Senza dibattito pubblico la democrazia si sgretola

Senza dibattito pubblico la democrazia si sgretola

A volte sembra proprio che la nostra democrazia non funzioni, e mi chiedo se sia colpa nostra. Abbiamo il diritto di sapere cosa fa il nostro governo nel nostro nome, ma la nostra è divenuta una cittadinanza apatica, non interessata abbastanza a farsi sentire quando non ci piace come i politici gestiscono il governo o cosa fanno delle nostre tasse.

Quando è stata l’ultima volta che siete andati ad assistere ad una riunione del consiglio comunale, che avete letto una proposta di legge o che avete contattato un eletto per esprimere la vostra opinione su una legge che trovavate pessima? Scommetto che è stato molto tempo fa – o mai.

I cittadini sono stati cancellati dal loro stesso silenzio e i piccoli gruppi di attivisti sono finiti nel vuoto. Di conseguenza, i politici (e le società) si piegano ai desideri dei gruppi di interesse, anche se è chiaro che le loro richieste non sono sostenute dalla maggioranza. Togliere fondi alla polizia, tenere chiuse le scuole, rifiutarsi di perseguire i saccheggi, gli incendi dolosi o la distruzione di proprietà, cancellare le persone e i prodotti non conformi.

Gli attivisti martellano su certe questioni e i politici reagiscono. Ciò che la maggioranza vuole cessa di avere importanza. Questo non è il modo in cui una democrazia dovrebbe funzionare.

Avete registrato opinioni sull’autorizzazione delle città santuario, sul diritto di voto ai detenuti, sull’assistenza sanitaria nazionale o sui recenti cambiamenti incostituzionali della legge sul voto? Vi è stato permesso di contribuire all’ordine esecutivo del presidente Joe Biden che ha improvvisamente fermato la trivellazione su terreni federali e chiuso la costruzione dell’oleodotto XL, facendo perdere migliaia di posti di lavoro americani?

Da anni ormai, noi, i cittadini, siamo stati esclusi dal diritto di sapere cosa stanno facendo i nostri eletti prima che lo facciano. Gli ordini presidenziali e le misteriose azioni del Congresso abbondano, sia da parte repubblicana che democratica.

Non avevo mai veramente riflettuto su quanto spesso gli americani abbiano rinunciato al loro “diritto alla conoscenza” fino a quando non sono stato contattata recentemente da un italiano di nome Matteo Angioli, Segretario Generale del Global Commeetee for the Rule of Law. Angioli voleva discutere di uno dei miei editoriali, in cui ho scritto: “Siamo entrati in una fase politica in cui il comando per editto partigiano si è fatto più frequente. Nessun dibattito sui temi, solo politici che si sentono incoraggiati ad imporre le loro idee”.

Parlando via Zoom dalla sua casa vicino a Firenze, in Italia, Angioli mi ha detto che queste due righe riassumono “perfettamente una delle più grandi questioni del nostro tempo”.

Abbiamo avuto un’affascinante conversazione sul suo impegno per cambiare le cose attraverso un’iniziativa presso il Consiglio d’Europa, un’organizzazione internazionale fondata subito dopo la Seconda Guerra Mondiale e dedicata a sostenere i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto. L’obiettivo di Matteo è legato alla Convenzione di Tromso, che chiede a tutti i Paesi europei di aumentare la trasparenza del governo, migliorare l’accesso pubblico ai documenti ufficiali e ai processi decisionali, e ripristinare la fiducia dei cittadini nel governo.

Non sarebbe bello se i nostri governi a livello statale e federale seguissero la Convenzione di Tromso? Gli americani possono presentare richieste di accesso agli atti relativi a documenti in possesso del governo, ma è un sistema macchinoso e arbitrario. Sì, alcuni politici tengono ancora occasionali incontri nelle istituzioni, ma i forum dove tenere il dibattito pubblico aperto dovrebbero diventare la norma.

Matteo ed io abbiamo concordato che i cittadini dovrebbero occuparsi del loro “diritto alla conoscenza”. Dobbiamo trovare il tempo nelle nostre giornate frenetiche per capire dove stanno andando il nostro Paese e le nostre tasse e, se non ci piace, esprimere dissenso. Dobbiamo combattere l’apatia in modo che un senso di uguaglianza e giustizia possa prevalere.

Il perno di tutto questo, naturalmente, sono media giusti e imparziali. Il loro compito è riferire ciò che conta davvero. Invece di concentrarsi su chi ha detto cosa su Twitter anni fa, i media devono tornare a informare il pubblico sulle attività del governo.

Un’altra legge di spesa da un trilione di dollari è già in cantiere al Congresso. Mi piacerebbe vedere un resoconto completo su dove andranno quei soldi prima che la legge passi.

Sì, i cittadini americani hanno il diritto di sapere cosa stanno facendo i nostri leader eletti – ad ogni fase legislativa. Ma se siamo i primi a non rappresentare le nostre opinioni ai politici, quei piccoli gruppi di attivisti desiderosi continueranno a guidare la narrativa nazionale. Continueranno a erodere la nostra società.

È ora di far sapere ai politici cosa volete.

Diane Dimond

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Traduzione: Lorenzo Domizi

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