Venti anni fa entrava in vigore la Convenzione di Aarhus

Venti anni fa entrava in vigore la Convenzione di Aarhus

La partecipazione dei cittadini può essere uno strumento utile ed efficace per la mitigazione degli effetti della crisi climatica? La Convenzione di Aarhus, in vigore dal 2001, coinvolge tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea in materia ambientale e prevede tre aree di intervento:

– assicurare l’accesso del pubblico alle informazioni pubbliche sull’ambiente;
– favorire la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali;
– estendere l’accesso a tutti alla giustizia in materia ambientale.

È purtroppo poco conosciuta e quindi anche scarsamente utilizzata, anche sul piano giuridico, mentre sarebbe uno strumento importante in un’Europa che si propone come obbiettivo quello di diventare leader nella transizione ecologica.

Il diritto (e dovere) alla partecipazione, che è uno dei cardini degli Stati democratici, vuol dire prendere parte a qualcosa, interessandosi al bene collettivo. Partecipazione è anche essere parte di una comunità, che condivide gli stessi beni comuni.

Ad oggi solo la Francia ha usato questa modalità di partecipazione per impostare la nuova politica climatica, con un sistema basato sul coinvolgimento di 150 cittadini selezionati in maniera casuale e rappresentativi delle diverse fasce della popolazione, in base al genere, all’età e alla tipologia territoriale, in un percorso che porterà ad un referendum per introdurre in Costituzione la salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente.

Ma ha senso introdurre in Costituzione il diritto ad un ambiente sano e l’equità intergenerazionale? In Italia la proposta era già stata avanzata da più parti, anche tramite il disegno di legge costituzionale battezzato “Figli Costituenti”, presentato al Senato. In Norvegia la salvaguardia dell’ambiente è da tempo in Costruzione ma questo non ha comunque impedito che venissero autorizzate le trivellazioni nell’Artico.

Il solo percorso nazionale probabilmente non basta. Serve quindi percorso transnazionale ed un organismo sopra le parti che possa garantire che i beni primari vengano garantiti a tutti secondo i bisogni di ciascuno. In questa direzione si muoveva la dichiarazione firmata da 100 Paesi nel 1991 per una Carta dei Diritti delle Generazioni Future, promossa dell’UNESCO, e che tea l’altro sancisce che “le generazioni future hanno diritto ad una Terra indenne e incontaminata”.

Sempre di più cresce la consapevolezza che esiste uno stretto legame tra i Diritti Umani e la crisi climatica, perché ha a che vedere con il diritto alla vita, al cibo, all’acqua. In questo senso i movimenti dal basso potranno avere una funzione per cambiare in meglio il Mondo? È possibile avere l’ambizione di, come ci insegna Alex Langer, “provare sempre a riparare il Mondo”?

Esiste uno stretto messo tra la sostenibilità, l’equità intergenerazionale, e la diffusione della consapevolezza di quanto sia urgente e necessario un cambiamento di come oggi sono distribuite e utilizzate le risorse del nostro Pianeta. Un impegno che riguarda in particolare il nodo di essere cittadini attivi, partecipativi, democratici nel prossimo futuro.

Sarah Brizzolara

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