cieco che rifiuta il dialogo con un’opposizione di cui nega l’esistenza stessa, ho solo una leva: l’appello diretto alla popolazione ricorrendo al “People Power”, come accaduto nelle Filippine nel 1986. Sono convinto che il popolo cambogiano sofferente e silenziato da anni manifesterà in massa e pacificamente per chiedere quel cambiamento democratico che non può ottenere attraverso le urne a causa del rifiuto del regime attuale di indire elezioni corrette aperte anche alla partecipazione dell’opposizione.

Chiedo a tutti gli amici della Cambogia, in particolare i paesi firmatari degli Accordi di Pace di Parigi*, di fare tutto il possibile per dissuadere il regime di Phnom Penh dall’usare la violenza contro una popolazione che cerca semplicemente il rispetto dei suoi diritti e delle libertà garantite da un trattato internazionale che rimane in vigore.

*I seguenti diciotto paesi hanno firmato gli Accordi di Pace di Parigi sulla Cambogia il 23 ottobre 1991: Stati Uniti, Unione Sovietica/Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Canada, Giappone, Australia, India, Jugoslavia/Serbia, Indonesia, Tailandia, Filippine, Malesia, Singapore, Brunei, Vietnam, Laos. Altri tre paesi hanno aderito successivamente: Germania, Paesi Bassi e Polonia.

Sam Rainsy

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