Quando pensiamo al quel punto di non ritorno della storia dell’umanità che fu l’Olocausto, la Soluzione Finale, l’organizzazione sistematica dello sterminio di milioni di donne, uomini, vecchi e bambini, che coinvolse migliaia di persone, tecnologie, medici, uomini di pensiero, non ci si può non interrogare su come tutto ciò sia stato possibile e cosa davvero si possa e si debba fare per evitare che si ripeta.
Nella Giornata internazionale della Memoria ci poniamo innanzitutto il tema di capire e ricordare quel che è successo, e di garantire che la memoria viva e sopravviva anche oltre l’esistenza biologica di quei coraggiosi sopravvissuti che si sono assunti l’onere di farsi testimoni e di rivivere emozioni e sofferenze per trasmetterle alle nuove generazioni. Ho avuto la fortuna di conoscere almeno quattro di loro, di ascoltare le loro storie e di discutere con loro del presente, e addirittura di calpestare insieme la terra di Auschwitz.
Mi interrogo su come potremo continuare a fare memoria nei prossimi anni, e mi interrogo, non da solo, su come sarebbe stata diversa la storia se le donne e gli uomini del mondo avessero potuto davvero conoscere quel che stava accadendo, sapere cosa succedeva in quei campi, conoscere i piani e i progetti e avere gli strumenti per comprendere e per reagire. È una domanda che ci deve interrogare.
Per me la chiave non può che essere il riconoscimento del Diritto umano alla Conoscenza, come stiamo provando a definirlo, strutturalo e renderlo esigibile in seno all’Assemblea Parlamentare del Consiglio D’Europa, la principale organizzazione per la difesa e lo sviluppo dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di Diritto, a cui partecipano 47 Stati così diversi tra loro, che trovano un luogo in cui confrontarsi, anche con tensioni e asprezze, dialogare e imparare a conoscersi e rispettarsi.
Dare strumenti alle persone per capire e conoscere ciò che accade, per interpretare e decriptare le informazioni e le notizie nel bombardamento mediatico cui sono sottoposte ogni giorno. L’accesso ai dati e la loro possibilità di lettura. La diffusione culturale e lo sviluppo dello spirito critico, dell’attitudine alla complessità, della capacità di frequentare l’incertezza è il valore del confronto e del dialogo. Un complesso ecosistema culturale che è la precondizione di ogni Democrazia.
La conoscenza è lo strumento necessario affinché le democrazie si rafforzino. E’ lo strumento per uscire dalla crisi profonda che oggi stiamo attraversando. E’ la chiave di lettura critica perché i cittadini possano comprendere cosa accade. E’ la condizione per ogni scelta consapevole, a partire dalla necessità di realizzare e raggiungere i 17 punti dell’Agenda 2030 dell’ONU sullo sviluppo sostenibile, condizione della nostra sopravvivenza.
Oggi possiamo dire che, per non consegnare all’oblio quel che donne e uomini seppero fare ai loro simili inermi, dobbiamo diventare costruttori di un nuovo orizzonte di comunità fondato su solidi anticorpi rispetto alle dominanti ed emergenti pulsioni di odio e violenza, di rabbie e paure cavalcante per la conquista di grandi o piccoli spazi di potere.
Roberto Rampi
Senatore